[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.7.0 "Trampata").
Ricordo che questa notte, verso le 1:00AM, leggendo la “Politica” di Aristotele, mi sono imbattuto in una frase interessante e l’ho marcata per riportarla qui sul ghiribizzo; alla pagina successiva ne ho trovata un’altra che concludeva il concetto e, infine, ho aggiunto una mia considerazione personale che mi sembrava particolarmente profonda.
Adesso, passate quelle 15-16 ore, non ricordo assolutamente di cosa si trattasse ne quale fosse la mia intuizione e, quindi, ci “divertiremo” a scoprirlo insieme!
Ah! Ho riletto le due paginette con le mie note: in realtà non mi sembra niente di così interessante comunque, per non fare torto al me della scorsa notte e per non sprecare le 7 righe di introduzione che ho già scritto, cercherò di riassumere il tutto qui di seguito.
Aristotele è ancora impegnato a definire le entità di cui vuole parlare: è partito dai cittadini e le loro relazioni, poi è passato alla città e adesso è alle forme di governo.
In particolare vuole definire cosa si intenda per oligarchia e, soprattutto, democrazia: la democrazia è il governo della maggioranza o dei poveri? E l’oligarchia è il governo dei pochi o dei ricchi? Fermo restando, anche Aristotele lo concede, che in genere la maggioranza è povera e i ricchi sono pochi…
Nella nostra ottica moderna la risposta sarebbe che la democrazia è il governo della maggioranza e l’oligarchia dei pochi mentre considereremo invece irrilevante la ricchezza.
Per Aristotele è però vero l’inverso: la democrazia è il governo dei poveri e l’oligarchia dei ricchi.
Sul momento (erano circa le 1:00AM!) l’affermazione di Aristotele mi ha lasciato perplesso ma ripensandoci il livello di ricchezza definisce più accuratamente del numero di persone (da cui è controllato un governo) la politica che verrà attuata. Bisogna ricordare che l’entità politica a cui fa riferimento Aristotele non è uno Stato ma la città (*1): in questo caso il governo eletto cerca effettivamente di fare l’interesse di chi rappresenta perché le CDRI ([E] 5.4) non sono verificate (per più motivi).
Questo spiega perché la definizione di Aristotele non è in contraddizione con quanto ho scritto nel corto Classificazione antica attuale dove affermo che la democrazia occidentale sarebbe un’oligarchia travestita da democrazia. In questo caso la differenza la fa il livello di dettaglio del sistema ([E] 4.2) che consideriamo.
È interessante notare come per Aristotele sia ovvio che la condivisione del potere, almeno parziale fra tutti i cittadini, sia l’unico modo per mantenere la pace sociale. Al giorno d’oggi si è probabilmente persa l’importanza di questo concetto basilare e, anche per questo, sfugge la realtà politica attuale: ovvero la finzione della democrazia occidentale. La popolazione ha l’illusione di influire sulle scelte politiche e, per questo, tendenzialmente le rispetta. Ciò non avverrebbe se vivessimo in un’oligarchia: se i governanti cioè venissero scelti dalle lobbi o da organizzazioni politiche sovranazionali senza alcuna elezione. La popolazione sarebbe estremamente sospettosa e qualsiasi legge contro il suo interesse rischierebbe di provocare tumulti (mentre adesso, al contrario, è facile illudersi che tutte le leggi vadano a beneficio dell’intera comunità e non di pochi).
Nella pagina seguente Aristotele fa un’affermazione interessante: la dovrei copiare ma è lunga e io sono pigro…
In pratica afferma che gli uomini non sono buoni giudici di se stessi e che quindi, inevitabilmente, sia i ricchi che i poveri tenderebbero ad attribuirsi una fetta della torta (ricchezza + potere) maggiore di quanto spetterebbe loro. Vabbè copio la parte finale dell’argomentazione di Aristotele: «Infatti gli uni, che si distinguono sotto certi aspetti, per esempio nelle ricchezze, credono di essere totalmente diversi dagli altri, mentre gli altri, che sono uguali al resto dei cittadini sotto qualche aspetto, per esempio nella libertà, credono di esserlo in tutto.» (*2)
Molto umano. Mi chiedo se sia ancora attuale: certamente la maggioranza delle persone crede nell’uguaglianza e, soprattutto, non si sente fisicamente o intellettualmente inferiore ai super ricchi. Manca però la riprova che i super ricchi non si sentano “totalmente diversi dagli altri” come ai tempi di Aristotele.
La mia osservazione citata nella premessa non è poi niente di eccezionale: evidenzio come la posizione di Aristotele, che pure considera tutti gli uomini diversi fra loro, sia in realtà più moderata ed equilibrata dell’opinione comune del tempo. Si tratta di un contesto di cui facilmente non ci rendiamo conto perché completamente opposto a quello di oggi eppure è fondamentale averne la consapevolezza per comprendere pienamente alcune dinamiche.
L’attualità dell’importanza di questa consapevolezza l’abbiamo pensando alla Cina: da una parte il marxismo considera tutti gli uomini uguali mentre il confucianesimo li considera diversi. Quale sarà la sintesi di queste due tendenze? Non conosco abbastanza la Cina attuale per stabilirlo… ma comunque è importante tenerlo presente.
Oppure pensiamo al’Islam che distingue chiaramente fra musulmani, cristiani ed ebrei, e pagani.
È importante mettere tutto nella giusta prospettiva: vedi anche Ragionamento sulla comunicazione.
Conclusione: bo… concetti che a me sembrano discretamente interessanti ma che, temo, lascino il lettore occasionale totalmente indifferente...
Nota (*1): Aristotele spiega che per città intende un’unione di 10.000 cittadini che quindi, immagino, fra bambini, donne e schiavi corrisponderà a una popolazione di 50.000 persone.
Nota (*2): tratto da “Politica e costituzione di Atene” di Aristotele, (E.) UTET, 2015, a cura di Carlo Augusto Viano e Marcello Zanatta. Pag. 159.
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