È un po’ tardi per scrivere un pezzo impegnativo quindi pensavo di spulciare uno dei libri che sto leggendo a caccia di qualche nota interessante: da questo punto di vista ho l’imbarazzo della scelta visto che le idee che mi appunto sono sempre molto più numerose di quelle che ho il tempo e la voglia di sintetizzare qui sul ghiribizzo…
Siccome ancora non ne ho ancora scritto ho deciso di cercare su Confucio – Breviario a cura di Gabriele Mandel, (E.) Rusconi, 1995, trad. (credo!) Gabriele Mandel.
Per capirci esistono quattro libri tradizionalmente attribuiti a Confucio (è poi possibile che siano, almeno parzialmente, dei suoi allievi) e in questo “breviario” c’è un campione di massime estratte da essi suddivise per diversi temi. Inoltre c’è una sessantina di pagine introduttive che affrontano vari temi: la storia della Cina, la vita di Confucio, la scrittura cinese, etc…
Nel complesso è un piccolo gioiellino, molto piacevole e interessante da leggere!
Come al solito scorrerò i miei commenti alla ricerca di “B” racchiuse in un quadrato: ovvero spunti che ho giudicato adatti per questo ghiribizzo (*1).
- Una curiosità sulla vita di Confucio: suo padre era un famoso guerriero che da un primo matrimonio ebbe nove figlie, dal secondo un unico figlio maschio “zoppo e ritardato”, e finalmente, a 70 anni, sposò una quindicenne da cui nacque Confucio (il 27 agosto del 551 a.C.).
- La casa di Confucio divenne nel tempo un tempio (ampliato nel corso delle generazioni), luogo di pellegrinaggio gestito (credo ancora oggi) dai suoi diretti discendenti. Nel tempo un po’ tutte le dinastie resero omaggio a Confucio e resero i suoi discendenti i signori della zona.
- Nel 1378 fu iniziata la costruzione del “palazzo dei discendenti” su iniziativa del 55° discendente. Considerando che Confucio morì nel 479 a.C. calcoliamo come inizio generazione zero il 515 a.C. (metà vita): quindi si hanno 55 generazioni in 1993 anni ovvero una generazione ogni 36 anni. Molto di più dei tradizionali 25 anni. Ipotizzo che la qualità della vita dei discendenti di Confucio sia stata di gran lunga superiore alla media… comunque strano…
- Gli ideogrammi cinesi non hanno flessioni grammaticali quindi il loro significato preciso deve essere determinato dal contesto. In questi giorni questo concetto ha continuato a rimbalzarmi nella testa: quali sono le conseguenze di un simile linguaggio: me lo immagino più ambiguo ma, proprio per questo, anche più flessibile. È il lettore che deve ricostruire attivamente il significato di ciò che legge: secondo me questo aiuta la comprensione profonda, tanti dettagli “insignificanti” non sono presenti. Spesso mi capita di cercare di comprendere come penso: sicuramente quando progetto un pezzo per questo ghiribizzo formo nella mia mente le frasi, o almeno frammenti di esse, che ho intenzione di andare a scrivere. Ma il pensiero più profondo ho la sensazione (non ne sono sicuro) trascende le parole ma è formato da immagini di idee: in questo senso il linguaggio cinese è forse più aderente a questo modo di pensare…
- Non ho voglia di copiare la relativa massima che è piuttosto lunga ma l’essenza è che per Confucio l’uomo nasce totalmente buono: è solo poi l’ambiente, unito al cedere alle passioni, che possono rendere l’uomo malvagio. Che l’uomo nascesse buono era, mi pare, anche l’idea di Socrate. Ma soprattutto è ciò che penso anch’io: ne discussi a lungo con una mia amica che però, per esperienza di lavoro (è giudice) non ne è convinta. Al momento lascio aperto l’interrogativo.
- Ho dimenticato di dire che lessi questo libro anni fa (tracce sono infatti presenti nel ghiribizzo) e una delle massime che mi è sempre rimasta in mente è che i principi dei saggi, non importa la distanza nel tempo o nello spazio, sono sempre gli stessi. Ed è vero: notevoli le implicazioni come, per esempio, che l’uomo è cambiato pochissimo o nulla ma anche che alcuni principi morali devono rimanere sempre validi: penso ai sentimenti di amore per i figli, per l’amicizia, per la libertà, il desiderio di giustizia etc.
- «L’uomo ignorante colorisce sempre con una bella apparenza gli errori che ha commesso» (*2). A una prima lettura mi aveva colpito la scelta del termine “ignorante” invece che “furbo” o qualcosa di simile. Poi ci ho ripensato in modalità “confuciana”: molti concetti si sovrappongono. Ben agire, seguire la via della virtù e della saggezza ed essere istruiti si sovrappongono. Quando il saggio sbaglia ammette il proprio errore e impara da esso: e il saggio è l’uomo istruito che si è applicato allo studio. L’ignorante è quindi la sua negazione: non è furbo perché cercando di nascondere il proprio errore non impara da esso, non si migliora. Il perfezionamento personale dovrebbe essere invece l’obiettivo di ogni uomo.
- «Quando lo spirito s’applica completamente a una cosa eccita la sensibilità. Quando la sensibilità s’applica completamente a una cosa, offusca lo spirito.» (*3) Ovviamente il messaggio superficiale di Confucio è la necessità di controllare le proprie emozioni ma io credo vi sia qualcosa di più profondo. Mi sembra la sintesi di un processo psicologico interessante: una sorta di fissazione ed esaltazione. Un circolo che può essere virtuoso ma anche vizioso. Quando ci appassiona a un tema si possono avere profonde intuizioni (sensibilità esaltata) ma si rischia anche di perdere di vista il contesto (offuscamento ragione).
- Questa è una mia riflessione (non aveva il marcatore “B” ma mi sembra comunque molto interessante). Nell’introduzione veniva spiegato che Confucio non affronta il tema del divino (e altri) e io avevo commentato con un “perché?”. Ebbene questo dubbio me lo sono parzialmente chiarito da solo. Anche qui vi è un gioco di equivalenza fra concetti: il Cielo, ovvero il divino, al cui volere gli uomini devono piegarsi, equivale alla Legge e questa a sua volta all’Autorità costituita. In altre parole questo aspetto del pensiero di Confucio ricalca l’idea di cristiana per giustificare l’ordine sociale, ovvero “è Dio che vuole così”. Non volevo tirare in ballo l’Epitome ma tutto la dottrina di Confucio sono delle regole di comportamento per mantenere la pace sociale, il buon ordine, il rispetto del potere e dei potenti, la sopportazione delle difficoltà senza ribellarsi: insomma quelli che io chiamo equimiti ([E] 7.1).
- «Essere amico di qualcuno è amare la sua virtù, non prevaricare la sua condizione» (*4). Niente: mi sembrava un bel concetto...
In realtà quelli riportati qui sopra sono piccole considerazioni indipendenti fra loro: ci sarebbe da fare un’analisi molto più profonda e organica. Ad esempio estrarre i principi di comportamento (che in parte ho già annotato) delle varie massime di Confucio e farne poi una valutazione complessiva. Non sono sicuro che ne avrò voglia ma forse…
Conclusione: sicuramente dovrò almeno scriverci un altro pezzo. In genere sono d’accordo con le massime di Confucio ma ce n’è una che invece trovo profondamente sbagliata: potrebbe essere interessante discuterla qui fra di noi...
Nota (*1): ghiribizzo che, mi sono tradito, dentro di me chiamo blog… oops!
Nota (*2): tratto da Confucio – Breviario a cura di Gabriele Mandel, (E.) Rusconi, 1995, trad. (credo!) Gabriele Mandel, pag. 147.
Nota (*3): ibidem, pag. 149.
Nota (*4): ibidem. Pag. 156.
alla prima stazione
1 ora fa
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