[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.6.2 "Coniugazioni")
...beh in realtà ho “finito” di leggere il libro su Confucio (v. La saggia saggezza) ma per amor di un titolo sciocchino…
Nel precedente pezzo mi ero limitato a elencare una serie di particolari che mi avevano colpito o incuriosito, oggi vorrei scrivere qualcosa di più organico per cercare di inquadrare il pensiero di Confucio almeno a grandi linee.
Premetto di basarmi solo su quello che ho letto che, alla fine, è solo un compendio del pensiero di Confucio: io ho la sensazione di aver visto una panoramica significativa ma, appunto, è una solo mia sensazione.
In Storia politica del mondo appare chiaro che ogni dinastia imperiale cinese si è sempre basata sul confucianesimo (a cui si può aggiungere il taoismo e, da un punto di vista religioso, il buddhismo). Tutta l’amministrazione statale era retta da intellettuali che si rifacevano alle dottrine di Confucio.
Confucio non si preoccupa del divino: spesso magari accenna al Cielo ma non lo indaga né cerca i definirlo. Il Cielo è un divino generico: in una massima molto significativa afferma che gli uomini non possono opporsi al volere del Cielo ma non va più oltre.
È importante sottolineare come il Cielo, inteso come divinità, si sovrapponga al concetto di Cielo come potere politico. Sempre da Storia politica del mondo so che ogni dinastia imperiale cinese, almeno dal 1000 a.C. in poi, ha affermato di aver ricevuto il “mandato del Cielo”: ovvero il dovere di governare sulla Cina (che si sovrappone al concetto di mondo) per il bene degli uomini.
Il volere del Cielo è quindi il volere dell’imperatore.
Cosa deve fare l’uomo, secondo Confucio, nella vita? Deve seguire la via della virtù e della saggezza e questo lo si fa rispettando i limiti del proprio ruolo e obbedendo ai propri superiori. Il saggio obbedisce, l’ignorante no.
Questa secondo me è l’essenza. Poi, ovviamente, a questo concetto basilare se ne affiancano altri: l’uomo saggio deve accontentarsi di quello che ha, anche gli amministratori devono seguire la via della virtù, tutti devono cercare di migliorarsi secondo le proprie capacità e altri.
Tendenzialmente il pensiero di Confucio mira a una società stabile e produttiva: sono invece ridimensionati i concetti di giustizia (sociale) e libertà. Una società dove nessuno si lamenta e tutti, anche il contadino più sfruttato, sono felici di quello che hanno. Non bisogna preoccuparsi tanto se una legge è buona e giusta quanto di obbedirgli: in TEORIA i cattivi amministratori saranno puniti da chi ha il dovere di farlo arrivando su su fino all’imperatore. Non so se Confucio abbia osato scriverlo ma mi pare che la conseguenza ultima è che se l’imperatore non segue la via della virtù allora il Cielo lo punirà togliendogli il mandato. Così suppongo le nuove dinastie abbiano giustificato la presa del potere a discapito delle precedenti. Non sono sicuro che Confucio l’abbia scritto esplicitamente perché in tal caso l’operato dell’imperatore dovrebbe/potrebbe essere valutato dai suoi sottoposti e, per analogia, ogni uomo dovrebbe/potrebbe valutare il comportamento del proprio signore: ma questo potrebbe causare disordini che è l’opposto dell’obiettivo di Confucio.
Due massime particolarmente significative in questo senso:
«Parlare di cose straordinarie è incitare gli uomini a non seguire le regole ordinarie. Parlare di atti di violenza e di audacia è sminuire negli uomini i sentimenti caritatevoli. Parlare d’opposizione alle leggi e all’autorità è condurre gli uomini a violare la giustizia.» Lunyu, VII 20 (*1)
«Colui che ama mostrare la propria bravura e sopporta penosamente la povertà sarà causa di disordini. Se un uomo senza virtù si sente detestato cadrà nel disordine.» Lunyu, VIII 10 (*2)
Vale la pena di parafrasare questa seconda affermazione: “Chi è ambizioso e non sopporta di essere povero causerà disordini. L’uomo che non segue le regole, e quindi i suoi superiori, si ribellerà.”
Insomma, come ho scritto, l’essenza delle regole di Confucio è quella di garantire la pace sociale.
Da questo punto di vista il confucianesimo sembra essere una religione dello Stato, dove il bene è servire e obbedire l’autorità svolgendo col massimo impegno il proprio ruolo.
Base della società è la famiglia e anche in tal senso si insiste fortemente sulla “pietà filiale” ovvero sul rispetto assoluto dei genitori. La logica deve essere che chi si ribella al proprio padre, la massima autorità famigliare, potrebbe ribellarsi anche all’autorità politica.
In effetti un’altra differenza interessante per la mentalità occidentale è che il rispetto non è riservato solo all’autorità assoluta ma è esteso a tutta la catena di comando fino ad arrivare all'interno del nucleo famigliare dove, per esempio, il fratello minore deve obbedire al maggiore (e ovviamente al padre!).
Aggiungo che non ho trovato praticamente menzione del ruolo delle donne: la mia sensazione è che Confucio dia per scontato che non valgano niente ma, per correttezza, devo anche sottolineare che non ne parla neppure male nelle massime che ho potuto leggere.
Molto interessante è infine un altro concetto: tutti gli uomini sono diversi, soprattutto come capacità intellettuali e morali. Solo i migliori, ovviamente impegnandosi al massimo e rispettando l’autorità, possono ambire a migliorare la propria posizione. Insomma Confucio auspica una meritocrazia strettamente basata sulle capacità: lui stesso afferma di non perdere tempo a insegnare a studenti poco capaci. Questo non significa che tutti non debbano cercare di migliorarsi: semplicemente dovranno accontentarsi di insegnanti meno bravi.
C’è anche da dire che, sebbene tutti gli uomini non siano uguali, essi sono comunque tutti fratelli. In effetti alla fine questa concezione equivale a un equimito ([E] 7.1) il cui scopo è giustificare le differenze di ruoli: chi ha di più è perché merita di avere di più.
Inoltre i meriti, le qualità innate, non sono legate alla classe sociale: non ho letto massime che escludano un bimbo povero dal raggiungere i vertici grazie allo studio. Sarebbe interessante sapere come venivano reclutati gli studenti che entravano poi a fare parte della macchina amministrativa imperiale. Cioè erano scuole a pagamento oppure reclutavano i bambini più dotati da ogni fascia sociale? Suppongo che ciò sia cambiato più volte nel tempo.
Comunque, andando a memoria (sempre da Storia politica del mondo), mi pare che la dinastia Ming fu fondata da un contadino ribelle: forse anche grazie al fatto che il confucianesimo non ha pregiudizi verso il singolo individuo se meritevole.
Spero di non aver dato un’idea distorta di Confucio: personalmente condivido gran parte delle sue massime; in genere non apprezzo quelle in cui mi è evidente la volontà di far prevalere la stabilità sociale alla giustizia.
Conclusione: e così si capisce perché in Cina non ci sia la democrazia. Manca il concetto cristiano dell’uguaglianza fra gli uomini (che quindi hanno tutti diritto a un voto uguale) e le ingiustizie sociali sono fortemente tollerate.
Nota (*1): tratto da tratto da Confucio – Breviario a cura di Gabriele Mandel, (E.) Rusconi, 1995, trad. (credo!) Gabriele Mandel, pag. 137.
Nota (*2): ibidem, pag. 138
domenica 27 settembre 2020
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