In Propositi maggesi mi ero ripromesso di scrivere vari pezzi: qualcosa, in maniera più o meno completa, ho scritto ma non ho ancora affrontato due dei temi indicati.
Il pezzo sui vaccini è molto impegnativo e quindi dovrò trovare la giornata adatta: sicuramente prima o poi lo scriverò ma non ho idea di quando.
L’altro pezzo era su una pubblicità di Sky: in questo caso mi ero trattenuto dallo scriverne perché so già che, una volta completato il pezzo, sarò di cattivo umore. Però, siccome tanto questa pubblicità è piuttosto martellante e non posso comunque dimenticarmela, allora tanto vale che mi tolga il pensiero scrivendo la mia opinione al riguardo…
Si tratta di una “pubblicità progresso”: già su questo tipo di pubblicità di per sé ci sarebbe da scriverci un pezzo a parte. Spesso queste pubblicità travalicano il contenuto informativo, che a mio avviso sarebbe il loro ambito legittimo (*1), e sconfinano nel campo di un moralismo paternalistico: un evidente tentativo di manipolare i valori della società indicando ciò che, secondo gli ideatori della pubblicità, è buono e giusto. Oltretutto ieri ho scritto della “civiltà dei consumi” di Pasolini (v. Il fascismo per Pasolini) e del conformismo con cui il Potere cerca di imporre i propri protomiti: ecco alcune “pubblicità progresso” ne sono un palese esempio esplicito.
La pubblicità in questione presenta una classe multirazziale di bambini delle elementari che, ridendo sguaiatamente, elencano dei presunti luoghi comuni relativi agli immigrati e all’immigrazione; infine arriva la maestra che ammonisce dolcemente i bambini a non imitare “i grandi”. Il senso della pubblicità vorrebbe essere quello di far intendere che i luoghi comuni presentati dai bambini sono falsi: i piccoli alunni se ne rendono conto e ne ridono mentre gli adulti no. Mi sembra che la morale con cui si chiude la pubblicità sia qualcosa del tipo “anche i bambini capiscono l’integrazione” o qualcosa del genere…
Questa pubblicità mi irrita quindi per varie ragioni.
La prima è che i bambini che ridono sguaiatamente non mi fanno tenerezza ma mi infastidiscono: vabbè, qui sono io fatto male, lo so!
La seconda ragione è più seria: si strumentalizzano dei bambini per far passare un messaggio essenzialmente politico: qualcosa del tipo “l’integrazione funziona” (vedi Svezia…), “l’immigrazione non ha aspetti negativi” e, magari più indirettamente, “l’immigrazione è inevitabile”. Da notare che tutte queste affermazioni sono più o meno opinabili: di sicuro non sono certezze. Capisco usare dei bambini per pubblicizzare pannolini o giocattoli; tollerabile magari anche adoperarli come elemento di contorno per raffigurare la classica famigliola felice. Utilizzarli però in una pubblicità evidentemente politica (anche se apparentemente di “progresso”) mi pare un abuso o, comunque, cattivo gusto.
La terza fonte di irritazione è data dal contenuto dei vari luoghi comuni elencati dai bambini che, al di là dell’esatta apparenza formale, sono nella sostanza tutti piuttosto opinabili (*2). In particolare però ce un’affermazione che è completamente errata (cioè vera nella logica ribaltata di questa pubblicità!): ovvero che l’immigrazione non sottrae risorse allo stato sociale.
Questa affermazione non è opinabile ma proprio falsa: la logica (ma anche studiosi della materia, v. Immigrazione++) ci dice che se un numero costante di risorse vengono suddivise fra un numero crescente di persone allora il risultato è che, a testa, ne toccano meno a ciascuno. Certo che, se contemporaneamente all’immigrazione, si aumentasse la spesa sociale allora questo problema non si presenterebbe: ma vi ricordate quand’è stata l’ultima volta che in Italia si è incrementata la spesa per la sanità, l’istruzione o comunque di qualcosa per il benessere pubblico? Esatto: tanto tanto tempo fa, al contrario si è tagliato le spese sempre di più (a proposito: grazie EU!).
In altre parole se un ospedale ha una riserva di 100 cerotti e 100 pazienti allora a ogni paziente tocca un cerotto: se però i pazienti diventano 200 allora a ognuno tocca mezzo cerotto…
Analogamente la maestra dovrebbe spiegare ai suoi alunni che se una scuola ha 100 gessetti e 100 alunni allora ogni alunno avrà a sua disposizione un gessetto. Se gli alunni diventano 200 invece a ciascuno toccherà mezzo gessetto.
Lo stesso accade con le risorse pubbliche (che, mi pare, il bambino più istruito di me chiama welfare): se queste restano costanti (ma in realtà in Italia vengono addirittura diminuite) ma aumenta il numero di persone che ne usufruisce allora il risultato è che diminuisce la fornitura procapite di servizi. Non è razzismo ma matematica: di nuovo rimando a Immigrazione++ per ulteriori informazioni.
Conclusione: e intanto l’EU porta avanti la sua crociate contro le bufale che, come questa pubblicità dimostra, è in realtà una guerra esclusivamente contro il dissenso e le opinioni che non si “conformano” alla narrativa che va per la maggiore, ovvero quella propugnata dai parapoteri per salvaguardare i propri interessi. Impossibile non rimandare al pezzo di ieri: Il fascismo per Pasolini.
Nota (*1): ad esempio informare che il fumo fa male, che esistono specifici numeri di telefono per particolari emergenze, che usare il preservativo aiuta a prevenire la diffusione di alcune malattie sessuali, etc. Insomma informazioni certe e non opinioni o ideali per quanto, magari, ben intenzionati.
Nota (*2): non sono falsità ma sono comunque solo opinioni, seppure legittime e plausibili (per la cronaca alcune in realtà le condivido anche, ma non è questo il mio punto!). Come detto, a mio avviso, questo tipo di pubblicità, finanziata o comunque sponsorizzata dallo Stato, è legittima solo se diffonde informazioni certe e non opinioni o credenze superficiali per quanto, magari, ben intenzionate.
L'esempio di Benjamin Franklin
15 minuti fa
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