Dunque nella puntata precedente (Memoria, passato e destino (1/?)) ero rimasto alla miracolosa camomilla, preparata dalla mamma, grazie alle quale facevo incredibili dormite. Nel resto della settimana però, a casa dei miei zii, dormivo sempre meno e sempre peggio...
Una sera a casa ebbi però un'intuizione che sfociò in una litigata con la mamma: mi venne il dubbio, anzi la certezza, che lei aggiungesse alla camomilla un poco dei suoi sonniferi (barbiturici). La mamma negò sempre: da una parte però c'erano dei precedenti certi con mio babbo e mia nonna, dall'altra i sintomi (*2) erano coerenti con la somministrazione di un sonnifero: il sonno anomalamente profondo quando lo prendevo e la completa insonnia quando, inconsapevolmente, me ne astenevo. Inutile dire che dopo allora non presi più la camomilla sospetta: ormai però il danno era fatto e il sonno mi rimase estremamente difficile.
Se non erro la “crisi della camomilla” avvenne durante il primo semestre del secondo anno. Nonostante questi crescenti problemi avevo concluso il primo anno di università in pari. Mi ero reso conto che la materia non mi piaceva: la trovavo squallida, senza essere né carne (matematica) né pesce (ingegneria). I miei genitori, mio padre in testa, però mi convinsero che dopo il primo anno propedeutico sarebbe migliorata. Solo mio cugino Luca invece mi suggerì di prendere seriamente in considerazione di cambiare corso. Alla fine mi convinsi a insestire con informatica.
Agli appelli di gennaio del secondo anno ricordo che mi presentai a un esame dopo una notte passata completamente insonne: e per “completamente” intendo con zero ore di sonno.
A quel punto, anche su pressione dei parenti, decisi di mettermi nelle mani di uno “specialista”: in realtà era un amico dei miei cugini e più che esperto di sonno lavorava con i tossicodipendenti (credo! Non ho mai indagato ma alcuni elementi lo farebbero pensare...). Contemporaneamente mia madre comprò come investimento, ma essenzialmente per togliermi dalle “grinfie” della zia di cui lei era gelosa, un piccolo monolocale dove mi trasferii durante il secondo semestre del secondo anno. Questo ebbe due ripercussioni: non avevo nessuno a controllarmi e divenni “vittima” di un autoclave che, a pochi metri di distanza dalla mia camera, si accendeva alle ore più impensate della notte come se fosse un reattore!
L'approccio dello “specialista” fu estremamente superficiale: facemmo una breve chiacchierata dalla quale capii che mi considerava completamente nella norma (era abituato a casi ben più gravi del mio) e poi iniziò la terapia a base di Surmuntil: un antidepressivo che fra le contro indicazioni causava sonnolenza. Iniziammo con poche goccioline con l'idea di aumentarle progressivamente fino a trovarne la quantità adatta a me.
C'è da sottolineare che all'epoca il mio problema di sonno non dipendeva solo da me ma anche, forse soprattutto, da un potente fattore ambientale: l'autoclave. L'ansia di sentirlo scattare mi faceva stare con i nervi a fior di pelle quando sentivo rientrare a casa un mio vicino, studenti nottambuli, attivi fino alle 3-4 di notte... Riguardo al rapporto con i miei vicini rimando al pezzo Amati vicini.
Le poche goccioline iniziali non mi facevano niente così aumentammo rapidamente le dosi e aggiungemmo altri medicinali al cocktail che avrebbe dovuto garantire il mio sonno. Ricordo ancora qualche nome: anafranil e, in seguito, farganesse.
Da questo momento in poi i miei ricordi divengono molto vaghi.
Una controindicazione che mi dava il Surmuntil era l'azzeramento della mia memoria a breve termine (*1). Ricordo anche che ne parlai con il mio “specialista” ma secondo lui al massimo avrebbe potuto darmi dei problemi di concentrazione. È da notare che per anni non mi resi conto del fenomeno e per questo motivo non insistetti maggiormente. In realtà me ne accorsi bene quando diminuii le dosi e la memoria tornò, almeno parzialmente ad aumentare: allora mi accorsi che ricordavo più di prima. Quando si perde la memoria non ce ne si rende conto altrettanto bene.
Contemporaneamente il sonno divenne la mia ossessione e la mia principale priorità al posto dello studio universitario: la logica non era folle in quanto presumevo che senza sonno i miei risultati non potevano essere positivi.
Delle cause effettive di questo peggioramento del mio rendimento universitario non si rese conto nessuno: io vivevo da solo durante la settimana, i miei genitori attraversavano le prime fasi della separazione mentre i miei zii di Pisa ebbero dei gravissimi problemi di salute.
Io infine davo la colpa a me stesso: pensavo di non impegnarmi abbastanza perché, ad esempio, alcune mattine non ce la facevo ad alzarmi e perdevo una lezione. Non mi rendevo conto, né probabilmente ero in grado di farlo, quanto le medicine compromettessero il mio rendimento intellettuale.
Oltretutto riuscivo ancora a rendere decentemente agli scritti dove mediamente, pur senza memoria, riuscivo a raccattare un 25-27 perché i concetti li avevo capiti ed ero in grado di applicarli. Il problema erano gli orali dove, senza la possibilità di concentrarmi, non riuscivo a esprimermi usando i termini corretti: probabilmente avevo prestazioni intorno al 13-15 che portavano il mio voto finale sul 20/30.
Credo che questo sia il momento per interrompere il racconto...
Nota (*1): anni dopo mi capitò di imbattermi in un trafiletto di un quotidiano nazionale in cui si diceva che si era scoperto che il Surmuntil causava problemi alla memoria. Però su wikipedia, alla pagina Surmontil non si fa cenno a questa controindicazione (anche se ce ne sono a decine anche molte gravi!). Eppure sono sicuro di averlo realmente letto. Anche mia madre, nonostante fosse assuefatta a dosi massicce di barbiturici, quando provò il Surmontil riuscì a dormire benissimo: però anche lei, allertata da me, si accorse che le faceva perdere la memoria e smise subito di prenderlo...
Nota (*2): Aggiunto (5/8/2014) e lo "specialista" poi mi confermò che, a giudicare dai sintomi, la mia intuizione era corretta...
L'esempio di Benjamin Franklin
3 ore fa
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