Questa notte avevo voglia di scrivere ma non l'ho fatto.
Stamani, temo, l'ispirazione è già passata: non avevo un'idea ben precisa ma sensazioni, fantasie e intuizioni tutte mischiate insieme dal sonno. Mi sembrava potesse venirne fuori un pezzo incomprensibile ma comunque affascinante. Adesso proverò a riscendere in quella palude ma, sospetto, mi verrà solo un pastrocchio.
È tanto, anni e anni, che non scrivo lunghe epistole a parenti e amici. Eppure un tempo lo facevo quasi quotidianamente. Il tema era solo una eppure a me, nella mia cecità, non pareva ripetitivo. E devo riconoscere che tutti furono molto pazienti con me rispondendomi e rispondendomi mentre io leggevo e leggevo ma capivo solo quello che volevo capire.
Probabilmente è stato tempo perso, mio e loro, però lo ricordo con affetto: allora una fiamma mi bruciava nel petto, adesso sono imploso, non c'è brace ma solo cenere.
Era pazzia? Eppure scaldava...
Periodicamente mi sono ripetuto spesso questa domanda. E, qualche notte fa, un sogno mi ha dato la risposta. Spariti erano gli strati di dubbio e raziocinio che di giorno avvolgono la mente cosciente, e in quei momenti ero sicuro, al di là di ogni dubbio, che i miei sentimenti erano stati reali e che illusione, vuota rivalsa, era tutto ciò che era venuto dopo. Già ora quella sensazione così vivida e intensa non la provo più. Mi è rimasta solo l'ombra delle emozioni passate ma, tutto sommato, non mi importa: so che non fa differenza, so che a nessuno interessa e so che niente cambierà. Io, come sempre, sono e sarò l'unico e l'ultimo a ricordare. È un pericolo della mia memoria, per ciò che le preme precisa e fotografica, quello di farmi smarrire nel passato, di perdere la cognizione del tempo: rivedere lo stesso sorriso, riudire la stessa voce ancora e ancora.
Stanotte mi fa male il cuore eppure mi piace. Quando si fermerà il medico darà la colpa a un'imperfezione del muscolo ma io so, ed è questo che mi fa sorridere, che le mandanti erano altre: labbra sorridenti e ciglia brillanti...
Spade, frecce e pugnali erano illusioni: una panoplia fatta di nulla. Eppure sono riuscite a ferire, a incrinare qualcosa di ancora più fragile, mai risanato completamente. Penso che sarà questo il mio destino e non mi dispiace un'uscita di scena improvvisa senza umiliazioni, magari nel sonno, in un sogno felice...
«Amor ch'a nullo amato amar perdona»
per me sol fu sol trista, inane fandonia
lunedì 14 aprile 2014
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