Giornatuccia oggi: ieri ho ricevuto una brutta notizia e oggi sono stato al funerale di mia zia, qualche anno dopo quello di mio zio. Non ricordo più esattamente quanti anni: ormai si confondono fra di loro piuttosto facilmente. Direi almeno due, forse tre, difficilmente quattro. Se cercate fra i vecchi pezzi (per esempio Ristorante cinese) ne troverete parecchi in cui parlo delle mie visite dagli zii: vabbè, probabilmente scriverò del funerale con più calma nei prossimi giorni oggi voglio invece concentrarmi sull’argomento del titolo.
Nel 2013 mia cugina (P), figlia unica degli zii in questione, si sposò (v. E tre!) ma sfortunatamente, così è la vita, non troppo tempo dopo iniziò a passare molti periodi difficili dovendosi prendere cura dei suoi genitori malati: l’unico aiuto il marito che, per semplicità, chiamerò G.
Oggi mia cugina era comprensibilmente nervosetta: finito il funerale dovevamo metterci in marcia per seguire il carro funebre diretto al cimitero e ha iniziato a lamentarsi del momentaneamente assente G dicendo che era sempre “lento”, in questo caso a recuperare la macchina. Quando poi ha scoperto che era invece rimasto a parlare con un amico l’ha rimbrottato spedendolo di corsa a compiere il proprio dovere di autista. E poi sbuffando: “Questi uomini tutti uguali, se non gli dici niente…” e io qui non sono riuscito a trattenermi e le ho detto “Certo che in tutti questi anni non lo hai addestrato per niente!”.
Poi, non ricordo più esattamente, ma ci sono stati almeno altri due o tre piccoli episodi in cui mia cugina ha sfogato il suo nervosismo su G: in nessun caso egli le ha risposto per le rime e, anzi, si è sempre affrettato a fare tutto il possibile per venirle incontro.
Ho pensato “evidentemente si rende conto che P è scossa per il lutto e fa del suo meglio per non contrariarla ignorando le sue parole un po’ brusche”. E suppongo che così si comportino tutti i bravi mariti in situazioni analoghe.
Sulla via del ritorno (ero in macchina con loro) mia cugina P, mentre guidava (dopo essersi lamentata con G per l’intero viaggio verso il cimitero di quanto procedesse lentamente), ha sospirato spiegandomi di come ogni domenica degli ultimi anni, mentre le colleghe passavano i fine settimana divertendosi qua e là, lei era sempre andata da sua madre. Ne era (mia sintesi) contenta, fiera e felice però, forse, c’era anche una punta di rimpianto per le occasioni perdute.
Qui però è intervenuto G con un insolito lungo e accorato discorso dato che, essendo piuttosto timido e di poche parole, in genere parla pochissimo.
Permettetemi però una divagazione per spiegare meglio il “personaggio”: se me lo ricordo voglio pubblicare un paio di pagine del diario cartaceo che tenevo prima del 2010 quando aprii questo ghiribizzo. Comunque, se la memoria non mi tradisce, scrissi della volta in cui mia cugina mi presentò G a una cena con gli zii (anche loro non lo conoscevano da molto) a un ristorante sul lungomare. La zia prima della cena mi avvisò che G era molto timido e in effetti, nonostante io non sia di certo una personalità strabordante e accentratrice, aprì bocca per parlare due, forse tre volte. Finita la cena gli zii ci salutarono e io andai con P e G a prendere qualcosa da bere a un bar. Pensai “vabbè, probabilmente era intimidito dagli zii ma ora che non ci sono si scioglierà un po’”… e invece continuò a rimanersene in silenzio quasi assoluto!
Ebbene questo uomo di poche (ma poche poche!) parole, percependo le emozioni scorate di mia cugina, si è lanciato in un lungo e appassionato discorso. Sarebbe stato bello registrarlo anche perché io tendo a ricordare bene i concetti ma non le parole precise. Non ci provo nemmeno a ricostruirle perché non avrei la capacità di trasmettere l’emozione e il calore sincero di ciò che ha detto, l'assoluta premura con cui voleva proteggere P da qualsiasi dubbio o angoscia.
Mi limito quindi a riproporre banalmente i concetti che mi sono rimasti in mente:
. sono stati anni bellissimi.
. lui è stato felicissimo di andare ogni domenica a trovare la suocera ammalata, portarla a mangiare in un locale vicino e poi passare al cimitero a trovare lo zio.
. la domenica è sopravvalutata. Non c’era niente che avrebbe preferito fare di più.
Ora queste parole riportate così, in maniera fredda e sterile, suonano banali ma vi assicuro che lui le ha pronunciate con fervore appassionato. Non erano dette tanto per dire, una consolazione di ufficio magari per nascondere malamente un risentimento segreto per il sacrificio fatto, ma esse erano ciò che pensava veramente.
“Ecco” ho pensato “questo è amore: solo l’amore per mia cugina può infatti avergli fatto trovare apprezzabili quelle giornate. L’aiutarla, lo starle vicino, il condividere l’affetto e le preoccupazioni per la madre. Questo è amore ma non quello della copertina, quello evidente che vedono tutti, il bacio al matrimonio, ma quello più segreto, quello della terza di copertina nascosto sotto il risvolto della sovraccoperta”.
Mi sono quasi commosso senza capirne il motivo! Ma, forse, lo comprendo adesso: mi hanno ricordato il rapporto fra i miei nonni materni (nonni in comune con P). Anche la nonna dirigeva a bacchetta il nonno e solo molti anni più tardi mi resi conto di quanto si fossero voluti bene. Al riguardo rimando al pezzo Sogno nonno e in particolare all’aneddoto che propongo dopo la descrizione del sogno…
Ripensando alla giornata odierna mi sono ricordato di un altro scambio fra P e G che, sebbene meno impressionante del precedente, aiuta a contestualizzare meglio la loro relazione. P ha chiesto qualcosa del tipo: “Ma ho fatto bene a dare la mancia agli addetti del servizio funebre?”. E G le ha prontamente risposto che non aveva fatto bene ma benissimo: dicendolo con un tono che suggeriva che quella fosse senza alcun dubbio la cosa più intelligente, buona e giusta da fare.
Insomma si è affrettato a rassicurarla senza alcuna esitazione o incertezza. Io, per esempio, le avrei chiesto quanto gli aveva donato per poter valutare meglio la situazione e, successivamente, avrei dovuto pensarci per almeno cinque secondi buoni per considerare il problema da molteplici punti di vista. G, molto più sensibile di me, si è invece reso conto che P non voleva una valutazione oggettiva ma solo essere rassicurata; soprattutto la vera domanda era un'altra. G l’aveva immediatamente intuito mentre io lo comprendo solo adesso, a molte ore di distanza: a un livello più profondo P cercava approvazione non tanto per l’iniziativa della mancia, in sé insignificante, ma per come aveva gestito l’intero funerale, per come aveva retto alla tensione, per come aveva controllato le proprie emozioni…
Conclusione: avrei potuto fare una cronaca dolce amara di un funerale triste ma ho preferito dare la precedenze a una descrizione dolce amara di un’emozione felice.
Il figlio della Concetta
12 ore fa
Vostra conclusione (amarsi, volersi bene) più che condivisibile.
RispondiEliminaIn realtà bisognerebbe sempre educare se stessi e il partner al rispetto reciproco (zerbinarsi non fa bene né alla relazione né ai due che la compongono).
Né fa bene allo zerbino...
EliminaA parte gli scherzi sono andato a cercare "zerbinare" su Treccani ma non l'ho trovato: però è un vocabolo simpatico!