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lunedì 16 ottobre 2023

Il cotone è re

Come ho già scritto qualche giorno fa recentemente mi sono completamente bloccato nelle mie letture. Non sono a casa e nell’ambiente rumoroso di città fatico ad ambientarmi: per leggere certi libri ho bisogno di molta concentrazione e il continuo rumore del traffico con l’immancabile motorino su di giri mi distraggono.
A questo poi si deve aggiungere lo scarso sonno e, quindi, scarsa freschezza mentale e voglia di impegnarmi in attività minimamente faticose…

L’unica eccezione è stata un e-libro di cui, comunque, ho letto poche pagine: si tratta di “Il cotone è re” (“Cotton is king” di E. N. Elliott, “Presidente del collegio dei proprietari terrieri del Mississipi”) scritto nel 1860. L’opera dovrebbe essere una raccolta di argomentazioni a favore della schiavitù negli USA.

L’argomento mi interessava principalmente per due ragioni: 1. sono curioso di vedere quali siano gli argomenti a favore della schiavitù: personalmente trovo difficilissimo, se non impossibile, difendere punti di vista in cui non credo perché inevitabilmente, se non a mentire, sarei comunque costretto a tacerne i punti deboli, cosa che per me equivale nella sostanza a una bugia. Osservare come viene difesa la schiavitù mi pare quindi molto istruttivo: su cosa si tacerà, su cosa si porrà l’attenzione?
2. Più volte ho sentito dire che alcuni argomenti a favore dell’immigrazione ricalcano le tesi degli schiavisti degli stati del sud degli USA: adesso voglio verificare quanto ci sia di vero.

Il libro è lunghissimo (sulle 800 pagine temo) e io sono appena all’inizio. Comunque già dall’introduzione qualcosa si intuisce.
C’è l’argomento religioso: la Bibbia non condanna la schiavitù ma, anzi, la promuove sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Se Dio accetta la schiavitù come può l’uomo dire che è sbagliata?
Stranissimo è poi un argomento filosofico/giuridico: gli schiavi sono liberi perché il padrone non possiede gli schiavi ma solo il loro lavoro. Non mi è chiarissimo cosa si intendesse e, sicuramente, l’argomento verrà approfondito in seguito, ma a me puzza però di fuffa.
Poi c’è l’argomento che è per “il loro bene”, che i padroni cercano lentamente di aumentarne la moralità e l’intelligenza: quando saranno sufficientemente migliorati allora i padroni saranno i primi a volerli liberare. Secondo l’autore sono stati fatti grandi progressi in questa direzione.
Poi c’è l’argomento dell’ipocrisia degli abolizionisti: il cotone è prodotto in abbondanza e a basso costo solo grazie al lavoro degli schiavi se gli abolizionisti non comprassero il cotone verrebbe meno il bisogno di schiavi.
Questo argomento è abbastanza attuale sebbene in un contesto diverso: il litio delle batterie dei telefonini è estratto in miniere in Africa da bambini eppure chi è contro il lavoro minorile non esita a comprarsi sempre nuovi telefonini.
Altro argomento è l’immoralità: negli stati del nord dove è stata abolita la schiavitù una percentuale di neri enormemente superiore a quella relativa nella popolazione è in carcere. Si fa intendere che lo schiavo, non moralmente maturo, va poi a delinquere con estrema facilità.
Facendo l’avvocato del diavolo penso che sarebbe interessante confrontare la percentuale di carcerati per razza in fasce di ricchezza: ovvero che percentuali di neri e bianchi sono in carcere con quelli con una ricchezza annua minore di 100$? La mia teoria è che il crimine non sia causato tanto dalla razza ma dalla povertà: più si è poveri e più è probabile delinquere.

Inizia poi a emergere l’argomento economico che si può riassumere così: il cotone è ricchezza, non solo per gli stati del sud ma anche per quelli del nord e perfino per l’Europa che l’importa. Per ottenere il cotone in questa quantità e prezzi è necessario il lavoro degli schiavi e quindi la schiavitù. Altrimenti chi coltiverebbe il cotone se non ci fossero gli schiavi?

E questo argomento è in effetti talvolta usato, con gli opportuni aggiornamenti, anche dai fautori dell’immigrazione vista come forza lavoro a basso costo per lavori che gli italiani “non vogliono più fare”. Per esempio: “I pomodorini costerebbero X volte di più se non ci fossero gli immigrati a raccoglierli”.

Conclusione: il libro è prolisso ma comunque interessante. Soprattutto spero di trovare qualche epigrafe per il capitolo sull’immigrazione!

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