Stamani dovevo ancora decidere di cosa scrivere ma YouTube ha scelto per me!
Mi ha infatti presentato questo “strano” video: The five laws of stupidity dal canale TVLPodCast
L’ho iniziato a guardare con aspettative minime ma mi sono subito incuriosito quando ho scoperto che l’idea originale era di un italiano, un economista di nome Carlo Cipolla. La teoria fu proposta in maniera semi seria in un articolo negli anni ‘70 mentre il suo autore morì negli anni ‘90.
Questo è un altro elemento interessante per me: se una teoria sopravvive al fattore tempo evidentemente aveva degli elementi molto validi. Non capita, sottovalutata o magari irrisa quando fu proposta ottiene poi la sua rivincita.
Innanzi tutto è bene anticipare che la stupidità per Cipolla è un fatto sociale non una caratteristica mentale: non ha niente a che fare con l’IQ, l’istruzione, l’abilità a parlare, il successo sociale o simili. Anzi, per definizione (legge 2), è totalmente irrelata da qualsiasi altra caratteristica mentale e non.
Proprio per questo, secondo me, sarebbe stato utile creare un neologismo per evitare ambiguità o incomprensioni di significato: non “stupidità” ma, per esempio, “deficit sociale”, “socialdeficienza” o simili…
Cipolla definisce due dimensioni per misurare l’azione umana: come l’effetto si risolva per il soggetto e come l’effetto si risolva per le altre persone.
In questa maniera ottiene quattro definizioni: che fa il proprio bene e quello degli altri è definito “intelligente”, chi fa il proprio bene che però è un male per gli altri è un “brigante”, chi fa il bene per gli altri a discapito del proprio è un “indifeso”; infine chi danneggia gli altri e se stesso è uno “stupido” (legge 3).
Le leggi sono le seguenti:
1. Il numero di stupidi è sempre sottostimato.
2. La probabilità che una persona sia stupida è indipendente da qualsiasi sua altra caratteristica.
3. Lo stupido provoca danni agli altri senza alcun guadagno per se stesso.
3b. Lo stupido è coerente nel suo comportamento (non si tratta cioè di un errore occasionale).
4. I non stupidi sottovalutano il pericolo rappresentato dagli stupidi.
5. Gli stupidi sono gli individui più pericolosi in assoluto.
Non ho voglia di ripetere tutte le argomentazioni (se vi interessano guardate il video!) ma preferisco concentrarmi sui punti 4 e 5.
Secondo Cipolla gli stupidi sono più pericolosi dei briganti perché questi ultimi sono prevedibili: cercando il proprio guadagno si possono prendere precauzioni per tutelarci da essi. Invece lo stupido è imprevedibile: ci danneggia ma la sua logica è incomprensibile, evidentemente viziata da qualche errore, perché lo stupido per primo finisce per essere danneggiato dal proprio comportamento.
L’unica strategia valida è quella di stare lontano dagli stupidi in maniera da non esserne danneggiati direttamente anche se i danni indiretti sono sempre possibili.
Passando dai singoli alla società il pericolo per essa è quando i danni provocati dagli stupidi non sono più compensati dagli intelligenti. Chiaro che anche i briganti danneggiano la società (per definizione) ma almeno il loro comportamento, dato che è logico, può essere previsto e arginato.
Altro pericolo è quando i briganti influenzano gli stupidi per il proprio beneficio: questo è secondo me il concetto più interessante.
Più volte, in pezzi di diverso genere, ho evidenziato come pochi potenti sono capaci di manipolare ampi strati della popolazione facendogli credere che certe azioni siano nel loro interesse e in quello degli altri mentre invece è vero l’esatto contrario: alcune decisioni sono contro l’interesse sia dei singoli attori che le compiono che della società.
Mi viene in mente il partito “Scelta Civica” di Monti che, in teoria, si proponeva di “salvare” l’Italia ma la sua ricetta per farlo avrebbe invece provocato l’effetto opposto. Ovviamente i singoli elettori erano in buon fede: però, secondo la definizione di Cipolla, erano degli “stupidi” traviati da uno o più briganti.
Alla fine credo che questa teoria di Cipolla abbia un unico elemento valido oltre lo scherzoso: la pericolosità dello stupido per la società.
Il problema è che la sua definizione di “stupidità” si base su degli effetti (i danni a se stesso e alla società) e non ne analizza le cause: questo la rende descrittiva ma non predittiva; insomma poco utile.
Nessuno vuole infatti il proprio male, neppur gli stupidi: evidentemente se gli stupidi agiscono costantemente contro il proprio interesse lo fanno per una qualche ragione. Ed è questa ragione che andrebbe analizzata e compresa per arrivare a una comprensione proficua del fenomeno.
In realtà vi è anche un altro elemento interessante: ovvero che quando gli stupidi raggiungono una certa “massa critica” la società di cui fanno parte collassa.
In questo caso avevo riflettuto sul fenomeno all’interno di una singola grande azienda: non pensavo in termini di “stupidi” ma di “incapaci” e cosa succede quando questi ultimi fanno carriera al suo interno. In realtà sono stato spesso tentato di fare una simulazione al calcolatore ma poi, per pigrizia, non ne ho mai fatto di nulla.
Comunque la mia sensazione era che quando gli “incapaci” raggiungevano una certa concentrazione allora l’intero sistema crollava: insomma la pensavo come Cipolla.
Conclusione: l’articolo originale doveva sì essere una provocazione ma evidentemente non era privo di concetti interessanti: non mi stupisco che in un paese ipocrita come il nostro sia passata inosservata...
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