Oggi ho voluto ritagliarmi del tempo “per me”: ho avuto la malaugurata idea di andare al cimitero di Trespiano. Là sono conservate le ceneri di mia mamma ma, in realtà, la mia idea era di andare alla ricerca della mia professoressa di italiano del liceo a cui, solo a distanza di decenni, mi sono reso conto di essere molto affezionato. A dire il vero non sapevo neppure se fosse sepolta lì…
Ma, insomma, alla fine ero consapevole che fosse solo una scusa per girare un po’ a casaccio: il cimitero è infatti gigantesco e c’è anche un pulmino che lo percorre tutto con varie fermate.
Sono partito dalla mamma: del resto lei è sistemata proprio a un’estremità, in cima in cima: il cimitero è infatti sul versante meridionale di una collina e quindi presenta un notevole dislivello.
Onestamente ci sono state pochissime volte da quando è morta nel 2006: non so, forse 5 o 6 volte (non sono sicuro) ma di queste solo due volte da solo.
Il fatto è che il cimitero non mi dice niente: mi è indifferente essere vicino o lontano dalle sue ceneri. Io ho la mia memoria e mi basta.
Eppure la prima sensazione che ho avuto, girando fra tutte quelle tombe dimenticate, è stata proprio l’inaffidabilità dei sentimenti, anche dell’amore. La mia sensazione è che bastino 15 anni e le persone iniziano a dimenticare. Invece al cimitero regna l’ipocrisia “dell’imperituro ricordo” mentre i fiori di plastica “appassiti” dicono il contrario. Come fa un fiore di plastica ad appassire? Si scolora e i bordi si sfaldano. Alcuni furbacchioni con le tombe nel terreno hanno avuto la bella idea di piantarvi dei fiori: peccato che alcune di queste adesso siano dei cespugli che nascondono totalmente la lapide alla vista!
Comunque, seguendo l’impressione di un’ombra, ho iniziato a scendere verso l’estremità opposta del cimitero. Un percorso attraverso l’oblio: il cimitero è diviso a settori, più o meno, tutte le tombe di una zona appartengono allo stesso decennio: ovviamente le eccezioni sono numerosissime.
E che dire delle tombe monumentali: come sembrano ridicole. Anche la loro arroganza è umiliata dal tempo con le porte delle cripte talvolta arrugginite e tenute insieme con catene di ferro.
Mi ha colpito il busto di un tizio morto nel 1910: sembrava il sosia di Nietzsche! Sarebbe stato proprio da fotografare (ma non avevo la macchina fotografica ed è pure vietato… chissà perché…)…
In una zona di terreno erano sepolte tutte suore: ho visto anche una suor Gemma, lo stesso nome di una suora che insegnava alle mie elementari. Ho guardato la foto ma la vecchina in carrozzina avrebbe potuto essere o non essere la suora corpulenta che ricordavo io: insomma, aveva gli occhiali ma credo che di suor “Gemme” ve ne siano parecchie. Subito dopo però c’era anche suor Margherita: lei faceva la portinaia della scuola. Il volto era anche vagamente familiare…
Mi sono accorto che le suore erano divise in gruppetti, magari corrispondenti a diversi conventi: se fra qualche anno vi pianteranno anche una suor Serafina allora vorrà dire che ho trovato il lotto del convento di Santa Maria degli Angeli...
Ho anche attraversato un lotto nuovo con delle grosse tombe famigliari quasi tutte vuote: due delle più appariscenti, essendo di marmo rosato, appartenevano a due cinesi, uno accanto all’altro. Ho pensato che hanno copiato il peggio della cultura occidentale: l’esibizione di una ricchezza futile. O magari non hanno copiato perché anche in Cina questa è l’usanza...
Non poteva mancare l’inumazione in diretta: del resto si muore ogni giorno e a ogni ora: è ovvio che si venga, più o meno, sepolti altrettanto spesso. I funerali americani sono molto migliori però: loro hanno l’erbolina verde perfetta noi invece zolle di terre e piante infestanti: fortuna che essendo maggio molte piantine erano in fiore e parecchie tombe se ne giovavano.
Magari ero un po’ condizionato dall’ambiente ma anche il “biip biip” della ruspa in movimento sembrava particolarmente triste e lugubre. Gli spettatori in gruppi sparsi e a distanze variabili dall’epicentro, cioè la fossa, in approssimativi cerchi concentrici. I fiori che ricoprivano la bara ormai gettati da una parte e le persone che iniziano a chiedersi che strada converrà loro fare per tornare a casa (so che una ragazza prenderà l’autostrada). Una risata nervosa e forzata.
A proposito di prati, in una parte del cimitero il terreno aveva ceduto cosicché non c’era una sola lapida dritta: e non parlo di pochi gradi di inclinazione: ne ho vista una (in pietra bella massiccia) inclinata di almeno 45°!
Finalmente, arrivato in fondo al cimitero, ho iniziato a risalire seguendo una direzione diagonale che mi porterà ad arrivare proprio all’ingresso.
La figura più triste era un anziano: si era portato una sedia di tela e una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo. Era impegnato in una conversazione con una tomba: scuoteva la testa, gesticolava debolmente, forse piangeva. Mi ha colpito che fosse senza cappello perché il sole inizia a picchiare.
Fossi una persona migliore mi sarei fermato a scambiare due parole: magari gli avrebbe fatto piacere o, in caso contrario, me ne sarei andato subito via. È che sono lento a pensare: troppe cose mi passavano per la testa. Il mio primo istinto è di non disturbare e dimentico che non tutti sono come me...
Curiosamente a poca distanza, diciamo una ventina di metri, c’era la tomba (in questa zona croci di legno piantate nel terreno) più allegra: il merito era di una ventolina colorata mossa dal vento.
Sono andato a vedere: una signora anziana… magari era stato un nipotino a lasciargliela…
Meglio comunque di una certa “Pupa” morta a 76 anni con una foto però che la ritraeva a massimo trenta: cioè è chiaro che se sulla lapide i famigliari ci fanno scrivere “Pupa” significa che la defunta ci teneva alla bellezza. Ma c’era bisogno di farlo sapere al resto del mondo? Non mi sembra un vanto ma, semmai, un segreto vizio di vanità…
Poi mi sono imbattuto in un lotto con tutte le tombe al contrario! I geni del comune avevano riservato tale zona a cittadini di religione musulmana senza considerare che le lapidi sarebbero poi state orientate tutte verso La Mecca (immagino io). Sarebbe bastato pensarci prima per evitare il problema, per esempio riservandogli l’angolo opposto. Qui sembravano ti dessero le spalle e che non si volessero confondere con gli altri. Anche nella morte per proprio conto. Una banalità ma mi è parsa una piccola occasione mancata.
Ah! e soprattutto ricordo l’odore del cipresso! Proprio buono: adatto a un cimitero trascurato dalle autorità e lasciato alla cura della natura.
Non ho potuto fare a meno di pensare che la maggior parte dei morti si sarà prima o poi chiesta nel corso della vita se sarebbero finiti in paradiso: ma per i numerosi insetti e le lucertoline del posto questo cimitero è un vero e proprio paradiso in terra!
Conclusione: non ho trovato la mia professoressa ma ho apprezzato comunque la mia escursione: non so quanto abbia fatto bene al mio umore, poco credo, e probabilmente ci ho anche preso una mezza insolazione, però sono contento. Ricordarsi della mortalità umana aiuta a mettere tutto nella giusta prospettiva.
alla prima stazione
1 ora fa
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