Sto controllando le mie note su «Trattato sulla tolleranza» di Voltaire alla ricerca di frasi da usare come epigrafi (per la mia Epitome ovviamente!) e ne approfitto per scrivere questo pezzo lungo la strada.
Leggendo Voltaire (mi era successo anche con “Discorso sull’origine della diseguaglianza fra gli uomini”) ho una strana sensazione non facilmente esprimibile. È come se vi percepissi due livelli: il primo è quello che scrive esplicitamente; il secondo invece è un non detto/scritto. È come se a volte non portasse al compimento logico estremo le proprie idee: come se si fermasse prima, senza arrivare alle estreme conseguenze. Il risultato è che talvolta mi suona un po’ cinico: come se scrivesse “sarebbe giusto fare XXX ma facciamo YYY perché XXX creerebbe vari problemi”.
La mia sensazione è che Voltaire scrivesse avendo ben presente il proprio pubblico: non voleva limitarsi a esprimere le proprie idee ma voleva convincere e influenzare i suoi lettori. Per questo riduce volontariamente l’ampiezza e la portata dei suoi argomenti per renderli digeribili ai potenti del suo tempo.
Ovviamente è solo una mia sensazione: dovrei leggere molte altre sue opere per esserne più sicuro…
Ecco un passaggio che mi piace ma che probabilmente non userò come epigrafe non sapendo dove piazzarlo: «Il mezzo migliore per diminuire il numero dei maniaci, se ne restano, è di consegnare questa malattia dello spirito al regime della ragione che lentamente ma infallibilmente illumina gli uomini. La ragione è mite, è umana, ispira l’indulgenza, soffoca la discordia, afferma la virtù, rende dolce l’obbedienza alle leggi, più di quanto la forza non ne assicuri l’osservanza.» (*1)
Questo è un tema che mi sta molto a cuore: perché governo e media (si sovrappongono visto che i secondi sono la voce del primo) non usano la ragione per convincere, per esempio, chi non vuole vaccinarsi?
Perché non confrontarsi apertamente con chi non vuole vaccinarsi per affrontare e smontare una a una le loro paure? Non sarebbe la cosa più logica e facile da farsi? Perché ricorrere a censura e ricatti?
Il motivo è che la scienza (quella vera) non è mai stata completamente in accordo con le politiche sanitarie dei governi occidentali e, anzi, adesso si moltiplicano le prove che ne evidenziano limiti ed errori (v. Il bubbone).
Per questo Monti ha detto che servirebbe meno “democrazia” nell’informazione: il potere non può permettersi un confronto onesto con chi la pensa diversamente perché le ragioni scientifiche sono sempre più contrarie a esso. Ecco quindi che nelle trasmissioni televisive se si invita un ospite perplesso, per esempio, dall’uso/abuso dei vaccini lo si deve circondare con altri dieci ospiti che dicano l’opposto, ovvero che ossequino la narrativa dominante.
Interessante poi l’intuizione di Voltaire nel ridimensionare le persecuzioni dei romani contro i cristiani: non si basa infatti su dati storici ma semplicemente osserva che tante opere letterarie contro l’impero e le sue divinità non sarebbero giunte sino a noi né i loro autori sarebbero morti nei propri letti se la repressione fosse stata così costante e pervasiva come si soleva credere. E infatti le persecuzioni contro i cristiani, secondo le informazioni più recenti in mio possesso, furono estremamente limitate sia nei tempi che nell’ampiezza: si stima che le vittime cristiane di persecuzioni furono circa settemila. Un numero insignificante paragonato alle stragi promosse poi dal cristianesimo e da altre religioni parimenti intolleranti.
Notevole, considerando che l’autore scrive intorno al 1764, la seguente critica al cristianesimo: «Lo dico con orrore, ma è la verità: noi cristiani siamo stati persecutori, carnefici, assassini!» (*2)
Aforisma: «L’intolleranza non produce che ipocriti o ribelli.» (*3)
Un altro concetto interessante di Voltaire a cui io stesso avevo pensato ai tempi del liceo (!): si tratta di un attacco alla logica dei nuovi dogmi. Ciò che il giorno prima era giusto diventa il giorno dopo sbagliato: ma è chiaro che una stessa azione non può essere contemporaneamente giusta e sbagliata e la sola differenza del fattore tempo non dovrebbe avere influenza sulla moralità.
Io può darsi che abbia scritto qui sul ghiribizzo della mia “fissa” sulla maggiore età: che ciò che è illecito il giorno prima diventi lecito il giorno dopo. Ecco mi sta tornando in mente che forse ne scrissi una decina di anni fa in un pezzo su Berlusconi e… come si chiamava.. la nipotina di Mubarak!
Un paio di citazioni dal capitolo “Testimonianze contro l’intolleranza” che mi sembrano molto attuali:
«È un’esecrabile eresia voler attrarre con la forza, con le percosse, con gli arresti, coloro che non si è riusciti a convincere con la ragione (Sant’Atanasio, libro I)» (*4)
«La violenza può produrre degli ipocriti; non si persuade quando si fanno risuonare dappertutto le minacce (Tillemont, “Storia ecclesiastica”, libro VI)» (*5)
Altra frase carina: «L’ipocrisia […] è, come si dice, un omaggio che il vizio rende alla virtù.» (*6)
Voltaire la mette in bocca a un personaggio negativo, a un “barbaro” che cerca di convincere un moribondo a firmare una falsa testimonianza di fede: questo per dire che probabilmente lo stesso autore non è completamente d’accordo a questa redenzione dell’ipocrisia! Però l’immagine è potente: il vizio cerca di imitare la virtù e, l’unica maniera che ha per tentare di farlo è con l’ipocrisia…
Come ho accennato in Molto varie dicembrine il limite di quest’opera è che Voltarie parte da un caso di cronaca: una famiglia di protestanti francesi accusati di un turpe omicidio che vengono torturati e uccisi dai giudici cattolici. Per giustificare la tolleranza, soprattutto in ambito religioso, Voltaire si rifà quindi alla Bibbia. Argomentazioni religiose che trovo piuttosto noiose.
Comunque l’autore fa anche considerazioni più generali e “laiche”: tutto ciò che non “turba” la società deve essere tollerato e l’unico atteggiamento/sentimento capace di turbare la società è il fanatismo. La conseguenza di questo principio è che solo il fanatismo non merita di essere tollerato.
Nel 1763 era ovvio che: «Non è permesso compiere un piccolo male per [ottenere] un gran bene.» (*7). Oggi, a circa 250 anni di distanza, prevale la morale utilitaristica nella sua variante più squallida che ho chiamato il profittismo. Parafrasando oggi si direbbe: «Un piccolo male è permesso per ottenere un grande profitto.» Giusto quindi, per esempio, sacrificare anche la vita di un discreto numero di persone quando vi è la possibilità di guadagnare miliardi…
Per Voltaire il cristianesimo è superiore alla superstizione pagana ma questa, a sua volta, è superiore all’ateismo.
Ovviamente io non sono d’accordo e, guarda caso, Voltaire si concentra sulla superiorità del cristianesimo sulle altre religioni e non approfondisce invece la superiorità di queste sull’ateismo.
La mia sensazione è che Voltaire sovrapponga l’ateismo all’amoralità: mi pare cioè che per il filosofo la morale debba obbligatoriamente venire dalla religione (qualunque essa sia). Sfortunatamente non posso esserne sicuro perché, come detto, non approfondisce questo aspetto…
Interessante poi una teoria accennata nel capitolo XXI “La virtù vale più della scienza”: lo sapete qual è secondo Voltaire una delle principali cause della caduta dell’impero romano?
Le guerre di religione fra cristiani, sette eretiche e pagani!
Ma Voltaire scrive quest’opera sotto l’influenza di un fatto di cronaca legato proprio a contrasti religiosi che avevano sconvolto la Francia nel XVI secolo ma le cui ripercussioni erano ancora ben vive: si tratta quindi del classico esempio in cui chi analizza un fenomeno storico del passato vi proietta sopra la mentalità e gli schemi interpretativi del proprio tempo. È l’analogo di Harper che ne “Il fato di Roma” (del 2017) pone l’accento sul cambiamento climatico.
Spesso si interpreta gli altri periodi storici (compreso il futuro) alla luce delle idee e degli ideali del presente: invece si dovrebbe cercare di calarsi totalmente in un’altra epoca per capirla realmente. Ovviamente non sempre ciò è possibile.
Conclusione: un libro interessante ma non eccezionale…
PS: e non ho neppure trovato molte frasi papabili per la mia epitome: forse una ma non è detto che batta la concorrenza!
Nota (*1): tratto da “Trattato sulla tolleranza” di Voltaire, (E.) Garzanti, 2015, trad. Lanfranco Binni, pag. 27.
Nota (*2): ibidem, pag. 53.
Nota (*3): ibidem, pag. 56.
Nota (*4): ibidem, pag. 93.
Nota (*5): ibidem, pag. 94.
Nota (*6): ibidem, pag. 97.
Nota (*7): ibidem, pag 104.
alla prima stazione
1 ora fa
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