Ieri sera ho finito di leggere “An essay on the Principle of Population” di Thomas Malthus scritto nel 1798. Si tratta di un saggio importante tanto che il “principio” citato nel titolo si è meritato un aggettivo tutto suo: “malthusiano”.
Libriccino piuttosto corto che ho divorato in pochi giorni anche se, in verità, la seconda parte è noiosa e priva di interesse. Infatti nella prima parte dell’opera Malthus descrive un principio che è tanto semplice quanto importante: la popolazione cresce più velocemente del cibo disponibile. Per la precisione la popolazione cresce con proporzione geometrica mentre il cibo solo linearmente.
In realtà è quindi la disponibilità di cibo a determinare se e quanto la popolazione possa crescere. Se il cibo è abbondante allora la popolazione aumenta rapidamente: può accadere, per esempio, dopo una grande pestilenza o una guerra che abbia sterminato la popolazione di un luogo.
Se invece la popolazione ha già raggiunto il livello di cibo disponibile in un paese allora non può crescere ancora e si avranno carestie, disordini, malattie (provocate dalla denutrizione) e simili.
A distanza di oltre due secoli è possibile aggiungere delle precisazioni a questa idea di Malthus ma, nella sostanza, è ancora più che valida.
Prima di tutto la contraccezione permette oggi di limitare e controllare il numero delle nascite: in occidente la popolazione spontaneamente decide di avere un numero limitato di figli, in Cina è addirittura la politica a stabilire il numero massimo di figli per famiglia. Solo in Africa un misto di ignoranza e talvolta fanatismo religioso provoca un vertiginoso aumento della popolazione.
In secondo luogo anche nell’alimentazione ci sono state delle rivoluzioni che hanno moltiplicato la produttività dei terreni agricoli: basti pensare ai fertilizzanti, ai mezzi meccanici e, attualmente, all’ingegneria genetica. Chiaro però che la quantità di suolo disponibile non può essere aumentata oltre certi limiti e, quindi, il problema di fondo della quantità di cibo disponibile è sempre presente.
Interessantissimo anche un “corollario” economico al principio di Malthus: quando la popolazione ha spazio e risorse per crescere anche i poveri tendono a vivere meglio perché il loro unico bene, il loro lavoro, è più richiesto e quindi meglio retribuito. Questo maggior benessere permette ai giovani di “mettere su famiglia” prima e, quindi, di fare più figli. Al contrario le ristrettezze economiche portano a matrimoni (Malthus scrive nel 1798!) più tardi e, quindi, meno fertili.
Mi pare evidente l’analogia con la situazione italiana con i giovani che non possono permettersi di lasciare la casa dei genitori e che quindi non si riproducono.
I ricchi, cioè i datori di lavoro, ovviamente preferiscono i periodi di abbondanza di manodopera perché, pagandola meno, riescono a moltiplicare i propri guadagni che, a loro volta, gli permetteranno di sopravvivere ai periodi di carestia/guerra/malattia che prima o poi colpiranno la popolazione più povera. Anche in questo caso vi vedo delle analogie significative col presente.
Vi è infine un’altra conseguenza economica interessante: onestamente non ho gli strumenti culturali per capire quanto sia corretta ed eventualmente attuale ma sicuramente mi appare sensata.
Malthus si chiede cosa possa succedere in una fase di saturazione cibo/popolazione, ovvero quando la popolazione ha più o meno raggiunto il limite stabilito dalla quantità di cibo disponibile in una nazione. In questa situazione i più poveri faticano a comprarsi il cibo necessario per il proprio sostentamento dato che la richiesta sarà molto alta. Cosa succede quindi se si danno più soldi ai poveri? Beh se i beneficiari sono relativamente pochi allora semplicemente questi potranno comprarsi più cibo e, quindi, vivere meglio. Ma se i beneficiari sono tutti i poveri allora, dato che il cibo è una quantità finita, il risultato è solo quello di aumentarne il costo col risultato che i poveri che guadagnano il doppio si troveranno a dover spendere anche il doppio per lo stesso cibo di prima e, quindi, resteranno affamati.
Credo che con molti “se e ma” questo concetto sia ancora valido e legato al fenomeno dell’inflazione.
Nella seconda parte del saggio Malthus si perde a criticare teorie altrui (decisamente avventate) evidenziandone debolezze e veri e propri errori. Ovviamente queste teorie fantasiose, probabilmente famose nel loro tempo, non hanno lasciato traccia e quindi la lettura dei loro limiti è piuttosto noiosa e sostanzialmente inutile. I capitoli finali sono poi su Dio e li ho letti in automatico sbadigliando: l’unico concetto che mi ricordo è che le avversità sono necessarie sia per fare risaltare il bene che per spingere l’uomo a migliorarsi.
Cosa che mi ha reso poi contentissimo è che vi ho trovato molte potenziali epigrafi che, soprattutto, sono adatte per capitoli/sottocapitoli dove ne ho poche o nessuna.
Conclusione: a oggi, 30 dicembre, sono sempre senza Internet (dal 26 dicembre pomeriggio). Spero prima o poi di riuscire a pubblicare questo pezzo!
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