Se avrò voglia tornerò sulla variante Omicron domani o nei prossimi giorni ma comunque voglio subito almeno mettere nero su bianco un mio ragionamento che ancora non ho sentito altrove.
I dati preliminari provenienti dal Sudafrica sono molti positivi: la nuova variante sembrerebbe molto meno virulenta della Delta dando in genere mal di testa, dolori muscolari e debolezza (non febbre o raffreddore). Sintomi deboli nei vaccinati, più forti ma sempre non gravi nei non vaccinati.
Probabilmente saprete già che la Omicron si diffonde molto più rapidamente della Delta e che, in poche settimane, sarà praticamente l’unica variante di SARS-CoV-2 in Europa e in Italia.
Il pericolo che però tutti temono è che, seppur questa variante provoca sintomi generalmente poco gravi, se si ammalano milioni di persone contemporaneamente anche una piccola percentuale di queste potrebbe essere sufficiente per congestionare gli ospedali.
Il punto è quindi quanto sarà virulenta (grave) la Omicron: ebbene bisogna ricordarsi che questo non dipende solo dal virus in sé ma anche da altri fattori (per esempio l’immunità data dalla vaccinazione o naturale). E cosa ci potrebbe essere di diverso in Sudafrica che non c’è in Europa?
La risposta è il Sole e quindi la vitamina D: nell’emisfero sud stanno entrando nell’estate mentre noi abbiamo già un piede e passa nell’inverno. Il mio timore è che la cronica carenza di vitamina D nella popolazione europea durante il periodo invernale renda questa variante più pericolosa di quanto sia in Sudafrica. C’è anche da dire che in Sudafrica la maggioranza delle persone hanno la pelle scura e quindi a parità di esposizione al sole producono meno vitamina D: insomma, come al solito, senza dati accurati è impossibile fare previsioni attendibili.
Sicuramente però questo della vitamina D è un elemento importante che, complessivamente, in questo periodo gioca a sfavore della popolazione europea.
Comunque lo sapremo presto: apparentemente riesce a raddoppiare il numero degli infetti ogni 3-5 giorni. In Danimarca e probabilmente nel Regno Unito la percentuale è già significativa sebbene piccola: da questi paesi arriveranno presto dei dati validi anche per l’Italia.
Conclusione: avrei da scrivere ancora sul covid-19 in generale (in particolare una statistica molto interessante trovata nell’ultimo bollettino dell’ISS (*1)) ma voglio mettermi a leggere un po’…
Nota (*1): e invece ho deciso di scriverne perché credo che sia un fattore fondamentale e “ovviamente” completamente ignorato. Come scrissi in Logica e statistiche basilari ci sono due elementi imprescindibili da tenere sempre presenti quando si parla di covid-19: le fasce di età e le comorbidità. Da tempo scrivo e ripeto quanto altre malattie preesistenti siano determinanti per l’aggravarsi della malattia ma, sfortunatamente, non avevo trovati dati recenti.
Avevo trovato solo dei vecchi dati cinesi basati quindi solo sull’epidemia a Wuhan: secondo questi solo lo 0,9% dei deceduti non aveva comorbidità.
Ebbene ho trovato dei dati italiani (basati su un campione di circa 8.000 deceduti) al riguardo! Si trovano su questa pagina: Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all'infezione da SARS-CoV-2 in Italia da Epicentro.ISS.it
Ebbene non ho voglia di ricopiare tutti i dati a mano ma quello più importante è che i morti che non avevano comorbidità erano appena il 2,9%.
Questo dato è fondamentale per la valutazione personale del pericolo rappresentato dal covid-19: ogni persona, in base alla propria età e alla presenza o meno di comorbidità, ha una probabilità maggiore o minore di ammalarsi. In un paese libero e senza ricatti questo permetterebbe di decidere se vaccinarsi o no in maniera razionale tenendo presente quali sono i rischi e benefici per la propria persona.
A occhio (ma dovrei saperne di più per esserne sicuro) la mortalità per persone senza comorbidità si dovrebbe ridurre del 97%, in pratica quindi di due ordini di grandezza…
sabato 11 dicembre 2021
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