Mi chiedo che idea do del mio rapporto con la religione. In effetti ne scrivo relativamente spesso e leggo libri piuttosto pesanti e, magari, di nicchia. È quindi evidente un mio interesse nei suoi confronti.
È vero: la religione mi interessa ma il motivo profondo del mio interesse non è un intenso conflitto interiore fra, per esempio, fede e ragione ma qualcosa di molto più prosaico.
La religione mi diverte! Soprattutto i conflitti su piccoli dettagli di interpretazione, magari di un singolo versetto del Vangelo, oppure le dispute ideologie con gli eretici, non mancano di suscitarmi un sorriso.
Quando leggo argomentazioni acute e profonde per sostenere un qualche principio dogmatico ridacchio fra me e me: “che spreco di tempo e intelligenza!” penso; e magari mi diverto a scovarne l’errore: in genere una qualche premessa traballante assunta come assioma assoluto…
Quando leggo un libro che tratta di religione lo faccio per intrattenermi e non perché mi illuda di ricavarne chissà quale profonda intuizione: ovviamente mi interessano gli aspetti storici, psicologici e sociali, quelli sì li studio con grande attenzione, ma in genere non aspiro a ricercarvi un aiuto per le mie riflessioni più profonde.
In realtà non prendo per niente sul serio la religione: la considero solo alla stregua di una superstizione che protegge gli uomini dalle loro naturali paure.
Neppure, a parte oggi, perdo tempo a esporre le mie perplessità tanto la questione mi sembra palese e secondaria.
Considero la religione un parapotere con un particolare tipo di forza (la sua autorità morale sui propri fedeli) e specifiche funzioni utili (rassicurare gli uomini e dare stabilità alla società) e niente di più: questa sono le sue dimensioni significative; invece i suoi aspetti più trascendenti mi paiono favole divertenti e talvolta, ma non sempre, istruttive.
Per lo stesso motivo mi è indifferente la religione altrui: la rispetto in quanto argomento sensibile per il singolo, evitando di parlarne o di accennare a dubbi su specifiche questioni. Preferisco evitare di aprire una discussione che non avrei assolutamente voglia di portare avanti data, dal mio punto di vista, la sua assoluta futilità. Per me la religione equivale a una preferenza che, se non oltrepassa il confine col fanatismo, è in genere innocua e irrilevante.
Non sento neppure il bisogno di “far aprire” gli occhi agli altri tanto la religione è al di sotto del mio interesse. E del resto devo essere coerente con me stesso: anche io ho la mia idiosincrasia. Evito infatti di passare sotto una scala perché credo che porti sfortuna. Allo stesso modo quindi perché dovrei criticare chi crede in Dio, nel Paradiso o nell’Inferno? Sarebbe crudele: come dire a un bambino che Babbo Natale non esiste…
Conclusione: beh, ci sarebbe in verità qualche altra osservazione da fare sul mio rapporto con la religione ma preferisco non divagare...
Politicizzazione (s.f.)
21 minuti fa
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