[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.6.2 "Coniugazioni").
Ieri ho finito di leggere due libri: “Manoscritto di un prigioniero” (1833) di Carlo Bini e “Quale ricco si salverà?” di Clemente Alessandrino. Probabilmente ci scriverò un pezzo con calma…
Ovviamente ho subito iniziato due nuovi libri: “L’Italia fragile” di Prezzolini e “Antifragile” di Nassim Teleb. Solo dopo mi sono accorto dell’affinità dei titoli!
“L’Italia fragile” è stato scritto da Prezzolini all’età di 94 anni: ne ho lette poche pagine ma ho già notato qualcosa che mi pare interessante ma siccome voglio parlare dell’altro libro preferisco non anticipare niente…
“Antifragile” me l’aveva suggerito il mio amico matematico russo con cui ho fatto amicizia su Steam. Credo che il libro più famoso di Taleb sia il “Cigno nero” ma secondo Oleg questo era migliore…
Sfogliandolo mi è sembrato molto curioso: titoli buffi, tabelle interessanti, qualche formula…
Poi ho letto le prime due pagine del prologo e ho capito tutto!
Fra le massime di Confucio (mi pare di non averne scritto) ce n’era una che a noi occidentali suona male. Era qualcosa di questo genere (la parafraso a memoria): “A un allievo che non capisce tutto dopo che gli ho spiegato un quinto della lezione preferisco non insegnare.”
Per Confucio gli uomini NON sono tutti uguali (sebbene siano tutti fratelli) ma hanno capacità diverse: tutti devono cercare di migliorarsi ma Confucio si sente sprecato a insegnare ad allievi che non siano eccezionalmente brillanti: i meno capaci vadano da maestri meno bravi…
Io oziosamente mi chiedevo se un quinto mi sarebbe bastato: almanaccavo qualcosa del tipo “con un quarto mi sentirei più tranquillo e, per certe lezioni, forse mi servirebbe anche un terzo per intuirne il senso completo”.
Mi sembra infatti di aver già scritto come a scuola, ma anche all’università, ho avuto sempre la sensazione che tutte le lezioni fossero logiche e ovvie: a riprova che non fosse solo una mia illusione posso dire che i professori mi elogiavano sempre per le mie domande azzeccate e che andavano subito alle implicazioni oltre l’orizzonte spiegato a lezione…
Vabbè, tutto questo per dire che dopo aver letto due pagine del prologo di Antifragile credo di aver già capito tutto!
Se fosse davvero così non sarebbe male: dato che le pagine sono circa 500 avrei capito tutto dopo 1/250 di “lezione”!
Il concetto base è molto interessante e l’autore lo definisce col neologismo di “antifragile” come di un particolare opposto di “fragile”.
Con fragile intende più o meno il comune senso di cosa che si rompe facilmente, in particolare intende un sistema complesso (come un organismo o una società) che sia vulnerabile a eventi casuali imprevisti.
Con antifragile intende invece un sistema che non solo resiste agli eventi inaspettati (se fosse così semplice avrebbe potuto usare l’aggettivo “robusto”) ma anzi, ne viene reso più forte o migliore.
Da quello che ho capito dalle pagine lette del prologo (nel frattempo sono arrivato a 5!) nei vari capitoli l’autore mostrerà come questo concetto si applica a svariati ambiti e, per ognuno di essi, accenna a quali saranno le sue argomentazioni.
Poi, onestamente, credo che leggendo avrò delle gradite sorprese (ovvero idee che non avevo immaginato in anticipo). Per esempio accenna al fatto che sia possibile calcolare il valore di fragilità-antifragilità ma al momento non avrei idea di come fare…
Ma perché ho provato subito questo senso di familiarità con l’idea di antifragilità?
Il motivo è che leggendo la sua applicazione alla società mi sono accorto che c’è un notevole affinità fra il mio effetto di omogeneizzazione ([E] 5.15) e la fragilità così come l’intende Taleb.
Analogamente il concetto di antifragilità può essere visto come una generalizzazione della mia legge dell’evoluzione ([E] 5.14): non per nulla anche nella mia Epitome i due concetti sono strettamente interconnessi e, per questo, sono introdotti uno dopo l’altro.
Insomma, almeno a livello embrionale, l’idea di Taleb non mi è estranea e ho già la gradevole sensazione che il suo libro mi aiuterà a espandere la mia comprensione di molte dinamiche sociali e non solo.
Ah! Un altro dettagli che ho notato è che Taleb è molto critico degli altri intellettuali e tende a ridicolizzarne le certezze: per esempio «...eppure più l’evento è raro e più questi “scienziati” che si occupano di prevedere, schematizzare e usare PowerPoint nelle conferenze, con equazioni a effetto su sfondi colorati, si sentono fiduciosi» (*1). E su cinque pagine lette questo è almeno il secondo o terzo esempio che ho notato: dubito che sia un caso...
Piuttosto sono perplesso dal suo umorismo: ne ho percepito dei frammenti ma mi sono parsi "incompleti" spero che non sia andato perso nella traduzione...
Conclusione: per il momento sono molto entusiasta e spero di non rimanerne deluso!
Nota (*1): tratto da “Antifragile” di Nassim Nicholas Taleb, (E.) Il Saggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi, Alessandra Repossi, pag. 25.
Politicizzazione (s.f.)
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