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venerdì 10 agosto 2018

Fascismo (3/?)

Ieri sera è piovuto abbastanza: speravo che raffrescasse ma non è stato così. In casa stamani avevo 25 gradi e quindi temo, a seconda della giornata, che a sera si arrivi a 27 o addirittura 28...

Comunque, visto che stamani ancora respiro voglio approfittarne per proseguire in questa mini serie sul fascismo. Le puntate precedenti sono: Introduzione al (pezzo sul) fascismo, Fascismo (1/?) e Fascismo (2/?). Ricordo inoltre che mi baso sul libro Fascisti di Giordano Bruno Guerri, Arnoldo Mondadori Editore, 1995.

Il mio obiettivo è quello di rispondere a tre questioni:
1. la definizione di fascismo;
2. il rapporto di Mussolini con la religione;
3. come il fascismo abbia preso il potere.
Nelle puntate precedenti abbiamo parzialmente risposto ai primi due punti e oggi, credo, entreremo nel vivo del terzo.

Come spiegato in Fascismo (2/?) nel primo dopoguerra c'era una gran fetta di italiani non rappresentati dai partiti tradizionali.
In particolare la classe media era uscita impoverita dalla guerra (a differenza dei grandi industriali che si erano invece arricchiti ancora di più) e, tradita dai liberali e disprezzata dai socialisti, diventerà il fulcro iniziale del fascismo.

Nel 1919-20 i socialisti guidano grandi proteste e scioperi operai e contadini ottenendo piccoli successi ma, aggiungo io, impaurendo le classi più privilegiate e il re.
Contemporaneamente la vocazione all'internazionalismo socialista era vista con orrore da tutti quei reduci (magari ufficiali e non contadini/operai più spesso soldati semplici) che avevano combattuto per gli ideali di patria e nazione.

Fu in questa atmosfera che Mussolini fondò il 23 marzo 1919 i Fasci di combattimento di cui inizialmente fecero parte un centinaio di persone (più 100 che 300). Secondo Guerri Mussolini non dette particolarmente peso a questa iniziativa che inizialmente fu solo una delle tante. Il suo scopo era solo quello di tenere insieme un gruppo piuttosto eterogeneo di individui: interventisti, ex rivoluzionari di sinistra, intellettuali futuristi, repubblicani, socialisti (che avevano seguito Mussolini) e, soprattutto, ex arditi. Gli arditi erano degli ex militari particolarmente ben addestrati: alla fine della guerra erano circa 25.000-30.000 di cui la maggioranza si schierò col fascismo mentre una minoranza dette vita agli Arditi del popolo: un movimento non meno violento ma di sinistra.
Inizialmente la novità politica dei Fasci di combattimento si inserì fra nazionalisti e socialisti: come i primi rivendicavano la Dalmazia e Fiume, come i secondi appoggiavano il malcontento popolare.
Il programma iniziale dei Fasci di combattimento (“programma di San Sepolcro”) era infatti decisamente innovativo: suffragio universale (donne e diciottenni), piena libertà di pensiero, parola e associazione, assemblea per decidere fra monarchia e repubblica, giornata i 8 ore lavorative, imposta progressiva sul patrimonio, sequestro dei beni religiosi e molte altre iniziative decisamente progressiste ma anche l'istituzione di una milizia nazionale.

Trovo molto significativo questo programma: le premesse e le promesse erano tante, molte anche positive, eppure, come la storia ci ha dimostrato le cose andarono poi diversamente. Sembrerebbe che conti di più ottenere l'approvazione degli uomini piuttosto che mantenere gli impegni presi: chi infatti ti approva ti giustificherà o crederà alle giustificazioni per ciò che non hai mantenuto.

Nel settembre del 1919 D'Annunzio guida l'occupazione di Fiume: Mussolini non credeva nel possibile successo di tale impresa e, anzi, temeva che provocasse un'insurrezione socialista con ben maggiori possibilità di successo. Per questo si barcamenò approvando l'impresa ma senza compromettersi personalmente.

Nel novembre del 1919 ci sono le prime elezioni politiche col sistema proporzionale. I risultati sono: il neo fondato Partito Popolare (cristiani di Sturzo) 100 seggi, socialisti 156, liberali 96 (parecchi seggi persi a favore del partito popolare), partito democratico 60 (non credo fosse il PD!), liberali 41 (non ho idea della differenza con gli “altri” liberali con 96 seggi), partito dei combattenti 20, altri 35. Nessun fascista venne eletto in parlamento!

Considerando che anche nelle elezioni del 1921 il partito fascista otterrà solo 37 deputati (6.9%) è veramente incredibile che nel 1924 Mussolini (anche se con una legge elettorale maggioritaria) sia riuscito ad avere la maggioranza assoluta con 374 seggi su 535.
Evidentemente egli sarà stato bravo a cogliere le proprie opportunità ma anche gli altri esponenti politici devono aver compiuto degli errori clamorosi!
Questo ci dice anche che gli anni più critici per comprendere l'ascesa del fascismo sono quelli del triennio 1921-1924.

Tornando al 1919 i socialisti rappresentavano la minoranza più ampia del paese (circa il 31% dei voti): abbastanza forti da spaventare gli altri ma non abbastanza per imporsi.

Sul libro questo passaggio storico non è spiegato chiaramente ma aiutandomi con Wikipedia sembra evidente che non ci fosse una chiara maggioranza per governare il paese: il governo Nitti, in carica dal giugno 1919, vi rimane fino al giugno 1920.
Nitti viene poi sostituito dall'anziano Giolitti (80 anni) il cui governo cerca di effettuare riforme fiscali ma non è abbastanza forte da dargli seguito e cade nel luglio del 1921. In particolare Giolitti impose dei dazi doganali che favorivano l'industria a scapito dei proprietari agrari che, conseguentemente, iniziarono a finanziare Mussolini.

Nel frattempo Mussolini, dopo l'insuccesso elettorale del 1919 decide di cambiare strategia: senza rinnegare la sinistra inizia infatti a spostarsi verso destra su posizioni più gradite alla borghesia. Ad esempio Mussolini si dichiarò “non contro il proletariato, ma contro il Partito Socialista”.

Dal 1920 le aggressioni squadriste si fanno più sistematiche e organizzate militarmente (strategia militare che in pratica consiste nell'attaccare con forze soverchianti obiettivi più deboli) contro sedi socialiste ed esponenti politici o sindacali di sinistra.
Riguardo a questo tipo di violenza politica l'autore fa un'importante considerazione: al giorno d'oggi pensiamo a qualsiasi violenza politica come a un atto ingiustificato e inammissibile, ma nei primi decenni del XX secolo non era così: la violenza come strumento politico era diffusa e, almeno parzialmente, tollerata. I fascisti non erano i soli a usare la forza: anche nazionalisti, comunisti, socialisti e anarchici facevano altrettanto. Del resto il governo liberale rispondeva “usando volentieri la fucileria contro i manifestanti”.
Chiaramente il fascismo alzò sensibilmente il livello di violenza politica ma in quegli anni ci furono anche vittime fasciste per le reazioni degli avversari tutt'altro che inermi.

Secondo l'autore, grazie allo squadrismo (sono perplesso sul rapporto di causa ed effetto), gli iscritti al fascismo passarono in un anno da poco più di 20.000 a quasi 250.000 a fine 1921, soprattutto provenienti dalle campagne.

Giolitti nel 1921 al governo travisò la situazione: pensò infatti di poter sfruttare a proprio vantaggio la violenza fascista per combattere il pericolo socialista e quello cattolico (che, come detto, aveva rubato i voti dei liberali; ma come potevano i fascisti rubare voti ai cattolici?). Per questo chiese a prefetti e forze dell'ordine di “chiudere un occhio” sulle azioni degli squadristi. Il risultato fu che la violenza fascista raggiunse livelli incontrollabili.

Il 15 maggio 1921 si ritornò al voto dove i tre schieramenti principali furono: socialisti (calati al 25%), cattolici (saliti al 20% con un aumento significativo di seggi +8% ma leggermente meno voti!) e infine il “Blocco nazionale”, una coalizione formata da i liberali di Giolitti, i fascisti di Mussolini e i nazionalisti (totale deputati di poco meno del 20%, in pratica 3 deputati in meno rispetto ai cattolici; in questa coalizione i fascisti eletti furono 35, circa un terzo).
Insomma la coalizione di destra, “Blocco nazionale” era arrivata terza con poco meno di un quinto dei voti degli elettori e Mussolini poteva contare su appena 37 deputati.

Mi pare che in questo biennio sia stato decisivo il duplice errore di calcolo di Giolitti: 1. allearsi con Mussolini non gli portò nessun voto in più mentre invece diede al futuro duce una base di parlamentari su cui poter contare; 2. l'aver tollerato e permesso la violenza fascista dette visibilità e credibilità a Mussolini.
Sono poi dell'idea che se i fascisti si fossero presentati da soli avrebbero preso al massimo una decina di deputati: in effetti in alcune circoscrizioni i fascisti si presentarono da soli e presero in totale 2 deputati. Insomma Giolitti, con l'autorevolezza del suo partito, fece da trampolino elettorale a Mussolini in cambio di niente.

Nella prossima puntata vedremo cosa successe nel decisivo triennio seguente.

Conclusione: la mia sensazione è che i voti di Mussolini presi nelle elezioni del '21 non dipesero tanto dal programma o dalla vicinanza con i proprietari agrari ma essenzialmente dalla violenza contro i socialisti e al nazionalismo. Prese cioè i voti degli ultra conservatori nazionalisti che temevano una possibile rivoluzione socialista e che quindi vedevano di buon occhio anche il ricorso alla violenza contro di loro.

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