Premetto subito che sono di cattivo umore.
Volevo scrivere di politica, democrazia e libertà. Di come questi elementi siano interconnessi fra loro e di come si stia attraversando un periodo, una spirale negativa, che sta portando al loro vicendevole degrado. Volevo anche aggiungere come tutto questo, pur essendo già evidente, non venga percepito dalla stragrande maggioranza della popolazione. Qualcuno forse se ne rende conto ma, erroneamente, pensa che sia inevitabile: si tratta di cinici e sfiduciati, magari anche capaci, ma che per temperamento sono portati all'inattività, al voltarsi dall'altra parte per non vedere...
Allora ho ripensato a un vecchio pezzo del 2013: Idiocracy. Una pellicola la cui teoria (su cui si basa una trama comico/demenziale) è che l'intelligenza media stia diminuendo.
Inizialmente, come spiegato in tale articolo, avevo pensato che tale diminuzione fosse sì reale ma non particolarmente significativa; in particolare la consideravo un fenomeno temporaneo.
Ora però, sempre più spesso, mi ricapita di rifletterci e mi chiedo se l'impatto sulla società del calo medio di intelligenza non sia molto più massiccio di quanto non avessi stimato.
Il problema è che l'intelligenza non si misura facilmente: sappiamo benissimo, ad esempio, che l'altezza media è cresciuta sensibilmente nel corso dell'ultimo secolo ma non possiamo essere altrettanto certi delle fluttuazioni dell'intelligenza.
Alcuni test per misurarla sono falsati dalla cultura e dal livello di istruzione e, inoltre, di per sé, l'intelligenza ha così tante sfaccettature che non c'è neppure un consenso univoco su come definirla.
Ad esempio, il talento musicale o artistico in genere, fa parte dell'intelligenza? La memoria? La creatività e la fantasia? La capacità di concentrazione? L'empatia verso gli altri?
Eppure la marea montante di follia e gretta stupidità che, sempre più, pare circondarmi mi fa pensare che l'intelligenza media non stia diminuendo ma crollando.
Rileggevo un altro pezzo di qualche tempo fa, Capitolo VI, dove commento un capitolo de La democrazia in America di Tocqueville del 1831 (*1). L'autore si immagina quali possano essere i pericoli di degenerazione della democrazia e, le immagini che dipinge, sembrano una fotografia della realtà attuale.
Questo per dire che i possibili problemi della democrazia erano conosciuti ormai da anni: il non renderli noti e il non cercare di risolverli deve fare riflettere. Perché, ad esempio, nella scuola italiana, si fa studiare, per anni e anni, I promessi sposi del Manzoni e non J. S. Mill o, appunto, Tocqueville?
Quale lettura renderebbe dei giovani più consapevoli dei problemi della propria società: le vicende di Lucia, Renzo e don Rodrigo, illuminate dalla luce della Provvidenza, oppure delle riflessioni approfondite su cosa siano la libertà e la democrazia?
A me pare evidente che la democrazia, se mai veramente esistita, sia ormai morta da anni.
L'etimologia di “democrazia”, potere del popolo, è una gigantesca presa in giro.
L'influenza dei poteri forti è cresciuta sempre di più nel corso dei decenni e, ormai, molti governi (compreso quello italiano da Monti in poi) sono solo dei burattini nelle loro mani.
Veniamo privati dei beni comuni, della salute, della cultura, della nostra ricchezza ma pochissimi se ne rendono compiutamente conto. Tutti capiscono che qualcosa non funziona ma solo un ristrettissimo numero di persone riesce a vedere il quadro generale.
È solo per questo che la libertà, che pure ci verrà tolta, sarà fra le nostre ultime proprietà di cui saremo privati. Il motivo è semplice: la popolazione, non capendo ciò che succede, non riesce a usare la propria libertà per reagire e opporsi agli eventi.
E, in tutto questo, continuo a chiedermi quale sia il ruolo dell'intelligenza media e quale quello dei condizionamenti sociali che impediscono alle persone di vedere gli orrori oltre questo velo di Maya...
Nota (*1): beh, di qualche anno successivo immagino: nel 1831 l'autore fece il suo soggiorno in America e suppongo che abbia scritto il libro poco dopo...
martedì 3 marzo 2015
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