Continua il mio malumore (v. Depressione democratica) perché il mondo continua ad andare alla rovescia...
Per distrarmi scriverò quindi della mia tragedia: ancora non mi sono abituato a non lavorarci più la sera...
Rileggiamoci quindi la seconda scena del primo atto e scriviamo qualche appunto! (*1)
Tutto il primo paragrafo (la corsa di Andros) è un'aggiunta. Inizialmente c'era solo scritto fra parentesi quadre che Andros correva verso il villaggio...
Decisi di aggiungere questo passaggio per dare più senso al bel brano associato Rome is falling che, almeno a me, ricorda proprio una corsa disperata...
“Ares Ultore”. Da un vecchio racconto di mio zio avevo un vago ricordo di Crasso e Cesare che “seduti sul tetto del tempio di Giove Untore” osservano la folla...
Inizialmente infatti, proprio sul finale della prima scena, compariva “Giove Untore”! Poi, fortunatamente, ho controllato e ho scoperto che i miei ricordi non erano "esattissimi": il tempio, effettivamente a Roma, era quello di Marte Ultore ossia “vendicatore”. Anche qui il solito dilemma se usare o meno un epiteto del Marte romano per l'Ares greco...
«... ma io sono Tichaos, colui che, se il domani fosse giunto per lui, sarebbe stato lo sposo di Euginea.» Questa costruzione artificiosa della frase mi piace molto. Non so però spiegarmene il motivo...
«Dunque è come temevo... e tu sai tutto... ma cosa devo promettere?». Il “e tu sai tutto” è una finezza: cosa intende Andros con questo colpevole accenno?
“Querimonia”: inizialmente, con significato analogo ma meno specifico, ero stato tentato di usare “geremiade” che significa lamentarsi in maniera insistente, petulante e fastidiosa. Però l'etimologia di “geremiade” deriva dal profeta biblico Geremia al quale era attribuito il libro delle Lamentazioni. Il termine non mi è quindi sembrato appropriato per la mia ambientazione greca e allora ho usato “querimonia”. La specificità di “querimonia” sta che si tratta di lamentele per un presunto torto subito...
La promessa di Andros è un po' uno degli elementi deboli della trama e l'ho aggiunto solo a metà opera quando ormai avevo ben chiara la struttura complessiva della storia (che, come ho spiegato in Sulla scena I-I, è venuta solo a stesura iniziata...).
“Cilicio”: uso questo vocabolo due volte nell'intera tragedia. Qui col suo significato originario di pelle di capra, in seguito invece come fastidio fisico.
«Euginea giace ma vive». Mi piace l'ambiguità di questa frase che il lettore può interpretare come preferisce...
Conclusione: non c'era molto da dire. Le prime tre scene le scrissi di getto e, forse, hanno il merito di essere fresche e spontanee. Ho avuto pietà del lettore risparmiandogli la lista delle parole, imparate con Anki, che ho inserito nella scena: il loro numero è comunque di otto.
Nota (*1): Punto esclamativo è di incoraggiamento: l'entusiasmo era più a livello di puntini di sospensione... ← questi
Ancora sulla sanità (pe' malati c'è la china...)
30 minuti fa
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