Oggi ho letto un capitolo brevissimo sul “Secolo breve” sui cambiamenti sociali/culturali dal secondo dopoguerra in poi e il ruolo della donna. C’erano già un paio di spunti interessanti ma oggi ho voglia di scrivere di Rizal e, comunque, era un capitoletto introduttivo: sono sicuro che Hobsbwam nei seguenti approfondirà quegli aspetti che più mi avevano colpito.
Di Josè Rizal, massimo scrittore filippino del XIX secolo, sto leggendo la traduzione in inglese di “Noli me tangere”. L’inizio è stato eccezionale: la scena della grande cena e dei suoi ospiti con cui si apre il romanzo è veramente piacevole. E infatti ci ho scritto un pezzo sopra (v. Josè Rizal).
Poi la storia ha sembrato prendere una sfumatura di mistero a cui però si è rapidamente sovraimposta una storia romantica (sebbene anche qui c'è un tocco di mistero). Come se non bastasse fra queste due è stata inserita una terza storia parallela, ma che al momento non “tange” la principale, che sembra concludersi in un atroce delitto e, di nuovo, con del mistero.
In mezzo a queste storie poi ci sono dei capitoli descrittivi che dipingono tratti di vita quotidiana nelle Filippine del tempo. Interessanti ma fanno perdere ritmo alla storia.
Al momento non so cosa aspettarmi: ci sono queste tre storie che per adesso non si sono ancora fuse insieme e, quindi, non capisco che piega voglia prendere il romanzo.
Molto piacevole, quasi al livello della cena all’inizio del romanzo, è la descrizione dei fedeli alla messa. Anche qui si vede la qualità probabilmente migliore di Rizal: descrivere vividamente vari tipi psicologici, oltretutto con un’ironia tagliente ancora molto attuale.
Come al solito il bersaglio preferito sembra essere la Chiesa cattolica con il suo paternalismo che si sovrappone alla superstizione della popolazione. Frate Damaso, volendo, lo si può paragonare al nostro don Abbondio, entrambi di principi deboli e intelligenza limitata, limitatezza però nascosta da un’erudizione superficiale: si deve però avere l’accortezza di immaginarsi il parroco italiano in una posizione di grande autorevolezza sulla popolazione, ecco che la sua titubante timidezza si trasformerebbe in arroganza e presunzione. È così che “funzionano” queste persone: deboli con i forti e forti con i deboli.
Conclusione: non cosa aspettarmi dalla seconda metà del romanzo: se l’autore riuscisse a svolgere le tre storie che ha introdotto in maniera interessante, facendo in modo che si fondino insieme, potrebbe essere un libro molto piacevole altrimenti, se risolve tutto con un qualche artificio banale, rischierà di sembrarmi incompleto...
L'esempio di Benjamin Franklin
3 ore fa
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