Su FB mi sono imbattuto in una pubblicità della “Commissione Europea” (leggi Von der Leyen, leggi parapoteri economici/finanziari) sulla lotta alle bufale.
Si tratta di questi sei consigli: Stopping online disinformation: six ways you can help su Medium.com
Per curiosità sono andato a leggerlo.
L’introduzione esprime una preoccupazione paternalistica per l’utente che potrebbe venire confuso e sviato dalla "disinformazione": argomenti vaghi e banali che danno per scontato che l’elettore medio sia un cretino suggestionabile, niente di che.
I primi due consigli sono condivisibili: verificare fonte e autore. Anche il quarto è sensato: dice di non fidarsi delle immagini che potrebbero essere false o fuori contesto (e, in prospettiva, lo stesso potrebbe valere per i video).
Il terzo consiglio è invece completamente sballato: in pratica suggerisce di non fidarsi delle informazioni in contrasto con quanto riportato dai media tradizionali, le istituzioni, le autorità e perfino le ONG.
In realtà il problema di fondo è che, almeno su certi temi, sono proprio dette organizzazioni a non essere affidabili: il valore dell’informazione sulla rete è proprio quello di fornire opinioni che vanno contro il pensiero dominante. È quindi profondamente sbagliato usare questo criterio di scetticismo! Nei casi in cui vi fosse una divergenza fra l'informazione "ufficiale" e quella trovata in "Rete", bisognerebbe invece ragionare con la propria testa, ad esempio confrontando i diversi punti di vista e considerando chi ha da guadagnarci negli ipotetici scenari forniti. Se chi ci guadagna maggiormente è un potente allora l’informazione è credibile: ovvero non è detto che sia vera ma andrebbe comunque tenuta in considerazione perché potrebbe esserlo.
Nel mondo di oggi infatti il profitto giustifica tutto e, coerentemente, rende anche plausibile l'informazione.
Il quinto consiglio è interessante: dice di diffidare di quella informazione che desta in noi molti sentimenti negativi. In questi casi bisognerebbe considerare se si tratti di un tentativo di manipolazione psicologica. Mi pare giusto ma aggiungerei anche di diffidare dell’informazione che cerchi di suscitare in noi molti sentimenti positivi: anche questa infatti è probabilmente manipolazione anche se, nel caso non sia ipocrita, ben intenzionata.
Il sesto consiglio non è un consiglio ma un invito alla “collaborazione”: segnalare i pezzi e/o gli autori “sospetti” tramite gli strumenti forniti da ogni rete sociale.
E questo è forse il punto più grave: che garanzie ci sono che le rete sociali sappiano (o vogliano) distinguere fra bufale e opinioni, magari minoritarie, ma legittime? Nessuna: inoltre non c’è poi alcuna trasparenza né si sa niente dei criteri di giudizio adottati.
Al contrario, a mio avviso, alle reti sociali dovrebbe essere vietato censurare qualsiasi contenuto: solo con il consenso di una terza parte (indipendente, trasparente, che adoperi criteri uniformi e oggettivi, motivi e renda pubbliche le proprie decisioni) allora queste potrebbero permettersi di oscurare qualcosa.
Non si può infatti affidare la libertà d’espressione a dei privati, dei giganti della rete: questi hanno degli interessi troppo forti per essere indipendenti. Essi censureranno infatti in base al proprio interesse o a quello di poteri altrettanto forti (magari politici) con cui hanno preso degli accordi sempre e comunque a proprio beneficio.
In pratica quindi, su sei “consigli”, due (il quarto e il sesto) sono completamente fuorvianti; il quinto è incompleto. Diciamo che 2,5 consigli su 6 sono sballati: personalmente mi pare che per questo motivo l'articolo possa essere legittimamente considerato una mezza bufala in quanto contiene informazioni fuorvianti/errate insieme ad altre corrette: pericolo a cui, con involontaria ironia, lo stesso testo accenna nella sua premessa quando fornisce la definizione di disinformazione!
Conclusione: chiaramente c’è qualcosa che non funziona in un sistema dove si chiede a un bugiardo di stabilire cosa sia vero e cosa no!
L'esempio di Benjamin Franklin
9 ore fa
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