Con questo pezzo concludo la serie iniziata con Introduzione (al pezzo) sul fascismo, Fascismo 1, 2, 3 e 4con le mie conclusioni.
Quando iniziai a leggere Fascisti di Giordano Bruno Guerri, Arnoldo Mondadori Editore, 1995 mi ripromisi di rispondere a tre domande che mi stavano particolarmente a cuore: 1. il rapporto fra l'ateo Mussolini e la Chiesa; 2. la definizione di fascismo; 3. come il fascismo abbia preso il potere.
La prima questione è tutto sommato la più semplice.
Originariamente ero molto stupito dal fatto che un ateo dichiarato come Mussolini fosse riuscito a ottenere un vasto consenso in un paese sostanzialmente cattolico: un paese dove ancora oggi esistono sacche di bigottismo religioso ed è quindi facile supporre che nel secolo scorso fossero ancora più numerose...
I motivi sono due:
A. Dall'unità d'Italia il Vaticano si era schierato frontalmente contro lo stato italiano. Addirittura dal 1874 con la Non expedit il Vaticano aveva chiesto agli italiani di non partecipare alla vita politica del paese boicottandone le elezioni nazionali. Tale divieto era stato tolto nel 1919 ma 45 anni sono quasi due generazioni!
Questo significa che tutta una generazione di politici italiani si erano scontrati per tutta la vita, almeno sul piano politico, contro la Chiesa: è facile immaginare che molti intellettuali posti davanti al bivio fra l'essere cristiani o partecipare alla vita politica del paese abbiano optato per la seconda possibilità con la conseguenza di dichiararsi atei.
In altre parole all'inizio del XX i politici dichiaratamente atei dovevano essere piuttosto comuni e anche i cristiani, elettori o no, dovevano essere abituati a essi specialmente se, come Mussolini, di sinistra (*1).
B. Dal 1922 Mussolini compie una politica di rappacificamento col Vaticano (che si concretizzerà nei Patti Lateranensi del 1929) concedendogli molti diritti ed esenzioni e ottenendone in cambio un forte appoggio politico (anche contro i popolari, il partito cristiano di Don Sturzo). È chiaro che se il Papa definisce Mussolini “strumento della Provvidenza” allora anche il cristiano più bigotto sorvola tranquillamente sul fatto che il duce sia ateo!
Sulla seconda questione, ovvero la natura essenziale del fascismo, avevo solo delle idee vaghe: il mio punto di partenza era la definizione di Harari (v. Harari e il fascismo).
Secondo Harari il fascismo non è semplice nazionalismo ma è un'estremizzazione dello stesso: per il fascista il bene della nazione viene anteposto a tutto compresi la famiglia, gli amici e la propria stessa vita; caratteristica precipua del fascismo è poi quella di accentrare il potere, nel XX secolo sotto forma di capacità industriale (*2).
Dalla lettura di Fascisti il fascismo emerge come la religione della nazione con la quale finisce poi per identificarsi: ovvero il bene della nazione equivale al bene del fascismo e viceversa: questa definizione è pienamente compatibile con quella di Harari e la trovo molto convincente.
La devozione che spetta al culto del fascismo deve essere assoluta e questo porta a molteplici conseguenze di cui, ad esempio, la violenza e la repressione delle altre ideologie politiche sono solo alcuni aspetti.
Non ho ritrovato l'accentramento del potere (inteso come capacità industriale) di cui parlava Harari ma il libro che ho letto non analizza il fascismo da un punto di vista economico: certo il fascismo aiutando i grandi industriali (ad esempio eliminando lo sciopero) ne favorisce il rafforzamento ma non mi pare un vero e proprio accentramento diretto, le industrie non passano cioè sotto il controllo dello Stato. C'è invece un accentramento di potere politico che sembra non tollerare le idee diverse da quelle del capo: non solo le altre ideologie vengono represse ma anche all'interno del fascismo le correnti di pensiero alternative vengono scoraggiate. Ma questo non mi pare sia ciò che intendeva Harari.
Al fascismo avevo poi sempre legato l'idea di dittatura e limitazione della libertà. Ma entrambe queste caratteristiche derivano dal pensare fanaticamente al fascismo come a una religione: ovviamente fin quando il fascismo non è al potere esso non sarà una dittatura ma mostrerà solo un'intolleranza, magari anche violenta, contro le altre forze politiche; analogamente la limitazione della libertà deriva dal considerare come bene assoluto tutte le pratiche e le credenze fasciste e male tutto ciò che è estraneo a esse: la conseguenza è che la limitazione della libertà è vista eticamente come una prevenzione che impedisce l'operare il male.
In Fascisti non viene dato molto risalto alle legge razziali del 1938 e non è quindi chiara la loro relazione col concetto di fascismo: esse sembrano più il frutto di una decisione politica, in funzione di una possibile alleanza con la Germania, piuttosto che una inevitabile conseguenza dell'ideologia fascista.
Da questo punto di vista viene in soccorso la teoria di Harari secondo il quale l'aspetto seducente del fascismo è che chi crede in esso vi si trova riflesso: se la propria nazione è la più “importante” (in senso lato) del mondo allora lo sono anche i suoi abitanti; quindi, se la sua popolazione ha una certa uniformità etnica, allora il passaggio a considerare coloro che non vi appartengono come meno “importanti” è breve e facile. Penso si possa concluderne che il razzismo non è intrinsecamente legato al fascismo ma che il secondo sia “predisposto” al primo, cioè sia facile che il fascismo divenga razzista.
La risposta alla domanda su come sia avvenuta la scalata al potere del fascismo è molto più ardua: soprattutto perché io non l'intendo come un semplice riassunto degli eventi (descritti in Fascismo 4), che sarebbe sterile e vuoto, quanto piuttosto una distinzione e comprensione fra le tendenze storiche, di fronte alle quali il singolo uomo è sostanzialmente impotente, che spingevano verso il fascismo e le specifiche contingenze, i momenti dettati dal caso in cui anche una sola parola pronunciata diversamente può fare la differenza fra un risultato e il suo opposto.
In realtà la distinzione fra tendenze e contingenze non è sempre così netta: in alcune tendenze vi sono aspetti di contingenza e certe contingenze sembrano risultati, prima o poi inevitabili, di alcune tendenze. Per questo ho aggiunto una categoria intermedia detta “Contingenze generali”.
Vediamo quindi tutti i fattori che hanno contribuito all'ascesa del fascismo in Italia dividendoli per “Tendenze”, “Contingenze generali” e “Contingenze specifiche”.
Tendenze:
- Reazione al socialismo/comunismo: gli estremismi causano delle reazioni opposte e questo è evidentemente vero anche in campo ideologico: l'estremismo di sinistra partorì l'estremismo di destra.
- XIX secolo: nazionalista e colonialista: l'Europa e l'Italia arrivavano da un XIX secolo nazionalista (vedi il Risorgimento in Italia) e colonialista (sebbene più in Europa che in Italia): c'era quindi nel popolo italiano una sorta di predisposizione ad accogliere l'esaltazione della patria e all'uso imperialista della forza militare.
- Parte della società non rappresentata dai partiti tradizionali: una larga fascia della società, la piccola borghesia, non è rappresentata dai partiti tradizionali troppo schierati dalla parte dei grandi industriali. Contemporaneamente non si riconosce, e anzi teme, l'estremismo dei socialisti.
- Crisi economica e di valori: negli anni seguenti la prima guerra mondiale la crisi economica è forte ed entrano in crisi la fede nel benessere portato dal progresso. Come spiegato nell'epitome ([E] 5.1) questo innesca una maggiore propensione al rischio del cambiamento nella società.
- Violenza in politica tollerata: In Italia la violenza politica era percepita come normale e tollerata. La conseguenza è che solo in tale contesto un partito avrebbe potuto usare sistematicamente la violenza come arma politica.
Contingenze generali:
- Conseguenze prima guerra mondiale: oltre ad accentuare la crisi economica (vedi sopra) la grande guerra creò un gran numero di reduci per i quali il valore della patria, per la quale avevano rischiato la vita, era precipuo ([E] 3.4).
- Abilità politica di Mussolini: l'accordo con il Vaticano fu decisivo per cementare il potere del fascismo.
- Re debole e incerto: il re, in almeno un paio di episodi chiave, si dimostrò incerto e scarsamente lungimirante: preferì non rischiare anche quando sarebbe stato necessario farlo.
- Politici liberali mediocri: il partito liberale rimase indietro coi tempi e non riuscì a cogliere e soddisfare le nuove aspettative di una parte considerevole della popolazione.
Contingenze specifiche:
- Accordo elettorale di Giolitti nel 1921: l'errore di calcolo di Giolitti, che in pratica resuscitò un fascismo morente portandolo alla ribalta del parlamento, è a mio avviso il singolo episodio più determinante.
- Marcia su Roma: in parte frutto dell'abilità politica di Mussolini che riuscì a tranquillizzare re e liberali sulle sue intenzioni, in parte permesso della debolezza del re, che non fece intervenire l'esercito, e dalla miopia dei politici liberali.
- Omicidio Matteotti: le opposizioni non seppero sfruttare il momento a proprio favore: probabilmente decisivi furono anche: 1. il re che difficilmente non avrebbe usato l'esercito contro un'insurrezione socialista/comunista; 2. l'appoggio della Chiesa al fascismo e contro i popolari.
- Discorso del 3 gennaio del 1926: qui Mussolini giocò il tutto per tutto e grazie alla sua abilità politica riuscì a convincere re e liberali a non intervenire. Da quel momento in poi l'ascesa del fascismo fu incontrastabile e solo la disfatta militare ne causò il crollo.
Ora non voglio entrare nei dettagli che richiederebbero un'analisi troppo lunga.
Voglio però evidenziare un particolare molto significativo: una delle tendenze che ho evidenziato è quello di una fetta significativa della popolazione che non si riconosce né nei socialisti né nei partiti tradizionali come i liberali. Queste persone avrebbero potuto probabilmente essere perfettamente rappresentate da un partito come i popolari di Don Sturzo: è per questo che l'alleanza fra Mussolini e Vaticano fu così importante. Il più grande pericolo per il fascismo non erano i socialisti: troppi elementi della società erano contrari e temevano una vittoria del socialismo in Italia. Al contrario i popolari, con i loro principi cristiani, avrebbero potuto imporsi e rubare consenso al fascismo.
Mussolini fu abile a sfruttare il timore del re e nella borghesia verso il socialismo facendosi considerare, in momenti critici per la storia del paese, come il “male minore”.
Conclusione: sono soddisfatto. Mi pare di aver risposto adeguatamente alle domande che mi ero posto e che mi stavano a cuore. Non credo però che tornerò sull'argomento (*3) se non per affrontare una questione di attualità: ovvero l'accusa di fascismo a Salvini e alla Lega.
Nota (*1): forse vale la pena ricordare che Mussolini nacque come socialista e, addirittura, diresse il quotidiano “Avanti!”.
Nota (*2): mentre nel XXI si tratta di informazione e nelle epoche passate di espansione territoriale.
Nota (*3): beh, in verità adesso mi è venuta una certa curiosità per capire similarità e differenze tra fascismo e nazismo e su come Hitler abbia raggiunto il potere.
Un giorno ci pagheranno le pensioni...
58 minuti fa
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