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domenica 23 settembre 2018

Veneziani e fiorentini

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.0.0 "Bennata").

Ho tentato di comprimere questo pezzo il più possibile per farci un corto ma non mi è riuscito e mi seccava lasciare fuori tante considerazioni e spunti che mi sembravano interessanti: e così lo riscrivo da capo senza limiti di spazio. Buffa la relazione fra limiti di spazio e di idee: ad esempio.

Ricordo che Marcello Veneziani me lo “presentò” mio zio negli anni '90 come un interessante giovane giornalista di “destra”, che non aveva paura di cantare fuori dal coro e dallo stile brioso ed efficace. Anche a me piacque subito e così, quando andavo a trovare mio zio, cercavo e leggevo con piacere i suoi articoli...
Poi andai in Olanda e, onestamente, me ne dimenticai e non ci pensai più.

Qualche giorno fa ho però rivisto il suo nome su Twitter (mi pare che Bagnai ne avesse rilanciato un cinguettio) e, studiandone il profilo, ho scoperto che ha un proprio sito: www.MarcelloVeneziani.com

Così oggi sono andato a leggerne alcuni articoli: il suo stile non mi è più sembrato innovativo come quasi vent'anni fa, ma non è lui a essere cambiato piuttosto sono altri ad averlo imitato (*1), però ha ancora il pregio di avere sempre idee e punti di vista non solo originali ma anche profondi.

Ad esempio ormai tutti scrivono di populismo e ne danno le più variegate spiegazioni: un ventaglio di interpretazioni molto ampio che spazia da rigurgiti di fascismo/razzismo a reazione al malgoverno della sinistra. Ovviamente in tutte (o quasi) queste spiegazioni c'era sempre qualcosa di vero ma, a mio avviso, veniva mancata l'essenza più profonda dell'origine del populismo.
Nella mia Epitome dedico l'intero capitolo 12 alla comprensione dell'attuale fioritura dei populismi: le mie argomentazioni partono col sottocapitolo 12.1 intitolato “La senescenza della democrazia” da cui deriva l'impoverimento della gran parte della popolazione che quindi ([E] 12.2) va “Alla ricerca di alternative” che infine trova nei ([E] 12.3) “Populismi” che poi, nel resto del capitolo, continuo a classificare e analizzare nel dettaglio.

Eppure Veneziani nel suo articolo Media contro popolo (del 14/9/2018), che come si intuisce dal titolo parla di tutt'altro, fornisce una mirabile sintesi della nascita dei populismi che ricalca e riassume perfettamente quanto da me scritto nell'Epitome: «Il populismo non è la malattia della democrazia ma la risposta, magari inadeguata, alla democrazia malata». Definizione che, ovviamente, condivido al 100%!

Un altro esempio della non comune profondità delle idee di Veneziani si trova sempre nel sullodato articolo. Il giornalista, dopo aver spiegato che la crisi dei media è dovuta alla faziosità e alla scarsa qualità fornita dagli stessi, si chiede perché allora i pochi buoni giornali non abbiano invece successo. Ci avevo già pensato anch'io osservando che “Il fatto quotidiano” comunque arranca indipendentemente dal successo elettorale di M5S e Lega.
La risposta a mio avviso è semplice: la crisi dei media tradizionali, soprattutto di quelli cartacei, è tecnologica. Perché devo pagare per avere le notizie del giorno prima quando posso leggere gratuitamente quelle di oggi in rete? Certo se gli articoli dei quotidiani fossero degli approfondimenti equilibrati, oggettivi, interessanti e ben fatti, magari delle inchieste serie e scomode, allora ci sarebbe un incentivo al loro acquisto ma attualmente non mi pare che ne valga assolutamente la pena. E il progresso continua a giocare contro i quotidiani cartacei: fino a qualche anno fa chi lavorava fuori casa tutto il giorno poteva magari comprarsi al mattino il giornale per leggero durante la pausa pranzo ma adesso con i telefonini intelligenti si ha sempre un calcolatore a propria disposizione e, di nuovo, accedere a Internet è la soluzione più semplice...
A mio avviso poi l'aver cercato di sostenere artificialmente la stampa ha ostacolato la sua evoluzione qualitativa e li ha trasformati in organi di partito con la conseguenza di diminuirne ulteriormente la credibilità e di ridurne quindi il pubblico. Sono perciò contrario a ogni forma artificiosa di sostegno economico alla stampa: meglio avere meno testate ma migliori che tante ma tutte scadenti.

Conclusione: nel complesso un piacevole tuffo nel passato che mi insinua però qualche domanda sull'origine di alcune mie idee. Non è che magari il giovane Veneziani ha piantato nella testolina di KGB i semi che hanno portato ai frutti attuali?

Nota (*1): suppongo che, nel tentativo di accaparrarsi i pochi lettori, uno stile vivace sia più efficace.

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