Era da un po' che non proseguivo a sviluppare questa serie: in realtà me ne ero solo dimenticato perché gli spunti forniti dalle Operette morali sono numerosissimi...
Inizio con un concetto che mi sta particolarmente a cuore e sul quale ho scritto il pezzo 4 aneddoti e una domanda. Per stimolare l'ingegno del lettore riporto prima di commentarlo il seguente frammento dove il Leopardi elenca le difficoltà che l'aspirante scrittore in cerca di gloria si troverà ad affrontare «Ma le difficoltà che nascono dalla malizia degli uomini, essendone stato scritto abbondantemente da molti, ai quali potrai ricorrere, intendo lasciarle da parte. Né anche ho in animo di narrare quegl'impedimenti che hanno origine dalla fortuna propria dello scrittore, ed eziandio dal semplice caso, o da leggerissime cagioni: i quali non di rado fanno che alcuni scritti degni di somma lode, e frutto di sudori infiniti, sono perpetuamente esclusi dalla celebrità, o stati pure in luce per breve tempo, cadano e si dileguano interamente dalla memoria degli uomini; dove che altri scritti o inferiori di pregio, o non superiori a quelli, vengono e si conservano in grande onore.» E in seguito aggiunge «...ma io reputo che la fama degli scrittori ottimi soglia essere effetto del caso più che dei meriti loro...»
Il Leopardi non approfondisce l'argomento ma lo riassume così bene che mi pare inutile aggiungere altro...
Nello stesso capitolo, Il Parini ovvero della gloria, c'è un altro concetto molto interessante: le persone in grado di apprezzare un capolavoro sono pochissime perché per farlo è necessaria una preparazione non comune. Solo queste poche persone altrettanto esperte nell'arte dello scrivere (ma personalmente ritengo che questo concetto si possa generalizzare in molti altri campi) sono capaci di capire le difficoltà e fatiche affrontate. Scrive il Leopardi: «...appena due o tre sono oggi in Italia, che abbiano il modo e l'arte dell'ottimo scrivere. Il qual numero se ti pare eccessivamente piccolo, non hai da pensare contuttociò che egli sia molto maggiore in tempo né in luogo alcuno.»
Per questo diffido delle mode e ciò che piace a tutti mi insospettisce. Al contrario cerco di non farmi influenzare dalle opinioni altrui e di essere pronto ad apprezzare anche ciò che è poco conosciuto. Penso alla ricerca di gruppi su Youtube ma in realtà il mio è un atteggiamento di apertura mentale che cerco di mantenere in tutto ciò che faccio...
Non per nulla Leopardi continua su questa mia stessa linea di pensiero e aggiunge «In vero io mi persuado che l'altezza della stima e della riverenza verso gli scrittori sommi, provenga comunemente, in quelli eziandio che li leggono e trattano, piuttosto da consuetudine ciecamente abbracciata, che da giudizio proprio e dal conoscere in quelli per veruna guisa un merito tale. E mi ricordo del tempo della mia giovinezza; quando io leggendo i poemi di Virgilio con piena libertà di giudizio da una parte, e nessuna cura dell'autorità degli altri, il che non è comune a molti; e dall'altra parte con imperizia consueta a quell'età, ma forse non maggiore di quella che in moltissimi lettori è perpetua ricusava fra me stesso di concorrere nella sentenza universale; non discoprendo in Virgilio molto maggiori virtù che nei poeti mediocri. Quasi anche mi meraviglio che la fama di Virgilio sia potuta prevalere a quella di Lucano.»
E fortuna per il giovane Leopardi che il professore d'italiano del liceo non lo costrinse a sorbirsi i Promessi sposi! Vedi W il divorzio...
Sempre in questo piacevole capitolo c'è un'ennesima sfaccettatura del problema: scrive il Leopardi «...gli scritti eloquenti o poetici, di qualsivoglia sorta, non tanto si giudicano dalle loro qualità in se medesime, quanto dall'effetto che essi fanno nell'animo di chi legge.» Da questa considerazione discende che i “tardi e freddi di cuore”, anche se dotati di grande intelligenza, non sono in grado di apprezzare tali scritti e anzi, non riuscendo a comprenderli pienamente finiscono per disprezzarli! Per motivi analoghi sia i giovani che gli anziani non possono essere giudici attendibili perché i primi hanno lo spirito troppo acceso e i secondi troppo spento.
In generale questo è probabilmente vero ma esistono anche delle eccezioni sia fra i giovani che fra gli anziani: quanto siano significative però non lo so dire...
Mi ha colpito poi l'antipatia del Leopardi per le grandi città, nelle quali pure vede dei meriti: secondo lui, la vita troppo caotica distrae dai pensieri più elevati...
«Perciocché poche cose sono tanto contrarie a quello stato dell'animo che ci fa capaci di tali diletti [apprezzare le bellezze della natura e delle lettere], quanto la conversazione di questi uomini [gli abitanti della città], lo strepitio di questi luoghi, lo spettacolo della magnificenza vana, della leggerezza delle menti, della falsità perpetua, delle cure misere e dell'ozio più misero, che vi regnano.»
Da parte mia non sono sicuro di essere d'accordo: la sensibilità per apprezzare e guardare il mondo con il cuore mi pare una caratteristica interiore innata. Magari la città potrebbe non stimolare questa natura ma mi riesce difficile credere che possa spegnerla completamente.
Mi diverte cercare di immaginare cosa penserebbe il Leopardi del palinsesto della RAI per il quale si potrebbe adattare facilmente le sue parole, ad esempio: «Perciocché poche cose sono tanto contrarie a quello stato dell'animo che ci fa capaci di tali diletti [apprezzare le bellezze della natura e delle lettere], quanto la conversazione di questi uomini [dei talk show e reality], lo strepitio di questi dibattiti politici, lo spettacolo della magnificenza vana, della leggerezza delle menti, della falsità perpetua [i telegiornali...], delle cure misere e dell'ozio più misero [giochi a premi tipo l'Eredità...], che regnano nella tivvù»!
Sono giunto a circa metà delle mie note: questo significa che, più o meno, altre cinque puntate di questa serie aspettano i miei (pochi) lettori. Bene o male? Se qualcuno ha voglia di farmelo sapere sarei curioso di scoprirlo...
L'esempio di Benjamin Franklin
8 ore fa
Nessun commento:
Posta un commento