Nel 2018 iniziai un esercizio che si prefiggeva di considerare più genocidi per trarne delle riflessioni più generali sulla loro natura.
All’epoca (Il giorno della memoria) scrissi: «Ieri ho scoperto che il giorno della memoria non è dedicato, come credevo, al ricordo di tutti i genocidi ma specificatamente alle vittime dell'Olocausto.
Ciò che si dice sull'importanza della memoria è certamente vero: solo imparando dal passato si può evitare di ripeterne gli errori.
Ma la memoria, come la verità, per essere pienamente efficace non può essere troppo selettiva: se si perde il contesto allora la verità si inaridisce e diviene dogma; qualcosa di ripetuto pedissequamente ma non realmente compreso.
Per questo motivo se vogliamo imparare veramente dal passato è bene ampliare i nostri orizzonti e considerare anche altri genocidi. Paradossalmente questo lavoro di osservazione migliorerà la nostra comprensione anche dell'Olocausto e, soprattutto, ci permetterà di individuare similitudini fra queste stragi di massa. Questa comprensione è l'elemento fondamentale per imparare dal passato.»
Sì, nonostante siano passati 6 anni sono ancora d’accordo con me stesso: se si vuole realmente imparare dal passato non ci si deve limitare a un singolo episodio storico ma si devono comparare e confrontare fra loro più casi diversi. Solo in questa maniera sarà possibile riconoscerne gli aspetti caratterizzanti e, in poche parole, imparare realmente dal passato.
Negli ultimi sei anni (con l’esclusione del 2022) ho analizzato cinque diversi “genocidi”:
- Genocidio dei circassi → Il giorno della memoria
- Genocidio del Ruanda → Il giorno della memoria 2
- Genocidio della Cambogia → Il giorno della memoria 3
- Genocidio in Bosnia → Il giorno della memoria 4
- Genocidio dei nativi americani → Il giorno della memoria 5
Dopo aver “studiato” questi 5 esempi credo che sia giunto il momento di cercare di trarre qualche conclusione più generale.
Prima di tutto la definizione di “genocidio”, come tutte le definizioni, ha degli elementi di arbitrarietà: io però la definirei come “la volontà di uccidere, non importa se direttamente o indirettamente, una percentuale significativa di una certa parte di popolazione che si distingue dal resto per etnia, religione, classe sociale, politica e/o differenze culturali”.
Esaminiamo i singoli aspetti di questa definizione:
- “Volontà di uccidere”: è fondamentale. Come nel caso dei singoli, in base alla volontà si distingue fra omicidio colposo e volontario, così nel caso di moltitudini di persone si passa da tragedia a genocidio vero e proprio.
Dei casi che ho esaminato, penso che nel 5° (nativi americani) non si possa parlare di genocidio perché, sì, ci poteva essere razzismo fra i coloni europei, ma è mancata una chiara volontà di sterminare gli indiani. Quando questa volontà vi è stata era limitata a individui che hanno portato a singoli massacri ma non genocidi. Una percentuale significativa della popolazione indigena morì a causa delle nuove malattie arrivate con i coloni europei ma in questo caso mancò la volontà di uccidere.
- “direttamente o indirettamente”. In alcune circostanze non si uccidono direttamente i membri di un particolare gruppo ma si creano delle condizioni tali che ne provocano comunque la morte.
Dei casi che ho esaminato, il 1° (circassi) l’esercito russo non uccise direttamente la popolazione ma la forzò a fuggire dalle proprie terre per rifugiarsi nell’allora impero Ottomano. Si stima però che gli stenti della fuga provocarono fra il 90 e il 97% di morti fra la popolazione circassa.
- “percentuale significativa”. Se le vittime non rappresentano una percentuale significativa della popolazione si hanno dei massacri ma non dei genocidi.
Per esempio, nel 4° caso (Bosnia) vi è stato un massacro ma non genocidio.
- “parte della popolazione”. Non sempre la popolazione vittima è una minoranza, talvolta può rappresentare numericamente la maggioranza: come vedremo in seguito ciò che fa la differenza è la forza. Il genocidio è possibile solo se una parte è notevolmente più forte dell’altra altrimenti il pericolo di rappresaglie significative lo rende impraticabile.
- “etnia, religione, classe sociale, politica e/o differenze culturali”. Le caratteristiche della popolazione vittima che la contraddistinguono possono essere molteplici.
Per esempio: culturale/etnica/religiosa per i circassi, etnica nel Ruanda, politica/sociale in Cambogia.
Da questa mia definizione io considero genocidi quelli del Ruanda, dei circassi e della Cambogia; massacri gli episodi in Bosnia e tragedia quella dei nativi americani.
L’altro mio intento era quello di individuare gli elementi che rendono possibile un genocidio. Qui ho creato una lista che però potrebbe essere incompleta.
1. Debolezza minoranza: la popolazione vittima è una minoranza non necessariamente numerica ma sicuramente è molto più debole della parte che uccide.
2. Politica: i singoli non sono in grado di organizzare un genocidio ma è necessaria una grande struttura che, in genere, si identifica con un governo (Cambogia, Ruanda, governo russo nel caso dei circassi).
3. No rappresentanza: la parte vittima è in genere non rappresentata o scarsamente rappresentata nel governo politico che poi coordinerà il genocidio. Sottolineo che non si ha rappresentanza se non si è abbastanza forti e, talvolta, non si è forti solo perché non si ha rappresentanza.
4. Fanatismo: com’è possibile arrivare agli orrori di un genocidio? È necessario del fanatismo che renda gli esecutori veri e propri delle morti dei fanatici: può essere un’ideologia politica (in tal caso vi è spesso una figura forte ispiratrice che elimina l’opposizione: per esempio Pol Pot), può essere la religione etc.
5. Pseudogiustificazione: collegata al punto precedente vi deve comunque essere una pseudogiustificazione (“pseudo” perché non vi può essere nessuna ragione in grado di giustificare un genocidio) per placare l’inevitabile dissonanza cognitiva in coloro che uccidono degli innocenti: può essere razziale, religiosa, ideologica. L’altro viene visto come “inferiore/subumano”, “superfluo”, “pericoloso/dannoso”. La pseudogiustificazione è quella che viene fornita alla popolazione maggioritaria specialmente quando sia necessaria la cooperazione di questa al genocidio.
6. Scopo reale: in alcuni genocidi la popolazione maggioritaria (più forte) può non essere coinvolta direttamente nelle uccisione: è il caso del genocidio dei circassi che fu provocato dall’esercito russo ma non dalla popolazione russa. In questo caso il genocidio è frutto di una decisione politica e spesso la sua giustificazione è, almeno nel mondo moderno, economica. A volte scopo reale e pseudogiustificazione possono essere entrambi presenti ma di diverso contenuto
In “Collasso” di Diamond vi è un capitolo sul Ruanda: secondo l’autore un elemento fondamentale che portò al genocidio fu l’esaurimento delle risorse ambientali che non erano più sufficienti a sostenere l’altissima densità di popolazione del paese.
Io ancora non so bene come considerare questo fattore: di sicuro non era un fattore negli altri genocidi che ho esaminato (quindi non è un elemento necessario). Forse lo si potrebbe integrare in una variante del punto 6 qui sopra: una causa che, inconsciamente, infiamma gli animi e porta all’abbrutimento gli uomini facendo loro dimenticare ragione e coscienza.
C’è da aggiungere che il genocidio spesso si confonde con la guerra: sia verso altri popoli che civile. Di sicuro la guerra può facilitare e nascondere, almeno temporaneamente, dei genocidi.
Conclusione: il prossimo passo su cui ragionare è, considerato l’elenco di fattori che rendono possibile i genocidi, che cosa si possa fare per prevenirli e magari, riconoscendoli in tempo, impedirli.
Sicuramente questo esercizio, nonostante lo trovi faticoso e spesso nauseante, mi pare molto utile e cercherò di portarlo avanti in futuro aggiungendo altri genocidi o presunti tali alla mia analisi.
Se lo scopo del giorno della memoria è quello di imparare dagli orrori del passato allora è così che si dovrebbe fare.
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