Domani mattina non so se farò in tempo a scrivere un pezzo e, sicuramente, nei giorni seguenti non potrò farlo rimanendo senza calcolatore: insomma questo potrebbe essere il mio ultimo pezzo per una decina di giorni…
Oggi ho fatto una passeggiata “portandomi dietro” un nuovo rompicapo: due prigionieri perfettamente logici sono rinchiusi in due celle separate in una torre. Il primo vede 12 alberi dalla sua finestra verso nord, il secondo ne vede 8 dalla sua finestra verso sud. Entrambi sanno che, fra tutti e due, vedono tutti gli alberi intorno alla torre e che nessun albero è visto da entrambi contemporaneamente. La guardia chiede al primo prigioniero se gli alberi del giardino intorno alla torre sono 18 o 20: se il prigioniero risponde correttamente lui e il suo compagno vengono liberati altrimenti entrambi vengono uccisi. Se il primo prigioniero preferisce non rispondere allora la guardia ripete la stessa domanda al secondo prigioniero con le stesse regole esposte in precedenza. Se anche il secondo prigioniero decide di non rispondere allora l’indomani la guardia ripete la stessa domanda al primo prigioniero e così via. Con quale procedimento logico i due prigionieri potranno salvarsi?
Ebbene non l’ho ancora risolto!
Però ricordava che un paio di anni fa avevo provato a risolverlo armato di penna e un foglietto: avevo riempito il foglietto di varie ipotesi e poi, finito lo spazio, avevo lasciato perdere…
Stavolta però non riuscivo a capire che logica vi avessi trovato per fare la catena di ipotesi che vagamente ricordavo: all’epoca la ritenevo un esercizio lungo e noioso ma non particolarmente difficile, stavolta invece non capivo come poter progredire.
Inevitabilmente mi chiedevo se mi fossi istupidito nel corso di pochi anni e non riuscivo a staccarmi dal vago ricordo di un procedimento che non riuscivo a chiarirmi al dubbio sul calo di capacità cognitive.
Come al solito la più grande difficoltà a risolvere questo tipo di problemini sembro essere io stesso!
Dal dubbio che ci sia una soluzione “trucco”, passando dall’ansia di risolverlo alla svelta prima di tornare a casa, non riesco mai a impiegare il cento per cento delle mie capacità. Beh, quasi mai.
In realtà ricordo almeno due casi in cui, per motivi diversi, sono riuscito a dare subito il massimo.
La prima volta per cercare di impressionare (positivamente) una ragazza che mi piaceva.
Ricordo che un collega aveva preannunciato che conosceva un giochino logico molto simpatico: subito io allora accesi tutto il cervello (in genere viaggio con la modalità di “risparmio energetico” attiva, ovvero sono mezzo addormentato!) e mi concentrai al massimo focalizzando tutta la mia attenzione sulle sue parole. Iniziò a spiegare il problema e io contemporaneamente calcolai fra le varie possibilità di domande l’unica che presentava una qualche complessità logica e così, prima che finisse di enunciarlo risposi “due!”. Ovviamente avevo indovinato ma tutti pensarono che sapessi già la soluzione!
E no, non feci colpo sulla ragazza che mi piaceva…
La seconda volta accadde in Olanda: era appena arrivato il mio collega di stanza, un ingegnere portoghese che poi divenne mio grande amico, e mi aveva subito irritato facendo il “bravone” con i nostri capi. Non so se si fosse reso conto della mia irritazione o se semplicemente voleva prendermi le misure ma durante la pausa mensa ci sfidammo proponendoci a vicenda una serie di questo tipo di rompicapi. Anche stavolta ero ben concentrato perché avevo sete di “vendetta”: andò benissimo perché lui non riuscì a rispondere a nessuno dei miei problemi mentre io risolsi tutti i suoi nonostante il poco tempo e che cercasse di mettermi fretta!
Mentre scrivevo mi è tornato in mente anche un terzo aneddoto. In quinta liceo andammo in gita a Roma e la sera la mia classe decise di andare in discoteca: chiaramente invece di accodarmi ne approfittai per stendermi un po’ sul letto dell’albergo dato che la giornata era stata stancante. Ricordo che mi chiesi se era il caso di chiudere a chiave la porta e mi decisi di farlo convinto che tanto mi sarei svegliato subito quando i miei compagni di stanza avessero bussato per rientrare.
Apparentemente ero davvero molto stanco perché fui svegliato da un mio amico che era passato dalla finestra della camera mentre non avevo assolutamente sentito battere alla porta!
Vabbè, questo non c’entra col rompicapo ma mi sembrava divertente raccontarlo: comunque appena svegliato ero tutto vispo e un mio compagno di classe (con cui oltretutto non parlavo mai) ne approfittò per prendere una “Settimana Enigmistica” e leggermi uno di quei problemi con le diverse monete dove c’è da stabilire quante siano per i vari tipi sfruttando le indicazioni fornite.
Ebbene lo risolsi al volo descrivendogli passo passo i vari passaggi e riuscendo a fare a mente calcoli non complessi ma su cui era facile confondersi.
Anche lui non credette che l’avessi risolto sul momento e mi disse che pensava che avessi letto prima la soluzione!
Probabilmente in questo caso fu decisivo il cervello ben riposato e rilassato (senza sensi di colpa per i miei compagni rimasti chiusi fuori dalla stanza!)…
Comunque, mentre pensavo al problema dei prigionieri, non facevo che ripetermi come mi avrebbe fatto comodo un foglio e una penna su cui scrivere le mie note.
Questo mi ha portato a un’intuizione interessante.
Il cervello si adatta per sfruttare il materiale che è abituato ad avere a disposizione: io sono abituato a pensare con carta e penna e do il massimo con carta e penna.
Ma Aristotele, che al massimo avrà avuto una tavoletta di cera, probabilmente si trovava molto più a suo agio di me a riflettere anche su problemi complessi a mente.
Al contrario i giovani di oggi sono abituati a studiare usando il calcolatore: questo fa sì che sviluppino alcune facoltà utili, come per esempio cogliere il significato di tutti gli elementi dell’interfaccia senza sforzo, ma atrofizzandone altre, come (forse!) la memoria: se tutte le risposte si trovano in linea è inutile memorizzarle nel cervello.
Questo a prescindere dall’intelligenza: è una forma di adattamento il cui scopo è quello di far rendere al massimo il cervello col minimo sforzo.
Comunque, tornando al nostro problema iniziale, in verità qualcosa ho scoperto!
Per prima cosa una regola generale da seguire in caso di dubbi sull’enunciato del problema: scegliere sempre l’interpretazione più restrittiva e che quindi dà più informazioni anche a costo di semplificare il quesito: una volta risolto il caso più semplice sarà eventualmente possibile analizzare i casi più complessi.
Per esempio qui mi chiedevo se i due prigionieri sapessero che la guardia fa a entrambi la stessa domanda: il caso più restrittivo è quello in cui la guardia agisce proprio così ed è quindi questa la possibilità da considerare senza perdere tempo con le altre più complesse…
Poi ho deciso di “semplificare” il problema. La persona A vede 4 alberi, la B ne vede 0. La guardia chiede ad A se in totale gli alberi sono 4 o 6. A non risponde e passa. B in questo caso sa che A non ne vede 6 (altrimenti avrebbe risposto 6) e quindi ne deduce che ne vede 4 e allora risponde 4 facendo liberare se stesso e A.
Da notare che se B vedesse 2 alberi allora non potrebbe rispondere e dovrebbe passare ma, proprio per questo, A il giorno dopo potrebbe rispondere 6 e far liberare entrambi!
Secondo me generalizzando questo caso più semplice si può arrivare alla soluzione più generale: ma per generalizzare ho bisogno del mio quaderno, oppure devo essere perfettamente riposato e rilassato, oppure devo voler far colpo su una ragazza oppure voler vincere contro qualcuno!
Conclusione: quaderno e penna è decisamente l’opzione più attuabile...
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