Da qualche giorno sto leggendo “A Hunter-Gatherer’s Guide to the 21st Century” di Heather Heying e Bret Weinstein, (E.) Swift, 2022 e sto iniziando a formarmi un giudizio assolutamente non definitivo.
Come ho accennato in un pezzo precedente gli autori sono una coppia di marito e moglie, entrambi biologi evoluzionisti, che sono stati decisamente bastonati dal sistema: prima non cedendo alle follie più sciocche dell’ideologia “woke” che è costata loro i posti di professori universitari, successivamente denunciando l’approccio antiscientifico (e per accorgersi di questo non vi è bisogno di essere medici!) della gestione della pandemia che è costata loro molte “amicizie”.
Io seguo il loro canale su YouTube DarkHorse Podcast Clips che, ovviamente, è bersagliato dalla censura e dallo “shadow banning”. Sfortunatamente, forse demoralizzati dal costante declino di visioni, ultimamente pubblicano molto meno materiale di prima.
In effetti ho comprato il loro libro anche come forma di supporto non solo morale ma, sebbene molto indirettamente, economico.
Venendo al libro in sé ancora non ho ben capito quale sia il suo argomento!
Credo che l’intento degli autori sia evidenziare i limiti dell’uomo, dovuti alla sua natura psicologica plasmata dall’evoluzione negli ultimi 200.000 anni, nell’adattarsi alla vita moderna che, come tutti sappiamo, è incredibilmente cambiata grazie ai progressi tecnologici nell’ultimo secolo.
Da questo punto di vista c’è una certa sovrapposizione con la teoria della mia Epitome: anche io parto dai limiti psicologici dell’uomo ma poi il mio orizzonte si allarga fino a includere anche filosofia, politica e democrazia.
Al momento sono arrivato a pagina 48 (pagine scritte con un carattere piuttosto piccolo), più o meno a metà del 3° capitolo, ma ho la sensazione di non essere ancora nel vivo dell’argomento centrale vero e proprio.
Comunque fatemi scorrere le mie note per segnalare ciò che più mi ha colpito!
Nell’introduzione il concetto ripetuto più volte è che l’evoluzione sociale degli ultimi decenni (secoli?) ha ampiamente sorpassato la capacità di adattamento biologico della nostra specie.
Credo di aver espresso anch’io questo concetto in diversi pezzi: in effetti è ormai, o dovrebbe essere, un’ovvietà.
Invece il messaggio del primo capitolo è che la peculiare nicchia ecologica umana è la capacità di adattarsi a quasi ogni nicchia ecologica.
Il singolo uomo non saprà fare tutto e anzi avrà solo una sua specialità ma la società, mettendo insieme tutte queste specializzazioni, riesce a raggiungere capacità impensabili anche solo non dico un secolo ma anche appena 50 anni fa!
Non è un concetto nuovo neppure questo: l’ho trovato espresso pari pari da Jung in “Tipi psicologici”…
Poi viene fatta una distinzione fra “cultura” e “coscienza” che non sono sicuro di aver compreso pienamente: il contesto è quello di risolvere problemi e, in questo caso, si usa la cultura per risolvere i problemi già noti mentre la coscienza (forse “consapevolezza”?) per affrontare quelli nuovi.
Sempre nello stesso sottocapitolo ho trovato una buona epigrafe per il mio capitolo [E] 6.5 dove metto in relazione economia e morale. Non voglio divagare parlando delle mie teorie ma mi limito a presentare un’immagine della tabella riassuntiva al mio capitolo.
Aggiornamento 8/2/2024: mi ero dimenticato la tabella!
Ecco cosa scrivono invece gli autori: «Quando i tempi sono buoni, le persone sono riluttanti ad accettare la saggezza antica – la loro cultura. In altre parole, dovrebbero essere relativamente conservatrici. Quando le cose non vanno bene, le persone sono pronte ad affrontare che vengono col cambiamento.» (*1)
In effetti nella mia tabella manca una colonna relativa specificatamente alla cultura (io considero la morale un sottoinsieme della cultura) ma di sicuro è evidente come queste tendenze dipendano dall’andamento economico e, soprattutto, dai suoi riflessi nella società.
Altro fondamentale tema di questo capitolo è come anche la cultura sia al servizio del genoma e come anch’essa si evolva per permetterne la diffusione. Per la precisione considerano la cultura un fattore epigenetico: ovvero un qualcosa che permetta al nostro genoma di esprimersi in una certa maniera esattamente come potrebbe fare un ormone o magari una particolare dieta.
L’esempio (questo in realtà all’inizio del 3° capitolo) è la famosa illusione ottica di Müller-Lyer dove una linea fra frecce convergenti (tipo: >-<) ci appare più lunga di una di pari dimensioni ma racchiusa da frecce divergenti (tipo: <->).
L’illusione ottica è infatti tale solo per le popolazioni industriali abituate a vivere in ambienti dalle linee squadrate: un adattamento del cervello per aiutarci a vivere nel nostro mondo dove la prospettiva funziona in genere in modo opposto all’illusione. Popolazioni primitive infatti non cadano nella trappola di questa illusione ottica. Ma non si tratta di diversità genetica ma culturale (in senso lato).
Io vi vedo anche una certa analogia con quanto scrissi a inizio mese in Alberi, aneddoti e Aristotele: «Il cervello si adatta per sfruttare il materiale che è abituato ad avere a disposizione: io sono abituato a pensare con carta e penna e do il massimo con carta e penna.
Ma Aristotele, che al massimo avrà avuto una tavoletta di cera, probabilmente si trovava molto più a suo agio di me a riflettere anche su problemi complessi a mente.
Al contrario i giovani di oggi sono abituati a studiare usando il calcolatore: questo fa sì che sviluppino alcune facoltà utili, come per esempio cogliere il significato di tutti gli elementi dell’interfaccia senza sforzo, ma atrofizzandone altre, come (forse!) la memoria: se tutte le risposte si trovano in linea è inutile memorizzarle nel cervello.
Questo a prescindere dall’intelligenza: è una forma di adattamento il cui scopo è quello di far rendere al massimo il cervello col minimo sforzo.»
Il secondo capitolo è invece molto divertente!
Viene ripercorsa l’evoluzione umana dalla nascita della vita sulla terra circa 3,5 miliardi di anni fa. Il capitolo non mi pare così necessario all’obiettivo del libro ma è pieno di curiosità:
- siamo dei pesci! In particolare siamo dei pesci che vivono fuori dall’acqua, ovvero i “tetrapodi”.
- i mammiferi sono più imparentati con le stelle marine che con gli insetti!
- gli squali non hanno ossa (ma solo cartilagini).
- metà delle specie di mammiferi sono roditori e un quarto pipistrelli!
Passaggio interessante: «Una chiara tendenza umana è la seguente: via via che i primi uomini collaboravano insieme per riuscire a controllare il proprio ambiente, i loro principali competitori divennero presto divennero gli altri uomini.» (*2)
Questo periodo riflette pari pari il pensiero di Darwin che, più o meno, scriveva che per ogni organismo i rivali più accaniti sono gli altri membri della sua stessa specie perché competono per esattamente le stesse risorse (*3).
Del terzo capitolo, visto che lo sto ancora leggendo, approfitto per non scriverne niente: in realtà ne ho già apprezzato uno spunto molto attuale: il principio di precauzione di Chesterton che in pratica suggerisce di non “giocare” con ciò che non si conosce/capisce completamente.
Esempio mio: immaginiamo che in un universo parallelo al nostro si sviluppi una pandemia che uccide principalmente (98% delle vittime totali) le persone malate con più di ottant’anni (e che probabilmente sarebbero morte di altro nel giro di mesi massimo pochi anni). Viene creata quindi in fretta e furia una nuova medicina completamente rivoluzionaria che per motivi di tempo non è stata sperimentata a fondo e quindi, potenzialmente, potrebbe avere anche delle controindicazioni molto gravi. A chi la dareste? Solo a chi ha più di ottanta anni o a tutta la popolazione?
Ecco, per il principio di precauzione di Chesterton, andrebbe somministrata solo agli ultraottantenni perché per loro il beneficio probabilmente supera il rischio.
Come spiegato la coppia è stata brutalmente osteggiata durante la pandemia per le loro idee scientifiche…
Conclusione: vabbè, un libro al momento interessante col potenziale per diventarlo ancora di più. Non sono pienamente d’accordo con tutto ciò che vi leggo: qua e là ci sono delle idee su cui sono grossomodo d’accordo ma a cui aggiungerei piccole modifiche e/o precisazioni. Mi chiedo se il problema possa essere il fatto che gli autori sono due: io in genere mi immedesimo nel pensiero dell’autore e lo faccio mio, arrivo così a intuire (magari sbagliando!) anche le idee non pienamente espresse: invece in questo caso non vi riesco. Per esempio il secondo capitolo ha poco a che vedere col primo di cui invece il terzo riprende il filo.
Vedremo...
Nota (*1): passaggio tradotto al volo da me tratto da “A Hunter-Gatherer’s Guide to the 21st Century” di Heather Heying e Bret Weinstein, (E.) Swift, 2022, pag. 9.
Nota (*2): ibidem, pag. 36.
Nota (*3): per esempio in Appunti darwiniani del novembre 2022: «[...] la massima competizione che un individuo deve affrontare è con gli altri membri della sua propria razza. Questo perché la nicchia ecologica è esattamente la stessa.»
Il figlio della Concetta
13 ore fa
Bisogna stare attenti quando si dà spazio ai pensieri altrui, è fin troppo facile farsi prendere dalla pigrizia ed accettarli come propri.
RispondiEliminaScrivo così perché negli ultimi tempi mi son reso conto di essere stato (spesso?) vittima del fenomeno contro il quale mi sento di metterla in guardia. Non è impossibile, ma neppure è facile, liberarsene.
Ma, io sia per natura che per tipo psicologico tendo ad avere un pensiero molto indipendente: anche da ragazzino, figuriamoci adesso!
EliminaPiuttosto credo che la difficoltà maggiore sia rimanere aperti alle idee diverse dalle nostre: che non significa prenderle per buone ma valutarle senza pregiudizi ed eventualmente assimilandone gli aspetti migliori o più utili.