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venerdì 24 marzo 2023

Il buon Madison

Stamani, leggendo “The framers’ coup” di Klarman, ero particolarmente entusiasta di una mia intuizione. Adesso, nel pomeriggio, sono un po’ più scettico: era un’intuizione banale, normale o difficile?

Provo quindi a raccontare al lettore l’evoluzione temporale di ragionamenti e intuizioni.

Qualche mese fa leggevo le ultime pagine sulla ratifica della costituzione americana e scrissi il pezzo Cavolina del Nord: la Carolina del Nord (beh, anche il Rhode Island) infatti ratificò la costituzione dopo che questa era entrata in vigore e Washington già eletto primo presidente degli USA.
In particolare evidenziai questa mia considerazione: «Detto questo penso che il voto negativo della Carolina del Nord fu comunque utile per un altro motivo. Molti stati avevano ratificato la costituzione allegandovi “suggerimenti” su varie deficienze soprattutto di natura democratica. Queste “difficoltà” avrebbero dovuto essere risolte dalla prima legislatura con opportune integrazioni (la carta dei diritti, “Bill of rights”). Ecco: credo che l’atteggiamento di attesa alla finestra della Carolina del Nord dovette essere un forte incentivo per realizzare concretamente le modifiche promesse. Altrimenti gli USA si sarebbero trovati senza un “pezzo” e che sarebbe stato difficoltoso da gestire: trovo difficile ipotizzare una guerra di conquista (sebbene fosse stata velatamente minacciata) ma la Carolina del Nord isolata e da sola avrebbe potuto tornare nell’orbita del Regno Unito; insomma sarebbe stata un grosso problema.»

Da qualche giorno sto leggendo proprio l’ultima parte del libro sugli emendamenti alla costituzione (“Bill of rights”) ed ero curioso di scoprire se avrei trovato conferma alla teoria sullodata.

Il capitolo in questiona non anticipa niente ma si concentra su Madison, il principale artefice della costituzione. Inizialmente Madison è contrario a qualsiasi emendamento: la costituzione americana infatti enumera i poteri delle istituzioni che, di conseguenza, non se ne possono arrogare altri. Se, per esempio, il governo non ha il potere di legiferare sulla libertà di culto allora a che pro proteggerla con uno specifico emendamento?

Personalmente non sono d’accordo con Madison: lui ragiona nell’ottica che tutto vada bene e che le istituzioni non degenerino, io invece lo do per scontato. Ecco allora che per me non sono utili ma indispensabili delle protezioni esplicite alle libertà individuali.

La cosa interessante è che Madison non è ottuso e, CREDO (*1), nel giro di un anno prima si convince che sarebbero inutili ma non dannose e, infine, diventa addirittura il loro principale propugnatore.

Al contrario nella prima legislatura, i parlamentari anti federalisti (che vorrebbero gli emendamenti), sono una sparuta minoranza (a occhio circa il 15% forse meno). Parecchi esponenti federalisti invece fanno la voce grossa e dichiarano inutili gli emendamenti con argomentazioni, a mio parere, deboli e arroganti.
L’arroganza di chi ha vinto e sa di avere la forza per imporre la propria volontà; oltretutto dimenticando le promesse fatte in sede di ratifica.
Diceva Aristotele (molto parafrasato!) che è più difficile gestire la pace che vincere la guerra. Non so: forse subentra un meccanismo psicologico che convince chi vince di avere totalmente ragione: e se si ha totalmente ragione non si cerca il compromesso con la minoranza che, di conseguenza, ha completamente torto.

Ma fortunatamente gli USA avevano Madison!
Madison come consigliere di Washington gli scrive il discorso di insediamento dove, appunto, ricorda l’utilità degli emendamenti che non vadano a stravolgere la costituzione.
Lo stesso Madison riesce se non a scrivere almeno a indirizzare fortemente la replica del Congresso dove, ovviamente, fa rispondere che il presidente “ha proprio ragione”!

Le argomentazione di Madison sono tre.
1. una carta dei diritti placherebbe le preoccupazioni della popolazione e dell’opposizione anti federalista.
2. la carta dei diritti comunque non comporta pericoli e, al contrario, potrebbe aggiungere qualcosa.
3. ma soprattutto «[…] una ragione “ancora più forte” per il Congresso di proporre emendamenti, secondo Madison, era di indurre gli stati rimasti fuori, la Carolina del Nord e il Rhode Island, a ratificare la Costituzione e unirsi all’unione. Madison pensava che “è desiderabile, sia da parte nostra che loro, che la riunione avvenga il prima possibile”.» (*2)

Per me è stata una sorpresa perché fino a questo momento non c’era stato il minimo accenno alla questione.

Per capire meglio il mio stupore è forse utile riportare i miei commenti a margine nelle pagine precedenti…
«[KGB] Il fatto che Carolina del Nord alla finestra non sembra impattare su emendamenti» (pag. 569)
«Argomento debole questo della prova» (pag. 569; alcuni federalisti dicevano di considerare emendamenti solo dopo alcuni anni di “prova” della costituzione)
«[KGB] Quante cazzate dicono anche le persone intelligenti! Ma lo sono realmente? Probabilmente no: istruite sì, ricche sì ma senza la necessaria flessibilità intellettuale...» (pag. 570)
«[KGB] La posizione di Madison è di gran lunga quella più strategica e saggia...» (pag. 570; Madison voleva cercare un compromesso anche per rassicurare le opposizioni)
«Anche George Washington, da vero leader, ha il buon senso dato dalla comprensione della natura umana» (pag. 572; Washington era infatti d’accordo con Madison)
«[KGB] Come dice Aristotele è più difficile gestire la pace che vincere la guerra. L’arroganza dei vincitori è sconcertante: come confondono il fattibile col giusto...» (pag. 572)
E finalmente, a pagina 573: «[KGB] Io e Madison, stesso ragionamento!!»

Quindi che dire? La mia intuizione di inizio febbraio era banale, normale o buona?
A me adesso sembra ovvia: ma perché i federalisti dell’epoca non sembravano neppure prenderla in considerazione e ci volle invece l’acume politico di Madison per convincerli del contrario?
Certo io sono aiutato da una prospettiva privilegiata, con tutte le informazioni rilevanti ben chiare in mente… contemporaneamente io ci ho dedicato solo una frazione infinitesimale del mio tempo mentre i vari congressisti ci avranno pensato e discusso insieme per giorni e giorni…

Conclusione: aggiungo che per motivi di climax ho invertito il punto 2 con il 3 e che sbirciando il resto del testo (che ancora non ho letto) vedo già che Madison ripete anche il mio ragionamento sulla maggior sicurezza degli emendamenti. Anzi, cito: «Unlike the position he had taken in some of his earlier writings and speeches on the topic, Madison now conceded that “the abuse of the powers of the general government may be guarded against in a more secure manner [i.e., a bill of rights] than is now done, while no one advantage, arising from the exercise of that power, shall be damaged or endangered by it.» (*3)

Nota (*1): una delle poche pecche di questo libro è che riporta raramente le date e per chi non è esperto del periodo è facile confondere tutto insieme!
Nota (*2): mia traduzione al volo di “The Framers’ coup” di Klarman, (E.) Oxford Uniersity Press, 2016, pag. 573.
Nota (*1): ibidem, pag. 574.

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