Il mese scorso ho scritto Lewis Bayly & figli e, pochi giorni fa, la “fiaba” Le due tazze.
Apparentemente i due pezzi hanno poco in comune ma proprio oggi mi sono reso conto che non è così: ho infatti fatto leggere a mio padre Le due tazze, già ben consapevole che non gli sarebbe piaciuto, con l'idea di commentare i suoi giudizi spiegando contemporaneamente il suo modo di ragionare, e questo mi ha portato a nuove riflessioni.
In breve le osservazioni di mio padre su: Le due tazze:
- la storia non ha grande senso
- le tazze non hanno alcun ruolo nella storia
- non ha senso [l'ha ripetuto lui, non io!]
- non si capisce quale voglia essere (e se esista) la morale della favola
- non è divertente perché troppo assurda
- lo scrivere dovrebbe avere lo scopo di comunicare un messaggio ma qui non si comunica niente
- uno psichiatra o uno psicanalista potrebbero trovare molte cose da commentare ma io no.
- un consiglio: cancella questo pezzo dal tuo blog perché tanto nessuno lo apprezzerà...
Sapevo che non gli sarebbe piaciuto e anche il motivo: inizialmente, vedendo che prendevo appunti, si è un po' trattenuto nei suoi commenti ma poi si è sciolto lasciandosi trasportare dal suo brioso umorismo.
Mio padre è una persona estremamente razionale che cerca la logica in tutto ciò che fa. Gli piacciono i gialli dove l'investigatore fa sfoggio delle proprie doti logiche per risolvere i misteri.
Anche le storie devono quindi avere una loro logica per essere apprezzate da lui: sfortunatamente Le due tazze non ha nessuna logica. Da qui essenzialmente derivano i suoi commenti negativi.
Ma davvero questa mia fiaba non ha una logica?
E se la logica fosse invece proprio la sua mancanza di logica?
Non sarebbe “logico” pensare che se io scrivo qualcosa di illogico lo faccio volontariamente?
E se c'è una volontà c'è anche uno scopo e, quindi, una logica. Ma qual è la logica dell'assenza di logica?
È una domanda aperta a cui il mio racconto, mancando di logica, non risponde direttamente ma molte possibili interpretazioni sono comunque possibili e mi vengono facilmente in mente: se la fiaba è una metafora della vita allora la mancanza di una logica la rende più realistica. La morale sarebbe quella che a volte non c'è un senso nascosto da scoprire: talvolta le cose accadono e basta. Oppure potrebbe essere che non tutto è ciò che sembra: la fiaba sembrava dover narrare la storia delle due tazze ma poi di queste in realtà non si parla...
Oppure la fiaba voleva essere un esercizio per la fantasia del lettore: forse egli era chiamato a spremersi le meningi per capire cosa c'entravano le tazze nella storia oppure a immaginarselo di sana pianta...
O magari le tazze sono delle metafore? E se, ad esempio, rappresentassero i seni della geisha? Allora che significato assumerebbe il racconto? Cosa significherebbe la richiesta del samurai di berci del sakè?
O forse la logica c'è e, semplicemente, non siamo in grado di comprenderla e bisogna accontentarsi, oppure la logica davvero non c'è ma bisogna accontentarsi comunque...
Ecco, mentre leggo, non mi aspetto di venire passivamente trasportato dal punto A al punto B, che arrivato in fondo alla storia mi sia consegnato un pacchetto che contenga l'intero significato di ciò che ho letto. Mentre leggo, penso e navigo con la mia fantasia cercando di anticipare ciò che avverrà: non sono solo uno spettatore passivo ma seguo le indicazioni che l'autore mi suggerisce, le giudico e le collego insieme ad altre idee: intuizioni e ispirazioni si susseguono fra loro: vedete anche adesso, mentre scrivo questo pezzo, quante idee mi vengono in mente? Quando leggo mi succede altrettanto... anzi, credo che il mio sia il solo modo per capire veramente il messaggio dell'autore: lo sforzo attivo, non solo di comprendere, ma di andare anche oltre le parole è indispensabile per la comprensione più profonda.
Devo però anche ammettere che a me l'idea di una storia priva di senso non mi irrita, non mi lascia un fastidioso senso di attesa tradita, com'è successo a mio padre con la mia fiaba, ma anzi mi diverte: mi piace il contrasto fra la cura (che credo traspaia) con cui scelgo le parole e costruisco le frasi e la relativa mancanza di logica. E trovo molto divertente che in un racconto intitolato “le due tazze” si parli di tutto tranne che di queste...
Forse in questa assenza ci percepisco più di quanto non vi sia: ci intravedo delle potenzialità; vi colgo la logica della non logica; la futilità delle aspettative e, forse, della vita; è un'assurdità di cui intuisco un senso nascosto anche se magari sul momento questo mi sfugge...
La cosa buffa, di cui solo adesso mi sono reso conto, è la somiglianza fra Lewis Bayly & figli e Le due tazze nella comune mancanza apparente di logica: la differenza è che il primo pezzo aveva in realtà un suo significato ma lo ho poi esplicitato solo successivamente in Ancora sui Paget, mentre il secondo è effettivamente fine a se stesso.
Credo che questa idea della “non logica” anticipata per caso in Lewis Bayly & figli mi sia rimasta a ronzare nella testa, almeno inconsciamente, e che l'abbia poi esteriorizzata attraverso la fiaba.
C'è poi da dire che Le due tazze ha anche il marcatore “Esoterico”: questo significa che alcune idee (in questo caso MOLTE battute) sono comprensibili solo da alcune persone. Per esse la fiaba ha ovviamente dei significati aggiuntivi che però, in questo contesto, non ci interessano.
È strano però come da una parte io cerchi risposte (vedi la mia epitome) e da un'altra non mi infastidisca l'incongruenza della non logica. Forse il motivo è la consapevolezza che il non vedere una logica, il non comprenderla immediatamente, non significa che questa non esista ma è anzi uno stimolo a rifletterci e indagare.
Conclusione: forse dovrei un po' investigare, chiedendo in giro l'opinione di altre persone sulla mia strana fiaba. Forse... ma in realtà non mi interessa: io scrivo per me e non ricerco l'approvazione dei miei lettori (altrimenti pubblicherei meno pezzi di storia e molte più foto di gatti!) e comunque chi doveva capire quel pezzo l'ha capito, apprezzato e, anzi, trovato molto divertente...
Conclusione 2: cosa penserebbe mio padre di questo pezzo? Credo che non lo capirebbe: alcuni concetti sono troppo elusivi: lui è concreto e vorrebbe sempre la perspicuità assoluta: vorrebbe essere portato dal punto A al punto B e se invece da A lo porto a metà del cammino dicendogli “ecco da qui puoi raggiungere B ma anche C, D, E ed F: vai dove preferisci!” non ne sarebbe soddisfatto. Tutte queste potenzialità non lo interessano. Beh, ovviamente questo lo penserebbe ma, venendo tirato direttamente in ballo nel pezzo, si fingerebbe superiore ammettendo (e magari contemporaneamente negando con battute ironiche) che “in effetti, da qualche punto di vista, tirando logica e buon senso per i capelli, anche Le due tazze ha un suo senso...”.
Conclusione 3: E che dire del detto sufi “Se senti il suono di zoccoli, aspettati una zebra”?. Anche questa frase è priva di logica? In realtà no: ma non porta neppure il lettore da A a B perché se chi la legge si ferma al suo significato letterale e superficiale allora non ne capisce assolutamente il senso più profondo.
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