Per spezzare la monotonia di questi ultimi articoli sui risultati elettorali pensavo di scrivere un pezzo sull'utilità degli scacchi ma non ce la faccio: continuo a riflettere su cosa sia andato storto.
Anche questa di oggi è una riflessione abbastanza a caldo e, come tale, deve essere presa: in particolare, non è facile attribuire il giusto peso a ogni elemento se non con la prospettiva data dal tempo...
L'argomento che tratterò oggi non è nuovo ed è strettamente legato a una delle contraddizioni del M5S sulla quale, fin dall'inizio (Incongruenza nel M5S del marzo 2013), avevo puntato il dito anche se, lo ammetto, col tempo avevo finito quasi per dimenticarmene.
In questi giorni molti miei conoscenti attivisti non fanno che ripetere quanto sia stupida una (grossa) fascia della popolazione italiana che vota senza capire o sapere: eppure uno dei punti cardine del programma del M5S è la democrazia diretta. Come si fa a conciliare insieme l'idea di far partecipare tutti alle decisioni comuni (democrazia diretta) quando contemporaneamente si pensa che una buona percentuale di persone votino, in pratica, a casaccio?
La risposta “ufficiale” del M5S è che l'obiettivo è informare i cittadini in maniera da renderli consapevoli e capaci quindi di decidere: il problema di fondo è che la maggior parte delle persone non vogliono essere informate. Essere informati richiede uno sforzo: bisogna leggere, riflettere, è necessario perdere molto tempo, porsi delle domande e, persino, rimettersi in discussione (v. Gli intelligenti e onesti del PD±L) rivedendo delle certezze sulle quali, magari da sempre, abbiamo costruito sopra la nostra personalità. Non dovrebbe stupire che molte persone preferiscano non ascoltare.
Qual è però la conseguenza di questo comportamento passivo? La conseguenza è che il loro voto non è basato sui fatti o sul programma ma solamente sull'immagine epidermica che hanno dei diversi politici.
In queste elezioni da una parte c'era Renzi il cui messaggio era del tipo “l'Europa è un bene, è sicurezza, è prosperità, è il futuro. Con me le cose stanno già cambiando in meglio: gli 80€ in più sono solo un piccolo segnale ma è appena l'inizio e poi tutto andrà sempre meglio”. Renzi dava cioè un'impressione di sicurezza e tranquillità.
Dall'altra parte c'era invece Grillo e il suo messaggio era estremamente più complesso: spiegava cosa è veramente l'Europa attuale, chiedeva di riflettere sui pro e contro dell'Euro, sulla ricontrattazione del debito pubblico, sul rivedere le fondamenta delle nostre istituzioni. Non solo: spiegava anche che la realtà è molto peggiore di quello che appare (“siamo falliti nel 2011”) e che, se non si fanno cambiamenti drastici, le cose andranno sempre peggio. Insomma il suo era un messaggio allarmante spesso espresso poi con i toni forti che contraddistinguono l'ex comico: chi non si sforza di capire né ha l'intenzione di farlo, con la complicità poi dei media, ne riceveva un'immagine di paura e incertezza...
Ora, queste persone quale messaggio avranno seguito e votato? Quello rassicurante di Renzi “Va tutto bene, il peggio è passato, già si vedono i primi miglioramenti” oppure quello di Grillo “la nave sta affondando e occorrono misure disperate”?
In conclusione temo che il tentativo di far capire a tutti gli italiani qual è la situazione reale sia un'utopia. In Italia, ma comunque anche negli altri paesi, esisterà sempre una fascia di popolazione più o meno vasta (*1) che non vuol capire né sapere e, con loro, tutti gli sforzi di comunicargli concetti complessi sono sprecati: queste persone costituiscono lo zoccolo ignavo.
È inutile gridargli del pericolo e mostrargli grafici allarmanti perché non ascolteranno né guarderanno: anche se già il fumo rende l'aria irrespirabile e irrita gli occhi, fino a quando le fiamme non gli scotteranno il sedere, preferiranno dare retta a chi, con voce suadente, mormora loro che “tutto va bene” piuttosto che a chi gli urla “al fuoco! Al fuoco!”...
Conclusione: il problema evidenziato oggi rientra nella più ampia problematica della comunicazione. Per un attivista è particolarmente difficile accettare questa realtà perché da una parte si tratta di persone con una forma mentale opposta alla propria (*2) e da un'altra perché questo atteggiamento di non voler sapere è in contraddizione con l'idea della democrazia diretta alla base del movimento.
Con queste elezioni il M5S ha capito qual è il suo zoccolo duro ma, per vincere le prossime, dovrà capire come affrontare lo zoccolo ignavo...
Nota (*1): in base all'istruzione, all'età e al benessere. Più una persona è istruita e più è in grado di comprendere le ragioni altrui; con l'età si assume una rigidezza mentale sempre maggiore; chi sta male è aperto a ogni soluzione per poter stare meglio mentre, chi sta bene, preferisce non cambiare niente per paura di andare a stare peggio. C'è anche da dire che questi elementi vanno combinati insieme: ad esempio è possibilissimo trovare una persona anziana che però, vuoi per un'istruzione superiore vuoi per natura, sia mentalmente molto più ricettiva di un giovane ignorante!
Nota (*2): l'attivista è in genere una persona che, attraverso percorsi personali, è giunto a una consapevolezza maggiore di come funziona la vecchia politica: è una persona che, per esempio, si informa, legge le delibere e i regolamenti del proprio comune e, così facendo, si rende sempre maggior conto di tutte le magagne più o meno nascoste. La sua conoscenza superiore alla media del funzionamento reale della cosa pubblica, soprattutto quando non riesce a comunicarla, viene però vista all'esterno come fanatismo. Anch'io mi confronto spesso con questo problema: è come cercare di spiegare l'immagine di un puzzle mostrando una tessera alla volta. O si cerca di dire tutto insieme, col risultato di non essere chiari, oppure si mostra nel dettaglio un paio di tessere col risultato però che il nostro interlocutore si scoccia di ascoltare non capendo quale sia l'immagine nel suo complesso.
L'esempio di Benjamin Franklin
8 ore fa
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