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venerdì 8 ottobre 2010

Scacchi e poker

Dopo lo sfogo mi sento meglio.
Siccome so che il post precedente, non è stato un gran che piacevole, per lo sfortunato lettore che vi si fosse imbattuto (anche se comunque avrebbe dovuto notare la vignetta “Peso” ripetuta per ben due volte...), cercherò di scrivere qualcosa di più interessante.

Chi mi conosce sa che sono un appassionato di scacchi: sfortunatamente mi sono dedicato al gioco troppo tardi per diventare un forte giocatore (vedi post su scacchi) ma, ciò nonostante, ho potuto apprezzarne molti aspetti per poi applicarli, magari inconsciamente, alla vita di tutti i giorni (di cui per altro gli scacchi sono un'ottima metafora; vedi Detti scacchistici per numerosi esempi).
Recentemente, da maggio di questo anno, ho iniziato a giocare a poker su FB.
Del poker conoscevo vagamente le regole e nemmeno troppo bene (ad esempio non avrei saputo dire cosa valesse di più fra scala, colore e full) ma ero incuriosito dal fatto che molti forti scacchisti abbiano abbandonato gli scacchi per dedicarsi al poker con buon successo.

Un motivo è evidente: nel poker girano molti più soldi che negli scacchi. Quanti di più? Non ho cifre ufficiali ma, ad occhio, il poker è minimo mille volte più ricco degli scacchi.
Basti pensare che al sito più frequentato di scacchi ci sono i media collegati 3500 utenti: nel solo poker di FB, in questo momento, ci sono 329842 utenti...

Così iniziai a giocare chiedendomi quali caratteristiche dello scacchista fossero utili nel poker.
La mia conclusione è che le “virtù” scacchistiche della pazienza, concentrazione e nervi saldi sono estremamente importanti.

Nel complesso però, credo che l'abilità più importante, per il giocatore di poker, sia la capacità di intuire le carte dell'avversario, ovvero il saperne interpretare il comportamento per capire quando ha una mano forte o quando sta solo bluffando.
Gli scacchi, da questo punto di vista, non sono di aiuto: un buon scacchista deve sempre e solo immaginare che il proprio avversario giochi la mossa migliore; non deve assolutamente “fantasticare” che l'avversario commetta un errore. Certo, a volte da un punto di vista pratico, la mossa che dà più probabilità di vittoria è quella meno gradita al nostro avversario indipendentemente dalla sua forza oggettiva, ma nel 99% dei casi, la mossa migliore coincide quella oggettivamente più forte.
Negli scacchi quindi, non esiste (*) l'equivalente del bluff: non si gioca mai una mossa debole perchè, a prima vista, sembra forte per intimorire l'avversario. Questi infatti, dopo il “timore” iniziale, studierebbe la situazione e, trovata la scappatoia, ci punirebbe.

La cosa interessante è che questa mentalità di pianificare la mia mossa, supponendo che il mio avversario faccia del suo meglio per nuocermi, la applico anche alla vita di tutti i giorni. Ovviamente non ho un “avversario” vero e proprio ma una controparte con cui devo dialogare.
La mia mentalità “scacchistica” mi porta a pensare che, se il mio “avversario” dice qualcosa, io devo avere un argomento concreto con cui ribattere altrimenti posso anche dargli “partita vinta”.
Questo perché negli scacchi, come detto, non esiste il bluff.
Da questo punto di vista, il concetto pokeristico che l'avversario può mentire è stata quasi una sorta di rivelazione.

Edited: Per onestà, dopo averci riflettuto un bel po', devo ammettere che la descrizione degli effetti della mia mentalità scacchistica sul mio modo di comportarmi, descritta sopra e nel prossimo esempio, è un po' forzata. È vero che il mio comportamento è influenzato dalla pratica scacchistica ma non esattamente nei termini descritti, decisamente troppo semplificati.

Mi spiego meglio con un esempio concreto: a giugno (circa un mese dopo che avevo iniziato a giocare a poker) mi trovai a dover parlare per telefono con un muratore per stabilire cosa si dovesse fare per risolvere il problema di un'infiltrazione d'acqua sul tetto (non proprio così, ma tiro a semplificare per non fornire dettagli irrilevanti).
Egli mi disse che l'unica soluzione fattibile era, guarda caso, quella più costosa.
Io non ne ero convinto. Normalmente però, applicando la mia mentalità scacchistica, non avrei osato ribattere: dopotutto se il muratore, esperto del suo mestiere, dice che la situazione è in un certo modo, non penserei mai di insistere dicendo che le cose stanno in maniera diversa.
Eppure, sotto l'influsso del poker, e basandomi solamente sulla mia intuizione, iniziai a bluffare, ovvero a insistere proponendo la mia soluzione alternativa molto meno costosa.
Così io insistetti ed egli ribadì che bisognava fare come aveva detto, io continuai a insistere ed egli confermò la sua posizione.
Alla fine io insistetti ed egli “abbandonò” dicendo, con tanti “se”, che si poteva provare a fare come dicevo io!
In questa conversazione telefonica io ci vidi, e tuttora ci vedo, una forte analogia con una mano di poker dove due giocatori alzano sempre più la posta, scommettendo e rilanciando, fino a quando però, uno dei due cede e abbandona.
È interessante il fatto che sicuramente non mi sarei mai comportato in questa maniera se non avessi iniziato a giocare a poker.

Per questo motivo consiglio a tutti di provare a giocare a poker perché questo gioco è una specie di finestra sulla psicologia delle persone.

Nota (*): Ovviamente negli scacchi giocati ad alto livello. Fra i dilettanti può succedere di tutto!

2 commenti:

  1. ...come è andata a finire con il tetto? Adesso hai investito la differenza tra il costo della tua soluzione e quella del muratore in un ombrello molto robusto??? :-)
    FMD

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  2. La questione del post non è cosa poi è avvenuto e se io abbia o meno risparmiato soldi, quanto il mio atteggiamento molto diverso dal solito.

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