Sempre durante la mia “gita” di qualche giorno fa sono stato a pranzo in un self service piuttosto squallido, in un piccolo centro commerciale, alla periferia della città. Locale anonimo, di una catena di ristoranti tutti uguali, che però è riuscito a emozionarmi.
Non sono andato volutamente a cercarlo ma era l'unico posto nelle vicinanze che conoscevo e non avevo assolutamente voglia di prendere la macchina e rituffarmi nel traffico caotico del luogo...
Dopo la laurea ho lavorato un paio di anni per un'azienda locale e, alla pausa pranzo, spesso insieme ad altri colleghi venivamo a mangiare proprio in quel ristorante.
Quando arrivavamo noi era piuttosto tardi e trovare un tavolo abbastanza grande per tutti era sempre un problema. A volte dovevamo dividerci su più tavoli ma in qualche maniera riuscivamo sempre a sistemarci.
Invece, volutamente, per evitare il rischio di incontri che non ero nell'umore giusto di affrontare, ci sono andato molto presto, poco dopo mezzogiorno. Solo qualche tavolo era occupato: gli ambitissimi posti da dove la tivvù era ben visibile.
Ma io ero alla ricerca di vecchi ricordi e quindi, dopo essermi guardato intorno con l'imbarazzo della scelta, mi sono sistemato in un piccolo tavolo laterale da quattro posti.
Piccoli ricordi. Vecchi ormai di una quindicina d'anni. Eppure, una volta seduto, mi sono tornati forti alla memoria antiche parole, sguardi, sorrisi. Non ci ho provato, non mi è venuto in mente, ma se avessi chiuso gli occhi sono sicuro che i ricordi sarebbero stati ancora più nitidi. La confusione tutto intorno e l'intimità del piccolo tavolo. I fantasmi dentro di me mi avrebbero guardato di nuovo in faccia e io ne avrei potuto apprezzare ogni singolo lineamento. Avrei potuto contarne i riccioli illuminati da un raggio di sole e ammirare ogni singola imperfezione della pelle che, di nuovo, mi sarebbe apparsa meravigliosamente perfetta.
Ma non ho voluto indugiare e ho mangiato come faccio sempre: molto, troppo rapidamente; ho dato un rapido sguardo intorno a me, mi sono alzato e sono andato via. Perché i ricordi, anche se piacevoli, a volte riaprono vecchie ferite.
Uscito dal ristorante (al primo piano) mi sono appoggiato alla balaustra e ho guardato i negozi, le scale mobili, le casse del supermercato con occhi diversi. Quando ero entrato ricordavo molti meno dettagli ma, dopo il pasto, ero come ritornato indietro nel tempo. Quante immagini avevo adesso del nostro gruppo che, pigramente, se ne tornava alle macchine! Avrei voluto che ci fosse ancora il distributore di palline di gomma, di quelle che rimbalzano: erano graziose, tutte colorate in maniera diversa. Talvolta ne compravo una: chissà dove sono finite...
La sensazione complessiva è stata quella di un addio. Ho guardato quel brutto supermercato con affettuosa malinconia. La sensazione che non avrò mai più occasione di metterci piede è stata triste e intensa. Tanti cari ricordi vi rimarranno sepolti per sempre: non una lapide non un epitaffio...
Quando me ne sono andato mi sono allontanato velocemente, senza guardarmi indietro.
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