No, non si tratta del mio ultimo racconto ma del sesto capitolo di Democracy in America di Alexis de Tocqueville. Avevo più volte sentito parlare di questo libro dove l'autore, dopo un lungo soggiorno negli USA del 1831, tornato in patria (la Francia) pubblica il primo volume De la démocratie en Amerique dove espone le proprie riflessioni sulla democrazia americana.
In particolare mi avevano colpito degli accenni circa le anticipazioni di Tocqueville sulla vulnerabilità della democrazia ai poteri economici.
Così ho scaricato dal Progetto Gutenberg i due volumi in inglese di Democracy in America. Trattandosi però di due “volumetti” di circa 350 pagine l'uno ho preferito studiare l'indice e provare a leggere solo un capitolo che mi sembrava significativo.
Per questo ho letto il capitolo 6° intitolato What sort of despotism democratic Nations have to fear. Premetto subito che non ho trovato i riferimenti che mi avevano incuriosito (anche se ho speranze di trovarli nel successivo) ma ho comunque trovato una miniera di idee che meritano di essere riportate qui.
Non avendo letto i capitoli precedenti qualche riferimento mi rimane oscuro ma nel complesso il pensiero di Tocqueville è chiaro.
Il potere degli stati moderni è estremamente pervasivo e tocca quasi ogni aspetto della vita quotidiana delle singole persone. Ad esempio nell'antichità il potere dell'imperatore di Roma era assoluto ma si disinteressava, ad esempio, della regolamentazione della vita sociale nelle varie provincie. Il suo potere era fortissimo nelle sue immediate vicinanze ma si indeboliva con la semplice distanza.
Al contrario gli stati moderni anche se non hanno potere di vita o di morte sui singoli cittadini (come aveva l'imperatore romano) hanno però una capacità molto maggiore di influenzare la vita quotidiana. Per Tocqueville se una democrazia dovesse diventare dispotica allora «...avrebbe un carattere più pervasivo [rispetto al dispotismo dell'imperatore romano] e più sfumato; degraderebbe gli uomini ma senza tormentarli.(*4)»
A mio avviso questa è una intuizione estremamente profonda. Nelle pagine successive l'autore entra nei dettagli.
Spiega che la specifica forma di “tirannia” in cui rischia di scivolare la democrazia non si è mai vista in passato e per questo non la si può definire con termini già esistente ma la si può solo descrivere.
La democrazia degenerata sarà caratterizzata da una società dove la maggioranza delle persone è simile: persone impegnate nel loro lavoro, che ricercano i propri piccoli piaceri e gioie quotidiane; in particolare al di fuori della cerchia famigliare e delle amicizie i vari cittadini sono estranei fra di loro (*1). Questo comporta che i cittadini singolarmente sono tutti deboli e senza la capacità di opporsi al potere centrale. Al contrario il potere del governo è vasto e potente. Tocqueville lo descrive così: «È un potere assoluto, puntiglioso, regolare, attento e sfumato. Sarebbe simile all'autorità di un genitore se, come tale autorità, il suo obiettivo fosse quello di preparare i ragazzi a diventare uomini; ma al contrario cerca di mantenerli in una perenne infanzia: è pienamente soddisfatto che le persone siano felici, purché non pensino ad altro che a essere felici.»
Il controllare ogni aspetto della vita quotidiana rende le libertà di scegliere delle varie persone sempre minore: «Intrappola la volontà degli uomini in una fascia di pensiero sempre più stretta, e gradualmente deruba gli uomini di loro stessi. Il principio di uguaglianza ha preparato gli uomini a questo: ha predisposto gli uomini a sopportare tale giogo e, molte volte, a considerarlo come un beneficio.»
In altre parole raramente si userà la coercizione con gli uomini ma piuttosto se ne distruggerà prima lo spirito di indipendenza: «Gli uomini saranno raramente forzati a fare qualcosa, ma saranno costantemente limitati ad agire: tale potere non distrugge ma previene la messa in esistenza; non tiranneggia ma comprime, indebolisce, smorza e spiazza le persone fino a quando una nazione non è ridotta a niente di meglio che un timido gregge di animali industriosi dei quali il governo è il pastore.»
Interessante la spiegazione psicosociale che l'autore dà a questo fenomeno: «I nostri contemporanei sono costantemente dilaniati da due opposte emozioni; da una parte vorrebbero essere guidati, dall'altra vorrebbero rimanere liberi: poiché nessuna di queste due diverse propensioni può essere annullata, si cerca di soddisfarle entrambe. Si istituisce così una forma di governo con ogni potere che però è eletto dal popolo.»
Tocqueville spiega che alla maggioranza delle persone questo compromesso pare accettabile (*2)
Se il potere viene decentralizzato alcuni aspetti negativi sono attenuati ma non scompaiono però del tutto.
In particolare l'autore punta il dito contro la regolamentazione dei piccoli dettagli quotidiani (*3) contrapposta alle grandi scelte: «Essere soggetti alle regole minute accade quotidianamente e ha effetto su tutti indiscriminatamente. Non spinge gli uomini alla resistenza ma li intralcia a ogni decisione fino a quando sono portati ad abbandonare l'uso della propria volontà.»
In altre parole si spingono le persone a non pensare con la propria testa ma ad affidarsi completamente alle regole decise arbitrariamente dallo Stato.
Il risultato è che quando queste persone sono chiamate a votare hanno perso la capacità di pensare in maniera indipendente vanificando così il potere del loro voto. Nelle parole di Tocqueville: «È inutile chiamare a votare persone rese così dipendenti al potere centrale per scegliere i loro rappresentanti; questo breve e raro momento di espressione della propria libertà di scelta, comunque importante possa essere, infatti non impedisce loro di perdere gradualmente la facoltà di pensare, sentire e agire per loro stessi e, per questo, facendoli scivolare sotto il livello di umanità. Io aggiungo che essi diventeranno presto incapaci di esercitare il grande e unico privilegio che rimane loro.»
In definitiva il problema di un buon governo non sta tanto nelle regole di voto (nel sistema di voto) quanto nelle persone che devono eleggere i propri rappresentanti: «...il problema origina di gran lunga di più dal corpo elettorale che dalla costituzione del paese. Infatti è difficile concepire come persone che abbiano perso l'abitudine alla propria indipendenza possano essere in grado di fare una buona scelta su coloro che dovrebbe governarli; e mai nessuno crederà che un governo liberale, saggio ed energico possa essere eletto da un popolo sottomesso»
Conclusione: molte intuizioni sono notevoli, acute e profonde. Tocqueville si riferisce alla degenerazione della democrazia. Bisogna ricordare che lui scrive queste idee un paio di secoli fa quando le democrazie erano nel pieno della loro giovinezza e i loro ideali ancora ben fissi nella mente delle persone che, dopotutto, potevano confrontarle con altre forme di governo sia in Europa che nel resto del mondo. Proprio per questo le sue intuizioni sono ancor più impressionanti.
Personalmente vedo nel suo ritratto di democrazia degenerata una fortissima similarità con la situazione attuale, sia in Italia che nel resto del mondo. Con un paio di secoli di vita alle spalle le democrazie hanno tutti gli acciacchi e i malanni tipici della vecchiaia che ne pregiudicano il corretto funzionamento. Davvero c'è molto materiale su cui riflettere: sicuramente leggerò altri capitoli!
Nota (*1): Concetto sottolineato anche da Harari per il quale, dopo tutto scrive a quasi due secoli di distanza, la stessa famiglia è sminuita dalla società moderna...
Nota (*2): ma non all'autore: per Tocqueville è più importante essere costretti a obbedire rispetto alla natura di chi si obbedisce.
Nota (*3): e io vi vedo in questo un'analogia col pensiero di Mill dove la burocrazia si ciba di se stessa, crescendo sempre più, e finisce per opprimere i cittadini.
Nota (*4): qui e di seguito ho tradotto al volo dall'inglese alcuni passaggi del libro: l'idea era quella di semplificare la lettura a chi non è familiare con tale lingua ma, rileggendo quanto ho scritto, ho dubbi sulla qualità del mio lavoro...
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