In questi giorni mi sono letto con crescente delusione il famoso
Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carrol pubblicato nel 1865. La mia versione è un
e-book in italiano pubblicato dal progetto
Gutenberg caratterizzata da una traduzione in toscano che, fortunatamente, capisco abbastanza bene...
Mi aspettavo un libro ricco di fantasia, di arguzia e di piacevole lettura ma non è stato così.
A meno che non si consideri fantasia dei frammenti di sogno messi insieme senza alcuna logica né coerenza. Di arguzia in realtà qualcosa c'è ma non tale da rendere, almeno per me, piacevole la lettura: nel complesso infatti la protagonista passa da un'avventura all'altra senza alcun criterio, vivendo esperienze che non insegnano niente e che, fortunatamente, finiscono improvvisamente col suo risveglio.
L'autore immagino volesse rendere la strana illogicità dei sogni che pur mantengono una superficiale coerenza. Se vediamo Alice come l'io addormentato (che si sforza ad esempio di ricordare delle poesie ma si rende conto di non saperle ripetere correttamente) allora i personaggi del sogno rappresentano il suo inconscio. Peccato che questo libro sia stato scritto molto prima dell'
interpretazione dei sogni di Freud! In questo caso Alice rappresenterebbe l'autore e gli altri personaggi il suo subconscio: un buon psicoanalista dovrebbe essere in grado di ricavarne dati interessanti (e suppongo che sia stato già fatto molte volte!); io, con la mia lettura superficiale, ho notato ben poco se non l'insistere della regina di cuori a voler far tagliere le teste: sicuramente la regina di cuori e il “tagliare le teste” hanno un significato profondo.
Mi butto in un'interpretazione.
Mi ha colpito, e credo sia rilevante, che sia proprio una donna il personaggio più sanguinario del libro; c'è poi da tenere presente che il seme scelto (la regina è infatti una carta da gioco!) è il cuori chiaramente legato all'amore. Il “taglio della testa” non può che rappresentare una castrazione di un qualche tipo. Mettendo tutto insieme la mia interpretazione, espressa nella forma più vaga, è che l'autore lottasse costantemente con il desiderio per una donna (o una donna amata) senza però riuscire (dal suo punto di vista) a trovare sfogo. Un blocco amato (la moglie?) che in qualche maniera lo frustrava.
A proposito di donne, secondo me, la duchessa invece potrebbe rappresentare la madre dell'autore.
Inquietante (*2) la poesia iniziale dove, se ho capito bene, l'autore è semi addormentato su una barca governata da tre ragazzine (le figlie immagino) che lo supplicano di raccontare loro una storia: e l'autore spiega che racconterà loro frammenti di sogno che dovrebbero rappresentare la follia/ingenuità dell'infanzia.
Ecco, forse il valore di questo libro sta proprio nella libertà con cui l'autore ha aperto, inconsapevolemente, il proprio inconscio: solo che per apprezzarlo bisogna essere degli psicologhi!
Ore leggo cosa ne dice wikipedia e se trovo qualche dettaglio interessante lo riporto qui di seguito: beh, ho trovato qualcosa sebbene non sull'interpretazione psicologica come speravo...
Innanzi tutto la mia versione è la prima traduzione dell'opera fatta nel 1872 da Teodorico Pietrocola Rossetti e wikipedia conferma indirettamente la presenza di toscanismi perché riguardo una successiva traduzione del 1913 riporta: «Il traduttore ha sotto gli occhi l'edizione di Pietrocola-Rossetti e ne depura il linguaggio dai toscanismi ed arcaismi da questo aggiunti.»
Le tre ragazzine della poesia iniziale non sono le figlie ma “amiche”; alla seconda, chiamata
Alice Liddel, è dedicata l'opera.
Ho scritto “amiche” fra virgolette perché fra l'autore e Alice c'erano ben 20 anni di differenza!
Il seme di cuori sembra essere stato scelto perché rappresenta la nobiltà: niente a che vedere con l'amore... forse (*1)...
Sono presenti molti giochi matematici nascosti...
Conclusione: rimodulo la mia interpretazione psicologica. La regina di cuori rappresenta l'attrazione dell'autore verso Alice che, a causa della differenza d'età, rimaneva costantemente frustrata.
Conclusione 2: scorrendo poche righe nella biografia di
Lewis Carroll c'è il paragrafo intitolato “Accuse di pedofilia”!
Conclusione 3: il mio inutito è eccezionale (*1)!
Nota (*1): confido esageratamente nelle mie intuizioni!
Nota (*2): Modificato (27/7/2014): aggiungo questa modifica come nota e non direttamente nel corpo del pezzo per non sconvolgere la progressione cronologica delle mie scoperte e ragionamenti che reputo molto interessante. Ho ripensato a cosa vi abbia trovato di “inquietante” nella poesia iniziale: ci ho riflettuto e credo che mi abbia colpito la forte attrazione dell'autore verso le bambine (all'epoca di 13, 10 e 8 anni) che vi ho percepito.
Di seguito la poesia nella versione del 1872:
«In su' vespri giocondi, dolcemente
Sul lago tranquillissimo voghiamo,
Da delicate mani facilmente
Son mossi i remi, e alla ventura andiamo,
E pel timon che incerto fende l'onda
Va la barchetta errante e vagabonda.
Mentre oppresso dal sonno, in luminose
Visioni il mio pensiero vaneggiava,
Mi destaron tre voci armonïose
Chiedendomi un Racconto! Io non osava
Fare il broncio severo ed il ribelle
A tre bocche di rose,—a tre donzelle!
La Prima, con la voce di comando,
Fieramente m'impone "Cominciate!"
La Seconda mi dice "Io ti domando
Un racconto di silfidi e di fate."
La Terza (io non l'avrei giammai creduto),
M'interrompe una volta ogni minuto.
Eccole! ferme, attente, silenziose,
Seguire con l'accesa fantasia
La Fanciulla vagante in portentose
Regïoni di sogni e poesia,
Che con bestie ed uccelli ognor favella,
E con forma del Ver l'Errore abbella.
La Storia non toccava ancora il fine
E appariva di già confusa e incolta;
Allor pregai le care fanciulline
Di finir la novella un'altra volta,
Ma risposer più vispe e più raggianti,
"No,
questa è la tua volta! Avanti, avanti!"
E così le Avventure raccontai
Ad una ad una alle fanciulle amate,
Ed or questa novella ne formai
Ch'è un tessuto di favole accozzate;
—Ma il Sol già volge al suo tramonto, andiamo!
Alla sponda! alla sponda, orsù, voghiamo!—
O Alice, accogli questa mia Novella,
E fra i sogni d'infanzia la riponi,
Deh! fanne d'essa una ghirlanda bella,
E sulla tua memoria la deponi,
Qual pellegrin che serba un arso fiore
Di suol lontano, e lo tien stretto al côre!—»