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martedì 13 febbraio 2024

La democrazia nasce zoppa

Attualmente ho un problema di lettura: sto perdendo tempo con il quarto libro di Erikson (oltretutto, dopo un ottimo inizio, tornato nella media dei precedenti). Fosse un normale libri di fantasia di 250 pagine non ci sarebbero problemi: lo avrei già finito due volte! In realtà è poco meno di 1000 pagine e quindi risucchia un sacco di tempo in più…

Comunque ieri sono voluto andare avanti con i miei libri più formativi. Come al solito trovo Hobsbawm fantastico (*1).

Nel capitolo de “L’età degli imperi” che ho cominciato affronta il problema della democratizzazione a cavallo fra il XIX e il XX secolo.
In quegli anni la tendenza è infatti quella di ampliare il suffragio concedendolo a una fascia di popolazione (in genere maschile) sempre più grande. Come ho già scritto, conosco pochissimo di questo periodo ma mi sorprende che il passaggio al suffragio universale (maschile) sia stato con così tanti passaggi intermedi: per esempio passando da un 15% di votanti a un 43% e così via.
Sfortunatamente Hobsbawm non spiega perché questa tendenza fosse ritenuta inevitabile ma io sospetto l’esempio degli USA e, comunque in Europa, Francia e Germania col loro esempio di suffragio universale (maschile).

Il problema per i politici al potere, che riflettevano gli ideali del 10% più ricco della società, è che gli interessi dei ricchi e dei poveri sono in genere divergenti. Ma nelle democrazie per essere eletti conta il numero dei voti e quindi anche e soprattutto quello dei poveri.

La politica si trova quindi ad affrontare un problema molto attuale: «[…] fra il 1880 e il 1914 quasi tutti gli Stati occidentali dovettero rassegnarsi all’inevitabile. La democrazia politica non poteva più essere rinviata. D’ora in avanti, il problema era come manipolarla.» (*2)
Attuale no!?
Ancora qualche decennio primo (diciamo intorno al 1860) i politici potevano esporre chiaramente i propri propositi sui giornali ma nel 1890 non era più così: al grande pubblico dei votanti i politici non potevano più dire cosa avevano veramente in mente perché altrimenti non sarebbero stati votati dall’elettore comune.
«Quando gli uomini di governo volevano dire davvero ciò che pensavano, dovettero farlo d’ora in avanti clandestinamente, nei corridoi del potere, nei circoli, nei ricevimenti privati, nelle partite di caccia o nei week-end in campagna, dove i membri dell’élite si incontravano in un’atmosfera molto diversa da quella di commedia gladiatoria dei dibattiti parlamentari e dei comizi.» (*3)

Capite perché ci sia da diffidare dei politici che si incontrano con i multimiliardari in riunioni non aperte al pubblico e a cui magari partecipa solo qualche giornalista dal pedigree ben controllato? Non si vuol far sapere alla popolazione ciò che viene discusso perché, in genere, sarà qualcosa contro i suoi interessi.

E come si manipolava allora la democrazia? Hobsbawm elenca i metodi più comuni:
- Ingegneria costituzionale: divisione dei compiti e quindi del potere fra camera alta (pochi elettori) e camera bassa (tanti elettori).
- Correttivi (più voti) per censo e titolo di studio (che comunque rifletteva il censo).
- Nei collegi uninominali dividere il voto popolare in maniera da concentrarlo in alcune circoscrizioni e diluirlo sufficientemente in altre.
- Voto palese. Per esempio il tuo datore di lavoro sapeva per chi avevi votato…
- Processo di voto (con registrazione elettorale) volutamente complesso.

Ma questi meccanismi furono applicati soprattutto nel momento di transizione al suffragio sempre più ampio. Già a inizio XX secolo la normalità è che vi siano due politiche: una per il grande pubblico degli elettori e un’altra dietro le quinte a cui partecipano solo i potenti.

Inciso: e qualcuno si meraviglia che io non segua i teatrini della politica nostrana alla televisione: davvero pensate che quando la Schlein si becchetta con la Meloni su questo o quel tema, magari sull’ennesimo barcone di immigrati approdato a Lampedusa, alle due politiche gliene importi qualcosa? È solo uno spettacolo organizzato a uso e consumo degli elettori che hanno fiducia nella politica, che credono che ci sia ancora una vaga relazione fra quello che viene detto e quello che viene fatto…

Conclusione: cosa è cambiato in un secolo e passa di democrazia, divenuta nel frattempo effettivamente universale? Sfortunatamente non credo che Hobsbawm risponderà direttamente a questa domanda ma spero comunque di riuscire a trarre qualche ipotesi utile.
L’elemento evidente è che la propaganda di inizio XX secolo poteva basarsi su un solo media, il quotidiano, mentre oggi ha uno spettro di “armi” molto più ampio. Anche la tecnologia per monitorare gli umori della popolazione e magari influenzarla adesso c’è ma prima no...

Nota (*1): i simili si attraggono: in tutti i sensi. È un risultato di psicosociologia. E io, ho notato, tendo ad apprezzare molto i libri degli INTP! Un gradino sotto, per la cronaca, ci sono quelli degli INFJ mentre dovrei approfondire per capire come inquadrare gli INTJ e gli INFP…
Nota (*2): “L’età degli imperi” di Hobsbawm, (E.) Laterza, 2005, tradotto da Franco Salvatorelli, pag. 102.
Nota (*3): ibidem, pag. 102-103.

9 commenti:

  1. La divisione dei poteri vede, qui in Italia, una magistratura rossa-arcobalenga, in autodichia, che si sovrordina a quello esecutivo e legislativo.
    Il trucco per imporre il proprio disegno politico ed ideologico e svuotare la sovranità popolare che li esprime è di commutare, ogni volta, o sul piano della legislazione internazionale oppure di ricorrere ai compagni giudici delle corti superiori che, nella fumosità, contraddizioni e ambiguità delle costituzione trovano tutto lo spazio che vogliono per annullare leggi e decreti.
    UUiC

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    1. Sì, sfortunatamente anch’io vedo una collaborazione fra parte della magistratura e una parte politica estremamente dannosa per la società. Ma è solo uno dei tanti problemi italiani…

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    2. La Magistratura è solo uno dei tanti "luoghi del potere e della cultura" che è stato colonizzato per favorire la Rivoluzione.
      Poi non si è più fatta, la Rivoluzione ma il meccanismo di colonizzazione rimane lo stesso e la umanità che partecipa idem.

      Come succede in "Russia", è caduta la facciata di cartapesta degli ideali filantropici e quello che rimane è il nudo potere e i gretti interessi.
      Anche quando si straparlava di Rivoluzione i sedicenti rivoluzionari erano mossi dagli stessi meccanismi di potere e dagli stessi gretti interessi, solo che li dissimulavano dietro la predicazione della loro pseudo-religione.
      Tanto che in "Russia" si sono dovuti inventare qualcosa che sostituisse la Internazionale del Proletariato e hanno tirato fuori il concetto para-nazista del "rusky mir", della "koine russa" (mondo russo per semplificare), cosi da mettere una cortina di pseudo-valori davanti alle solite faccende.
      Non fa molta differenza se il dittatore è Pincopalla come Segretario del Partito Comunista o Vattelapesca come Presidente eletto in capo al Partito Russia Unita.

      Tornando a noi, Mani Pulite è stata una "rivoluzione" con la r minuscola, solo che non ha instaurato la Dittatura del Proletariato.
      In sostanza è servita a introdurre il Mondo Nuovo secondo le linee del progetto massonico che presuppone la cancellazione delle Nazioni e degli Stati.
      L'azzeramento della "classe politica" coi referenti manu militari serviva a creare un'altra "classe politica" che fosse conforme ed obbediente alle direttive.
      Oggi i Magistrati devono accertarsi che il Diritto nazionale sia subordinato al Diritto internazionale e questo fondamentalmente non esiste se non, appunto, come insieme delle direttive della Massoneria tramite varie strutture sovranazionali (tutte non elette, ovviamente).

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    3. I compagni giudici hanno appena "il fatto non sussist"-ato l'equipaggio della ONG Iuventa per questioni di "diritto internazionale".
      L'immigrazione di massa non può essere neppure sfiorata.
      UUiC

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  2. La "democrazia" ha un difetto intrinseco e cioè che postula la capacità e volontà di ogni cittadino avente diritto di partecipare alla vita politica. Partecipazione che richiede la capacità e volontà di auto-determinarsi prima ancora che fare parte della collettività.
    Fino dai primordi appariva chiaro che più si allargava il numero degli aventi diritto e più entrava in gioco la "demagogia" che non a caso ha la stessa radice di "democrazia". Si tratta della pratica di manipolare i cittadini con promesse e/o minacce e funziona perché molti non vogliono auto-determinarsi ma vogliono delegare ed essere tutelati, pagando la tutela con la fedeltà clientelare. Di più, mentre in una "aristocrazia" i membri della Classe sono tenuti a comportarsi secondo un certo codice per essere accettati tra i loro pari, nella "democrazia" non c'è limite in basso perché qualsiasi sia il "comune sentire" della maggioranza, la "democrazia" tutela le minoranze, le quali possono essere sopra ma anche sotto ed è molto più facile accomodarsi al minimo comune denominatore.

    Riassumendo, la "democrazia" fa una fotografia dello stato di un Popolo.
    Non aggiunge e non toglie nulla.

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    1. D’accordo su tutto tranne che su «la "democrazia" fa una fotografia dello stato di un Popolo.»
      Non è che il parlamento sia fatto con un campione casuale degli elettori (allora sì sarebbe una fotografia del popolo) ma da una selezione di politici di carriera.
      Le persone che si dedicano a questa attività, soprattutto se emergono ai massimi livelli nazionali, hanno delle precise caratteristiche psicologiche: sete di potere, narcisismo, facilità a parlare e a mostrarsi diversi da quello che sono, cinismo, pronti a tutto per ottenere voti, moralità più debole della media, attitudine a intessere rapporti di amicizia/utilità con i potenti etc.
      I parlamentari non sono quindi un riflesso del popolo ma di un sottoinsieme di elementi caratterizzati da gravi vizi caratteriali e psicologici (che però li fanno eccellere in politica).

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    2. Invece no.

      Questa dei "politici professionisti" è solo una comoda scusa.
      Il nocciolo della "democrazia" è la facoltà di ogni cittadino di auto-determinarsi, sia pure con tutti i vincoli e limiti concepibili.
      Gli esiti della "politica" sono il risultato della sommatoria di tutte le decisioni dei cittadini, una "politica" incapace, inetta risulta dal fatto che qualsiasi aggregazione di cittadini è ugualmente incapace, inetta. Una "politica" immorale risulta dal fatto che i cittadini in media sono immorali.
      I "politici di professione" sono esattamente la stessa cosa dei dirigenti e degli impiegati delle grandi aziende.
      C'è sempre un "gruppo di interesse" che si tassa per pagargli lo stipendio e si aspetta che eseguano certe funzioni e alla fine ricevere un certo utile.

      Mi viene da pensare al solito dilemma se un popolo che esprime un dittatore spietato e folle, con tutto l'apparato che lo sostiene, si debba poi chiamare a rispondere. La mia risposta è si. Poi per convenienza diventa un no, come quando si licenza l'allenatore di una squadra perdente perché non conviene licenziare tutti i giocatori. Facciamo due esempi, la Germania sosteneva Hitler e i Tedeschi hanno pagato con il loro Paese raso al suolo. L'Italia sosteneva Mussolini ma gli Italiani hanno giocato la carta del cambio di casacca (multiplo) e invece della tabula rasa se la sono cavata con una mezza guerra civile.

      Ecco, con la "democrazia" questo è ancora più vero perché fintanto che sussiste non contempla la soppressione del dissenso.
      Se i cittadini di una "democrazia" accettano una determinata condizione è perché quella condizione gli risulta confacente.
      Sia che poi diano la delega al "politico professionista" sia che si rifiutino di votare, per qualsiasi ragione.
      Alla fine non fa differenza, rimane sempre il fatto che l'esito è la somma di tutte le decisioni, a monte, nel mentre e a valle.

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    3. Se io fossi ancora al liceo farei discorsi come i tuoi. Siccome sono molto più vecchio ho imparato che la vita è come la guerra, sangue e merda. Non è mai esistita e mai esisterà la "democrazia" come concetto astratto, cosi come non esiste "triangolo". Quello che si può fare è una approssimazione e sarà sempre e comunque sangue e merda. Il concetto di "democrazia" prevede quello che ho scritto, cioè che ognuno abbia la facoltà di auto-determinarsi. Il passaggio che secondo me tu non fai è che questa facoltà si specchia in un dovere, il dovere di auto-determinarsi e questo implica la responsabilità, inteso sia come conseguenza di quello che si fa, sia come responsabilità morale che obbliga a decidere in una direzione piuttosto che un'altra. Il "Popolo" è un altro concetto astratto e una generalizzazione, quello che esiste in concreto è il singolo individuo che si auto-determina e la somma di tutte le determinazioni individuali. I posti dove la "società" fa schifo, per fare un esempio banale, c'è l'immondizia per terra, sono i posti dove manca la morale e quindi il senso del dovere, dove ogni singolo individuo non ritiene di mettere l'immondizia negli appositi contenitori e non ritiene di passare a svuotarli se pagato per quello, viceversa trova "normale", quindi la regola, buttare l'immondizia in strada e leggere la gazzetta invece di lavorare. L'individuo si comporta cosi perché è stato educato dalle persone del suo contesto secondo questa anti-morale o se vogliamo una morale anti-sociale, che considera lo spazio comune come "terra di nessuno".
      Le "democrazie" sono sangue e merda e si forgiano con sangue e merda.
      Nell'Anno di Grazia 1176 le milizie comunali di Milano uscirono dalla città per incontrare l'esercito imperiale che era venuto per ricondurre la città alla sottomissione e obbedienza. Quello che volevano i Milanesi era auto-determinarsi e sconfiggendo l'imperatore riuscirono ad ottenere la Pace di Costanza.
      «In nome della Santa Trinità, noi Federico, per grazia di Dio imperatore dei Romani, pur dovendo e potendo punire severamente i vostri delitti, tuttavia preferiamo governare nella pace. Perciò concediamo a voi, città della Lega, i diritti regali [diritto di imporre tasse, battere moneta, amministrare la giustizia] e i vostri statuti per sempre; cioè restino immutati tutti i diritti che fin qui avete esercitato ed esercitate [...] Nelle città potete continuare ogni cosa come avete fatto finora, senza nostro divieto [...]»
      Nota che i diritti che l'Imperatore riconosce a Milano sono il fondamento della Nazione.
      La causa e l'effetto di questi meccanismi è che ci sono posti dove la "democrazia" passa per la forgia e diventa innata, cioè fa parte dell'educazione dell'individuo e altri posti dove eventi come questi non si sono mai verificati e quindi l'educazione individuale è inadeguata o se vogliamo, contraria, quindi presuppone la servitù obbligata e l'antisocialità.

      Il resto sono scuse.

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    4. >Se io fossi ancora al liceo farei discorsi come i tuoi. Siccome sono molto più vecchio ho imparato
      > che la vita è come la guerra, sangue e merda.

      In realtà, a parte alcuni commenti facilmente identificabili, non espongo le mie idee ma quelle di Hobsbawm.

      > Non è mai esistita e mai esisterà la "democrazia" come concetto astratto, cosi come non esiste
      > "triangolo". Quello che si può fare è una approssimazione e sarà sempre e comunque sangue e
      > merda.

      Dall’iperuranio alle emorroidi…
      Comunque che la democrazia ideale non esista siamo tutti d’accordo.

      > Il concetto di "democrazia" prevede quello che ho scritto, cioè che ognuno abbia la facoltà di
      > auto-determinarsi. Il passaggio che secondo me tu non fai è che questa facoltà si specchia in un
      > dovere, il dovere di auto-determinarsi e questo implica la responsabilità, inteso sia come
      > conseguenza di quello che si fa, sia come responsabilità morale che obbliga a decidere in una
      > direzione piuttosto che un'altra.

      È un’opinione condivisibile: e da qualche parte l'ho scritto anch’io. In questo pezzo però non cerco di definire cosa sia la democrazia nella realtà quotidiana ma mi limito a riassumere quello che ho capito di Hobsbawm. Lui non fa un’analisi storica e non filosofica della democrazia.

      > Il "Popolo" è un altro concetto astratto e una generalizzazione, quello che esiste in concreto è il
      > singolo individuo che si auto-determina e la somma di tutte le determinazioni individuali.

      Nì, non è così semplice: nella società scattano dei meccanismi di gruppo che non appartengono al singolo. Tanto per fare un esempio la pressione di gruppo (che di solito, riferita alla società, si fonde col concetto di moda e magari eterodirezione).

      > Nell'Anno di Grazia 1176 le milizie comunali di Milano uscirono dalla città per incontrare
      > l'esercito imperiale che era venuto per ricondurre la città alla sottomissione e obbedienza.

      Bello questo esempio storico.

      > La causa e l'effetto di questi meccanismi è che ci sono posti dove la "democrazia" passa per la
      > forgia e diventa innata, cioè fa parte dell'educazione dell'individuo e altri posti dove eventi come
      > questi non si sono mai verificati e quindi l'educazione individuale è inadeguata o se vogliamo,
      > contraria, quindi presuppone la servitù obbligata e l'antisocialità.

      Capisco cosa intendi e anch’io sono consapevole di questo effetto (ne scrivo in [E] 3.5) ma secondo me il fenomeno è generazionale e non sempre si radica nel territorio. Per entrare nella cultura devono essere concetti utili al potere dominante. E comunque la cultura, essendo appresa, può variare molto velocemente.

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