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martedì 21 febbraio 2023

Il salmone

Ieri leggendo Klarman (“The framers’ coup”) mi è tornata improvvisamente in mente una vecchia questione di cui, credo, dovrei aver già scritto: infatti mi sono reso conto che la sua descrizione dei fatti (forse era addirittura una citazione diretta) era in realtà la conferma di una “mia” teoria.
Ho scritto “mia” fra virgolette perché in realtà l’idea mi fu suggerita anni fa o da Tocqueville oppure da Harari, non ricordo (*1).

Però si tratta di un’idea controcorrente, quasi una bestemmia per la mentalità odierna…

Va bene: credo di aver creato abbastanza aspettativa con questa mia premessa!
La questione a cui mi riferisco è la libera circolazione delle armi nella popolazione.

Come sapete negli USA questa libertà è protetta dalla Costituzione con un apposito emendamento ma da noi, intendo in Italia, arrivano solo le notizie della disputa fra i “cattivi” repubblicani (foraggiati dalle industrie delle armi) che vogliono tutelarla perché il pistolone fa "macho" e dei “buoni” democratici (foraggiati da altre lobbi) che vogliono abolirla (per togliere un’importante fonte di finanziamento ai repubblicani: altrimenti non gliene fregherebbe niente) per evitare vittime innocenti.

Siccome da noi, e credo in tutta Europa, il possesso delle armi da parte della popolazione è estremamente limitato e fortemente controllato, i media non hanno incertezza nel sostenere le ragioni dei democratici statunitensi. All’ennesima strage le prefiche balzan fuori dal cilindro e ci rimbecilliscono con i loro piagnistei.

Eppure io sarei favorevolissimo a una liberalizzazione del possesso delle armi.
Il problema non è la semplice difesa personale della propria casa e famiglia contrapposta all’abuso che potrebbe farne lo squilibrato di turno per sparare all’impazzata.
Di sicuro sia le vittime di violenza domestica che le stragi di innocenti aumenterebbero. Varie ricerche psicosociali piuttosto convincenti (ma del resto è ovvio) l’affermano.

Quello che sfugge ai più (ma non ad Harari o Tocqueville) è l’importanza storico/politica/sociale del fattore dato da una popolazione armata.
Storicamente, a partire dalla loro formazione, il potere degli stati centrali è sempre più cresciuto nel tempo: burocratizzandosi e organizzandosi con tutta una serie di strutture e istituzioni repressive.
Attualmente se la popolazione europea subisse un’ingiustizia intollerabile che cosa potrebbe fare anche volendosi ribellare? Poco (*2) in realtà: qualche protesta, qualche manifestazione di piazza nel caso migliore, concluse magari con l’arresto di eventuali facinorosi.

Ma facciamo un passo indietro nell’Europa feudale: il re poteva fare tutto quello che voleva nel proprio regno, giusto?
No, assolutamente no: aveva dei limiti!
Diciamo che al re stesse antipatico un duca e decidesse quindi di confiscargli le terre e toglierli il titolo nobiliare, così, senza motivo o spiegazione.
Il duca sicuramente non avrebbe accettato passivamente la situazione ma avrebbe chiamato a raccolta i propri uomini e vassalli per difendersi. Nessun problema per il re dato che egli avrebbe avuto a sua volta una dozzina di altri grandi feudatari ai suoi ordini, giusto?
Di nuovo no!
Questi feudatari avrebbero infatti pensato: “e se il prossimo fossi io?”. Molto probabilmente il re sarebbe stato assassinato o avrebbe dovuto difendersi da una rivolta in grande scala.
In altre parole il re avrebbe dovuto sopportare il duca antipatico oppure avrebbe dovuto spostare la sua aggressione dal piano militare a quello politico: in pratica avrebbe dovuto trovare delle giustificazioni credibili (e non è detto che fosse possibile) per rimuoverlo.
Ovviamente questa è una banalizzazione storica che mi serve solo per evidenziare il mio punto: il re, ovvero il potere centrale, non può fare quello che vuole ai propri vassalli, ovvero la popolazione, se questi sono armati.
Da un altro punto di vista il potere contrattuale di una popolazione nei confronti del potere centrale è enormemente superiore se la prima è a sua volta armata.
Generalizzando ancora di più una popolazione armata ha più autonomia decisionale, e quindi forza, di una disarmata. In altri termini significa che una popolazione armata è più libera di una disarmata.

Ora, in un periodo storico dove il potere centrale, in genere per il beneficio di pochi, erode libertà e diritti da tempo e con dolore conquistati della popolazione è evidente che se questa fosse armata avrebbe più capacità di difendersi. Non intendo solo fisicamente ma anche politicamente.

Fatemi citare il passaggio di Klarman (tradotto al volo): «Secondo un rapporto, una “potente ragione” per aggiornare l’assemblea era “la previsione che il rapporto del Segretario del Tesoro avrebbe creato difficoltà negli stati dell’unione, che avrebbero potuto trasformarsi in insurrezioni, e perciò [...]» (*3)
Il contesto è il tentativo degli stati dell’unione, sotto la presidenza Washington, di forzare la mano al Rhode Island affinché ratificasse la costituzione (già entrata in funzione).
Questa invece la mia nota di commento: «[KGB] La possibilità di rivolta armata è un elemento di cui veniva tenuto conto e questo dimostra la sua importanza nella difesa politica di tutti.»
Cioè il fatto che i politici tenessero conto della possibilità di rivolta armata della popolazione è la dimostrazione della forza politica della libertà di possedere armi.

Sono convinto che proprio la libertà di essere armati abbia protetto la libertà della popolazione statunitense almeno fino a quando il peso dei media e della manipolazione di massa non è divenuto preponderante.

Il vero nocciolo del dilemma è quindi: accettereste la strage provocata d uno squilibrato, diciamo ogni 7 anni (*4), in cambio di maggiore libertà per l’intera popolazione?

Personalmente sì, senza alcuna esitazione, ma mi rendo conto che le opinioni potrebbero essere diverse. Ritengo infatti che in un mondo dove la popolazione ha sempre meno forza e viene sempre più sfruttata e abusata, qualsiasi garanzia aggiuntiva di forza sarebbe preziosissima. Poi certo, in un mondo ideale, dove il potere fa sempre l’interesse della popolazione allora sarei contrario anch’io alle armi per tutti: ma del resto ci sarebbero pochissimi criminali e squilibrati perché ci sarebbe più giustizia, libertà e ricchezza per tutti...

Conclusione: lo so, un pezzo su cui pochi saranno d’accordo ma, del resto, anche per motivi di spazio e capacità non sono forse riuscito a esporre troppo efficacemente la mia argomentazione. Leggete Harari (o Tocqueville) per una migliore difesa dell'utilità che la popolazione sia armata.

PS: ah! dimenticavo: ovviamente il salmone sarei io perché nuoto sempre contro corrente...

Nota (*1): inciso che non c’entra assolutamente niente: è buffo come anche gli antichi personaggi riescano a parlarci con le loro opere. Per un attimo ho avuto la sensazione di aver parlato con Tocqueville e che lui mi abbia spiegato questa sua idea...
Nota (*2): ovviamente do per scontato che la democrazia come “potere del popolo” sia una balla. Nella nostra realtà le elezioni sarebbero mediamente ad anni di distanza e, comunque, tutti i maggiori partiti sarebbero a favore dell’ingiustizia.
Nota (*3): Mia traduzione tratta da “The framers’ coup” di Michael J. Klarman, (E.) Oxford University Press, 2016, pag. 526.
Nota (*4): periodo indicato ipotizzando il numero di stragi proporzionale a quello della popolazione e che negli USA ve ne sia una ogni anno.

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