Ormai diversi annetti fa (nel 2010!) scrissi il pezzo Amore dove, in pratica, misi nero su bianco le mie conclusioni sull’essenza dell’amore maturate negli anni ‘90.
In seguito sono talvolta ritornato su questo argomento in genere limitandomi a riportare studi o articoli con cui mi era capitato di entrare in contatto e, magari, confrontandoli con la mia teoria. Nel complesso però non avevo aggiornato il mio pensiero sull’amore e le sue logiche.
Qualche dubbio mi era però venuto: la mia teoria era basata sugli opposti complementari. Ogni persona cerca quello di cui ha più bisogno (e di cui quindi è generalmente carente). Ovviamente queste necessità possono variare con l’evoluzione psicologica di una delle due parti e questo può, a lungo andare, mettere in crisi anche rapporti apparentemente stabili.
Però, nel corso di psicosociologia che così tanto mi era piaciuto quando lo seguii anni fa, riguardo all’amore si concludeva che sono le persone simili ad attrarsi fra loro, non quindi quelle complementari come speculavo io.
Oggi però, non starò a entrare nei dettagli, sono ritornato sulla questione cercando di immaginarmi un caso concreto basato su un ipotetico compagno ideale per un’amica. Ho fatto i miei ragionamenti, ho tratto la mia sintesi e ho cercata di illustrarle con le mie motivazioni. Nel far questo ho notato delle tendenze e delle logiche che fino ad adesso mi erano sfuggite (ma del resto ci ragiono una volta ogni due anni mediamente: non è certo una mia priorità!) e da queste ho sussunto una teoria più generale.
La nuova teoria adesso è questa: le persone cercano compagni simili con due eccezioni: 1. devono essere capaci di compensare eventuali debolezze (e quindi essere complementari in specifiche caratteristiche); 2. non devono avere gli stessi punti di forza (che idealmente dovrebbero andare a controbilanciare i limiti del compagno).
In altre parole il compagno ideale è complementare alle nostre forze e alle nostre debolezze ma è simile in tutto il resto.
Questo mia teoria è poi completamente compatibile con quella del corso di psicosociologia: evidentemente nella ricerca citata le varie caratteristiche psicologiche venivano mediate, quindi si perdevano la caratteristiche estremamente positive o negative che venivano matematicamente annullate nelle medie, e prevaleva invece l’indicazione della preferenza per compagni apparentemente completamente simili a noi.
Inoltre questa mia teoria spiega anche un risultato che per anni mi ha sconcertato e che ho descritto nel pezzo Donne, alieni e un libro di successo del 2012.
In questo pezzo mi dichiaravo estremamente sorpreso dal risultato di un mio sondaggio: potendo scegliere fra una gemella stupida e una intelligente la stragrande maggioranza dei miei amici si era dichiarata favorevole a quella intelligente. Al contrario io avrei optato per quella stupida pensando che l’intelligenza dell’altra gemella mi avrebbe provocato più seccature che benefici.
Ma in effetti questa mia vecchia convinzione è in accordo con l’attuale nuova teoria sull’amore: essendo l’intelligenza razionale uno dei miei principali punti di forza non sono interessato a ricercarla in un’eventuale compagna.
Anche da un punto di vista evoluzionistico mi pare, intuitivamente, che questa strategia abbia un suo senso: si prende come punto di riferimento noi stessi e ci si confronta col resto della società. Dal confronto si cercano di controbilanciare i picchi e i vuoti: un tentativo di rientrare nella media della specie, nel non divergere troppo. Con tanti “se” ovviamente su cui non sto a divagare.
Come al solito non mi pare poi di aver ripudiato completamente la mia vecchia teoria: mi sembra piuttosto di averla completata. Semplicemente all’epoca ero troppo concentrato sull’importanza delle complementarità per rendermi conto del ruolo stabilizzante delle affinità che, invece, tendevo a dare per scontate anche se non lo erano.
Conclusione: secondo me la teoria finale sull’amore è questa. Dubito che ci sarà un “Amore 3” ma... chissà!
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