Come scritto nel mio pezzo Goofynomics ero curioso di scoprire cosa pensasse l'autore dell'omonimo viario, l'economista Alberto Bagnai, del debito pubblico italiano.
In alcuni miei vecchi pezzi avevo infatti affrontato l'argomento arrivando alla conclusione che: 1. il debito è ormai fuori controllo e non potrà mai essere ripagato; 2. la politica di austerità di Monti non avrebbe ridotto il debito pubblico, come ci ripeteva l'uomo imposto da Bruxelles e unto da Napolitano, ma anzi, avrebbe aggravato la situazione.
Il mio pezzo centrale sull'argomento è Strategia errata che a sua volta usa i concetti che avevo auto appreso in Indagine sul debito e Ancora sul debito.
Per mesi il paradosso del secondo punto sopraesposto, la contraddizione dell'austerità che non risolveva la crisi ma l'aggravava, mi lasciò nel dubbio: mi chiedevo come mai, se Monti è un esperto di economia, non si rende conto dell'assurdità di ciò che sta facendo? Possibile che voglia fare esattamente il contrario di ciò che ufficialmente si prefigge?
Tutti questi dubbi e domande li formulai esplicitamente nel pezzo Monti 23: ci è o ci fa? (*1) ma solo dopo qualche mese arrivai alla conclusione che Monti “ci faceva”. Nel frattempo, a gennaio 2013, scoprii Grillo e, per circa un anno e mezzo (*2), mi illusi di aver trovato la speranza per l'Italia...
Ma cosa ne pensava di Monti e della sua strategia lo sprovveduto economista autore di Goofynomics?
Ovviamente il professor Bagnai ne parla ampiamente in una moltitudine di pezzi che però diventano rapidamente molto tecnici. Una buona sintesi del suo pensiero su Monti l'ho però trovata nel suo articolo Il costo di Monti (KPD6) (pubblicato con QUESTA licenza Creative Commons):
«...
Come ricorderete, aprivo il Tramonto dell’euro citando questo articolo di Gawronski sul fallimento di Monti, quel fallimento che avevo annunciato il giorno stesso dell’insediamento del suo governo, sulla base del presupposto che la diagnosi della crisi che ci veniva proposta era sbagliata: non avevamo a che fare con una crisi di debito pubblico ma di debito privato (e sapete che questa diventò due anni dopo la versione della Bce), e quindi curando l’arto sano avremmo aggravato la situazione, secondo il meccanismo che ho esposto alla Camera.
Ora, vi prego, vi scongiuro: non ve ne uscite con le solite lezzioncine da mentecatti: “Maestra! Ma Monti non ha fallito: lui voleva aiutare i creditori esteri e c’è riuscito...”. E lo volete spiegare a me, che lo ho spiegato a decine di migliaia di italiani? Quando parlo di “fallimento” mi riferisco al fallimento rispetto all’obiettivo dichiarato: quello di risanare le finanze pubbliche. Era ovvio a chiunque avesse un minimo di conoscenza della teoria elementare della sostenibilità del debito (e quindi tanto più a me), che le politiche di austerità sarebbero state controproducenti rispetto a questo obiettivo. Il fatto è che con un moltiplicatore superiore a uno, in recessione ogni taglio al numeratore del rapporto debito/Pil comporta una diminuzione ancora più grande al denominatore, e il rapporto esplode. Ne avevamo già parlato in un post che vi consiglio di rileggere, anche perché contiene una promessa, che oggi mantengo: quella di riparlare dell’argomento coi numeri veri.
...»
In questi due paragrafi c'è una buona sintesi delle mie riflessioni: la politica di Monti era inutile e anzi dannosa, Monti “ci è” ovvero era perfettamente consapevole di ciò che stava facendo, il rapporto debito/PIL non può migliorare se il PIL decresce (al riguardo mi ero dimenticato di segnalare il mio corto PIL x polli).
C'è anche un'importante differenza: il professore distingue fra debito pubblico e debito privato. La crisi economica italiana deriva dalla crisi del debito privato e non di quello pubblico. Suppongo, perché ancora non mi sono imbattuto in affermazione specifiche e ho evitato di entrare nei dettagli più tecnici, che per Bagnai il debito pubblico non fosse un problema perché, seppure non estinguibile, l'Italia era comunque ampiamente in grado di pagarne gli interessi e alla fine è questo quello che conta (*3).
Da parte mia posso giustificarmi dicendo che, da non economista, prendevo per vera l'affermazione che il debito pubblico fosse troppo alto e che da questo problema dipendessero tutti i mali dell'economia italiana. Da questa premessa, visto che non lo si poteva ridurre, allora la mia conclusione era consequenziale e logica.
Adesso non dubito che il professore abbia ragione e, prima o poi (sto leggendo il suo viario a ritroso), mi imbatterò nella spiegazione di questo fenomeno.
Comunque, almeno politicamente ma anche economicamente, il debito pubblico italiano rimane un elemento da tenere sempre presente: che sia solvibile o no è irrilevante perché (*3) quello che conta è la fiducia degli investitori. Basta che a Bruxelles si gridi “al lupo!” per generare panico e far crollare la fiducia. Ciò ha implicazioni politiche molto importanti...
Conclusione: che bello però non sentirsi più l'unico folle che vedeva la follia, anzi la perversione, nelle scelte economiche di Monti & C.; e che soddisfazione scoprire che, anche senza aver mai studiato economia, sono riuscito ad arrivare a conclusioni corrette (almeno nel loro contesto)!
Aggiornamento (1/7/2016): evidentemente non avevo premuto il tasto per riaggiornare la pagina principale del viario Goofynomics ma, bella coincidenza, mi sono appena accorto che l'ultimo articolo, a data 29 giugno, è proprio su Monti e le sue mirabolanti imprese: Monti (fact checking).
La mia indignazione era ben motivata: ricordo che alle elezioni del 2013 molti si stupirono che Scelta Civica avesse ottenuto SOLO l'8,3% dei voti mentre io ero stupito che così tanti elettori avessero avuto ancora fiducia in lui (vedi il mio commento sul partito di Monti in Banalità e la mia Previsione elettorale)
Nota (*1): in realtà il pezzo Strategia errata è successivo di circa un mese a Monti 23: ci è o ci fa?. Come infatti spiego in Monti 23 i dubbi sul suo operato iniziarono fin da subito!
Nota (*2): per la precisione grosse perplessità sul M5S iniziai ad averle dopo un anno circa...
Nota (*3): da qualche parte, ma non ricordo dove, ma mi pare dopo aver considerato il debito pubblico giapponese, arrivai alla conclusione che l'insolvibilità teorica si ha quando non si è più in grado di raccogliere dagli investitori abbastanza denaro da pagare gli interessi sul debito. Ovviamente l'insolvibilità reale la si avrebbe molto prima, ovvero quando gli investitori temessero di non venire ripagati. In altre parole la sostenibilità di un debito pubblico e una funzione della fiducia che gli investitori hanno verso il debitore.
In altre parole il panico ingiustificato può, come se fosse una profezia autorealizzante, giustificare se stesso e portare all'effettiva insolvibilità!
L'esempio di Benjamin Franklin
2 ore fa
Nessun commento:
Posta un commento