Questo è un pezzo che mi proponevo di scrivere da molto tempo ma che ho rimandato più volte probabilmente per motivi inconsci. Quello che voglio dire è infatti piuttosto semplice e breve: l'ideale sarebbe quindi farci un corto ma il limite delle 17,2 linee non sarebbe facile da rispettare. Il risultato sarebbe stato passare il doppio del tempo a limare le parole e magari a togliere delle osservazioni, interessanti o divertenti, ma secondarie...
Così oggi mi sono deciso di prendermela comoda e scrivere un pezzo normale che, nonostante questa introduzione, sarà forse solo un po' più corto del solito.
Dai tempi dell'università sono sempre stato un po' prevenuto verso i vari master con le loro sigle “colorate”. Avevo la sensazione che fossero fumo negli occhi: dei corsi a pagamento che aggiungessero poco o nulla alla preparazione effettiva degli studenti. Per motivi analoghi non credevo che un'università americana di grido (tipo Harvard, etc...) fornisse una preparazione sostanzialmente superiore rispetto alle altre università.
Insomma pensavo che, almeno da questo punto di vista, la cultura fosse piuttosto democratica mettendo il grosso dell'onere dell'apprendimento sullo studente piuttosto che sui suoi insegnanti.
Non so, probabilmente la pensavo così perché non ho mai avuto insegnanti bravi a 360°: magari ho avuto il professore che conosceva benissimo la propria materia ma non sapeva spiegarla, o quello che sapeva spiegare ma non motivare, oppure quello simpatico e divertente ma che insegnava poco, etc... Poi, come al solito, nell'università italiana i professori non erano motivati a dare il massimo: l'insegnare male o bene, a fine mese, per loro non faceva differenza...
Piuttosto recentemente mi sono però ricreduto. L'episodio che ha cambiato la mia prospettiva è piuttosto buffo e, forse, banale. La causa è stata il giovane Andrea Agnelli, quello che per lavoro va in tutti gli stadi a guardare le partite della Juventus. Probabilmente anch'io parto già molto prevenuto nei confronti di questi ricchi rampolli ma quando vidi alla tivvù il giovane presidente (che io ora chiamo affettuosamente “l'Agnellino”) non mi fece una grossa impressione: l'avrei visto bene come inserviente in una mesticheria o in una panetteria e non in giacca e cravatta. Non percepii in lui quell'intelligenza a cui, normalmente, sono piuttosto sensibile: dopotutto, pensai, se l'hanno messo a guardare le partite della Juventus vuol dire che non era buono a fare altro...
Poi un giorno mi toccò ascoltarlo in una lunga intervista (probabilmente ero a mangiare e non avevo il telecomando a portata di mano!) e devo dire che mi fece una buona impressione, molto superiore alle mie (scarse) aspettative: niente di trascendentale, ma si espresse chiaramente illustrando in maniera ordinata i propri argomenti.
Fu allora che ebbi l'illuminazione e pensai: sicuramente l'Agnellino ha avuto la migliore istruzione che i soldi possano pagare e il risultato è che hanno trasformato un potenziale inserviente non troppo sveglio in una persona che, magari non sarà brillante, ma che almeno è affidabile.
Ovviamente sono ben conscio che le impressioni che si ricavano da uno sguardo possono essere anche completamente sbagliate: proprio per questo sono così pronto a cambiare la mia opinione. Inoltre, per quanto io possa essere prevenuto, sto sempre ben attento a non farmi condizionare dalle mie sensazioni se ho dei rapporti diretti con esse. Insomma il verificare se le mie previsioni siano corrette o no è sostanzialmente una scommessa con me stesso, una specie di innocente divertimento (*1).
Ho voluto specificarlo per chiarire che quando vedo una persona che non conosco non mi convinco che questa debba essere in una certa maniera quanto, piuttosto, scommetto con me stesso che sia in un certo modo ma rimanendo ben conscio che è tutto da verificare...
Però con l'Agnellino la differenza fra le mie aspettative e l'evidenza della realtà fu notevole e mi fece sorridere...
Più recentemente una nuova conferma mi è arrivata seguendo in linea un corso di filosofia della morale e della giustizia tenuto da un professore di Harvard (v. L'obiezione di KGB e successivi) che mi ha mostrato l'insegnante ideale. Non solo il professor Sandel è molto preparato ma riesce a spiegare benissimo e a rendere interessante una materia potenzialmente pesante e complessa. Non per niente insegna ad Harvard. Si capisce la logica di mercato delle università americane: offriamo la migliore qualità di insegnamento ma la dovete pagare.
Conclusione: adesso sono dell'opinione che un'ottima istruzione, sebbene non possa trasformare un idiota in un genio, possa comunque far passare una persona da leggermente sotto la media a leggermente sopra di essa. A me pare molto.
Nota (*1): Anzi, per molti anni, quando mi capitava di trovarmi in un ambiente con molti sconosciuti cercavo di conoscere la persona del gruppo che più mi restava antipatica: in effetti erano spesso persone serie e senza senso dell'umorismo però, parlandoci, riuscivo a trovarvi dei lati positivi e, magari, a vederli sorridere. Come mai lo facevo? Credo che inconsciamente volessi proprio mettere alla prova i miei pregiudizi...
sabato 28 maggio 2016
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