Da qualche settimana avevo finito di leggere l'ottava giornata del Decameron ma non avevo ancora trovato la voglia di farne il mio consueto riepilogo: in genere per spronarmi a scrivere ho bisogno di uno spunto che mi stupisca, che mi diverta, che mi apra nuove prospettive o magari confermi qualche mia intuizione, ma ultimamente non ho trovato troppo materiale di questo genere nell'opera del Boccaccio...
In verità non ricordo niente di questa giornata ma, fortunatamente, ho messo delle note a margine là dove notavo qualcosa di vagamente interessante...
La giornata era potenzialmente molto interessante perché il tema erano le beffe fatte fra uomo e donna e io, sempre in speranzosa attesa dei racconti boccacceschi, ero moderatamente ottimista.
Uno dei miei motivi di interesse nella lettura delle novelle è verificare se già nel XIV secolo fossero presenti dei pregiudizi verso gli abitanti delle altre parti della penisola e in particolare i meridionali: ero curioso di capire se questa tendenza fosse recente o già presente all'epoca del Boccaccio.
Il risultato non è stato ciò che mi aspettavo: in pratica il Boccaccio ha pregiudizi, più o meno accentuati, verso tutti coloro che non sono di Firenze! Però non vi ho ritrovato gli stessi stereotipi moderni e comunque erano sempre accompagnati anche da una venatura di rispetto: oltre a uno o più lati negativi ve n'è però spesso almeno uno positivo.
Nella prima novella di questa giornata c'è invece un accenno ai tedeschi: un mercenario è definito molto leale e poi si aggiunge «...il che [cioè l'essere leali] rade volte suole de' tedeschi avvenire...»
Invece, nella decima novella, c'è un accenno alle donne siciliane: «...in Palermo in Cicilia... erano, e ancor sono, assai femine del corpo bellissime ma nimiche della onestà...».
Nella seconda novella ritorna il tema dei preti seduttori di donne ingenue (e non). Ma di questo abbiamo già parlato a suo tempo...
Nella terza novella è nominata la “contrada di Bengodi” che è un paese situato nella terra dei baschi, presso Berlinzone: città che, se ho ben capito le note, è inventata...
Immagino che il proverbiale “paese di Bengodi” sia derivato proprio da questa novella: sì, wikipedia conferma, vedi Paese di Bengodi...
Nella stessa novella è nominata anche una pietra chiamata “elitropia”: mi chiedo se abbia niente a che vedere con l'eliotropio, una varietà di calcedonio che fa parte delle tante parole che ho imparato a memoria (v. Anki e Ank'io). Bo... non sembrerebbe: però questa somiglianza è una buffa coincidenza...
Nella quinta novella c'è un passaggio che ho trovato involontariamente divertente: pur non seguendo particolarmente il calcio, a causa di amicizie e frequentazioni, mi capita di essere piuttosto informato sugli umori del tifo della Fiorentina.
In particolare gli attuali proprietari (i Della Valle) sono ritenuti piuttosto avari nello spendere e spesso sono chiamati con disprezzo “i ciabattini marchigiani” a causa della loro attività nel settore calzaturiero...
Beh, non posso che ricopiare il passaggio del Boccaccio: «Come voi tutti potete avere udito, nella nostra città [Firenze] vengono molto spesso rettori marchigiani, li quali generalmente sono uomini di povero cuore [meschini] e di vita tanto strema e tanto misera, che altro non pare ogni lor fatto che una pidocchieria; e per questa loro innata miseria e avarizia menano seco e giudici e notai che paion uomini levati più tosto dallo aratro [e qui ho pensato all'ex Corvino] o tratti dalla calzoleria, che delle scuole delle leggi.»
Ah, e questo vale anche come esempio dei pregiudizi del Boccaccio...
Altro elemento che seguo con interesse è il rapporto fra marito e moglie: anche in questo caso non sono giunto a una conclusione definitiva. Apparentemente non mi sembra che i rapporti siano troppo diversi da quelli del mondo attuale: le differenze più significative sono che l'uomo abbia, almeno ufficialmente, l'ultima parola e che picchiare le mogli sia ritenuto piuttosto normale (*1).
Le mie perplessità derivano dal contrasto fra la sesta e la terza novella di questa giornata.
Nella terza novella l'ingenuo Calandrino è vittima di una burla degli amici Buffalmacco e Bruno: credendo che la colpa sia della moglie (che invece è all'oscuro di tutto) la picchia duramente. Boccaccio scrive «... [Calandrino] niquitoso [arrabbiato] corse verso la moglie, e presala per le treccie la si gittò a' piedi, e quivi, quanto egli poté menar le braccia e' piedi, tanto le diè per tutta la persona pugna e calci, senza lasciarle in capo capello o osso che macero non fosse, niuna cosa valendole [alla moglie] il chieder mercé con le mani in croce.» e poi «e giunti [Buffalmacco e Bruno] a piè dell'uscio di lui [Calandrino] sentirono la fiera battitura la quale alla moglie dava... Essi... videro... nell'uno de' canti la donna scarpigliata, stracciata, tutta livida e rotta nel viso dolorosamente piagnere;»
Nella sesta novella però il protagonista, lo stesso Calandrino, viene di nuovo beffato dagli “amici” Buffalmacco e Bruno che gli rubano un maiale: Calandrino non vuole però dirlo alla moglie perché «...ella nol crederebbe, e caccerebbemi fuor di casa...» e in seguito «...mogliema [mia moglie] nol mi crederà, e se ella il mi pur crede, io non avrò uguanno [questo anno] pace con lei.» e infine «... [Calandrino] non volendo anche il riscaldamento [i rimproveri] della moglie...».
Sono perplesso perché, nella terza novella, la moglie pare essere la vittima predestinata di Calandrino mentre nella sesta, al contrario, sembra essere lei a tenere le redini della casa e a far scenate al marito per ogni sua mancanza.
Da notare che Boccaccio fa raccontare la terza novella a Elissa (e non a uno degli uomini) e che la storia è accolta «...non senza gran piacere di tutta la compagnia...»: insomma ha divertito l'intero pubblico (sei donne e tre uomini) che evidentemente ha goduto della burla senza formalizzarsi troppo per la sorte della moglie che ne ha patito le conseguenze.
Ovviamente Boccaccio è un uomo e quindi può solo immaginarsi quali sarebbero state le reazioni delle donne (del suo tempo!) a tale novella: magari si sbagliava e la storia sarebbe stata accolta freddamente, ma Boccaccio è sicuramente buon osservatore del suo tempo e non mi è parso particolarmente maschilista visto che, in molte delle sue novelle, sono le donne ad avere la meglio sugli uomini...
Ho la sensazione quindi che l'occasionale violenza del marito sulla moglie, specialmente se giustificata, fosse ritenuta normale non solo dagli uomini ma anche dalle donne. E questa mia riflessione è forse un'ovvietà visto che questa doveva effettivamente essere la consuetudine.
Proprio per questo motivo mi sarei aspettato che le donne fossero guardinghe e prudenti, timorose di offendere e provocare il marito, ma la sesta novella ci dice che non era così...
Per motivi di spazio evito di accennare a una teoria della seduzione femminile e a un possibile richiamo a Catullo nella settima novella. Interessanti... ma non troppo!
L'ottava novella è finalmente boccaccesca!
Burla divertente e, decisamente, a sfondo sessuale: inutile farne il sunto perché la sciuperei o la renderei solo volgare. Leggetela, tanto è corta!
Conclusione: probabilmente ho iniziato la lettura del Decameron con delle aspettative errate. Speravo e pensavo che circa la metà delle novelle fossero “boccaccesche” ma, da questo punto di vista, il mio raffinato palato è rimasto deluso. Il mio gusto, educato dalle eleganti e ricercate commedie degli anni '70 con Alvaro Vitali, Lino Banfi e svariate quanto prosperose protagoniste, ha trovato la maggior parte dei racconti più insipidi che piccanti...
Nota (*1): se per “giusta causa”... altrimenti c'era il rischio di rappresaglie da parte della famiglia di lei...
lunedì 2 maggio 2016
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