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sabato 9 gennaio 2016

Autocensura

Lo scorso dicembre ho ricevuto un commento interessantissimo sul mio viario:
«La sorveglianza di massa è un pericolo per la libertà di parola delle persone e la schedatura di massa dei voli è un passo in quella direzione.
In un mondo in cui tutti sono sorvegliati nessuno si comporta naturalmente; tutti si comportano nel modo "standard" per evitare di diventare quelli "sospetti" e questo cancella la libertà delle persone.
» - Anonimo su Riservatezza azzerata.

Sul momento non volli sbilanciarmi troppo e risposi con un semplice: «È vero, anche questo è un pericolo concreto...»

Ero un po' perplesso perché io non avevo minimamente pensato al problema evidenziato dal lettore. Per me i pericoli delle schedature di massa erano solo le conseguenti discriminazioni/ingiustizie di massa e tutta una serie di abusi, in teoria improbabili, ma sulla carta molto concreti.
Mi chiedevo quindi quanto fosse reale il pericolo ipotizzato dal commentatore anonimo: personalmente infatti non mi faccio per niente influenzare dal comportamento altrui (v. KGB le origini: l'anticonformista) e per questo mi riesce difficile valutare quanto l'individuo medio subisca questo tipo di pressione.

In realtà, ripensandoci, si tratta di un fenomeno lievemente diverso: non si tratta di vedere quello che fanno le altre persone e di uniformarsi a esse, quanto piuttosto di immaginarsi quale sia il comportamento “normale”, oppure cosa venga automaticamente “segnalato” dagli algoritmi di sorveglianza, e in base a questo autocensurarsi. Quindi nel primo caso si ha una imitazione inconscia del comportamento altrui; nel secondo si tratta della decisione conscia di uniformarsi a un ideale immaginario per evitare possibili noie o difficoltà.

In effetti l'autocensura è per certi versi più grave della censura imposta dall'esterno: il motivo è che a monte dell'autocensura ci sono pressioni che influenzano addirittura la libertà di pensiero. Chi si autocensura è quindi sia vittima che carnefice, ma non si diviene carnefici di se stessi senza motivo: evidentemente all'origine di questa perversione ci sono costrizioni e pressioni sottili.

Mi sono quindi chiesto se io sia mai stato vittima di questo tipo di autocensura e, sorpresa, in effetti è così!
Mi sono ricordato di almeno un caso in cui avevo pensato di pubblicare un pezzo ma poi non ne ho fatto di niente perché vittima della mia stessa autocensura.
È successo nel 2013, probabilmente in estate: era da poco iniziata l'attuale legislatura quando qualcuno osò schernire la presidentessa (*1) della Camera, Laura Boldrini, pubblicando in rete dei fotomontaggi porno che la vedevano protagonista.
Sicuramente un'iniziativa di dubbio gusto ma che non mi era parsa eccessivamente scandalosa: dopotutto la Boldrini è un personaggio pubblico e tali fotomontaggi potevano essere l'espressione di una legittima avversione politica espressa con un malriuscito tentativo di ironia. Ma la Boldrini ne montò un caso nazionale in cui uno scherzo personale a lei diventò un attacco a tutte le donne: lesta la polizia postale, come uno squadrone della morte sudamericano, piombò nell'abitazione dell'ideatore della burla sequestrando tutto il materiale informatico (perché?). Evidentemente si volle dare un esempio a tutti gli italiani: la Boldrini non si tocca, è sacra.
Ecco, a quel tempo, pensai di pubblicare anch'io un fotomontaggio della Boldrini: avevo in mente un culturista sulla spiaggia, girato di schiena, con le spalle enormi e muscolose. A questa immagine volevo appiccicare malamente la faccia della Boldrini (che quindi sarebbe stata orientata di circa 180° rispetto al corpo) e “censurare” con quadrettoni il sedere e parte delle spalle. Il commento sarebbe stato qualcosa del tipo: “Ecco in esclusiva le foto (opportunamente censurate) dello scandalo! Un abile fotomonteggiatore aveva creato queste immagini (estremamente provocanti) della Boldrini e io sono riuscito a recuperarne una...” o qualcosa del genere...

Ma invece non feci niente. Un po' perché lavorare con la grafica mi fa molta fatica ma in parte anche perché volli evitare possibile noie. In effetti la mia iniziative sarebbe stata completamente legittima perché il mio fotomontaggio, oltre a non essere pornografico, sarebbe stato chiaramente ironico in quanto volutamente grottesco e trascurato.
Difficile stimare così a posteriori quanto ruolo ebbe la mia pigrizia e quanta l'autocensura: ma l'importante è che anch'io ne fui vittima...

Più recentemente (pochi giorni fa) avevo letto di sfuggita un titolo di giornale in cui era spiegato che i siti di due radio islamiche avevano pubblicato delle liste di ebrei. Mi era venuta la curiosità di fare un controllo ma poi ho supposto che tale liste fossero già state rimosse e che tutti i visitatori di tali siti sarebbero stati schedati...
Di nuovo non ne feci niente: anche se la mia curiosità era legittima, e non aveva certamente fini eversivi o discriminatori, preferii lasciar perdere.

Tornando al tema di questo pezzo mi è adesso evidente che il commentatore abbia molta ragione a essere preoccupato di questa specifica conseguenza delle schedature di massa. Prima di tutto si tratta di un rischio concreto e non ipotetico. E poi è molto grave: il costringere le persone ad autocensurarsi non è meno serio di censure o costrizioni reali perché il loro effetto è lo stesso. È solo una maniera più ipocrita e subdola per raggiungere il medesimo scopo.

Conclusione: peccato che i commenti intelligenti e utili siano così pochi...

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