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venerdì 8 gennaio 2016

Demitizzazione

Qualche giorno fa ho estorto un commento su un pezzo del quale sono molto orgoglioso: in pratica ho costretto un amico a leggerlo mentre io sbirciavo da dietro la sua spalla e, dopo avergli chiesto a caldo il suo parere, gli ho posto anche delle semplici di domande di verifica sulla “comprensione del testo”...
Ovviamente uno dei temi fondamentali del pezzo in questione non era stato compreso pienamente.

L'artcolo a cui mi riferisco è Notti magiche dove commento Le notti rivoluzionarie di Restif de la Bretonne (RdlB), Ed. SE, 1989, a cura di Giacinto Spagnoletti.
In particolare spiego come questo libro, in cui l'autore descrive gli eventi vissuti in prima persona, aiuti a demitizzare la rivoluzione francese. L'immagine superficiale che si ha di essa è quella del popolo francese che, stufo delle angherie della nobiltà, oberato da tasse insostenibili, ma soprattutto guidato dai noti ideali di “libertà, giustizia e fraternità” si sollevi contro il re.
In realtà solo l'affermazione che il popolo fosse stufo delle tasse è sostanzialmente corretta, il pensare però che le rivolte fossero guidate da alti principi morali è invece un mito: i parigini agivano senza capire quello che facevano né le conseguenze, agivano d'impulso, guidati dal risentimento e dalla voglia di rivalsa, spesso aizzati da degli astuti sobillatori.
Eppure ancora oggi si preferisce ridurre la rivoluzione a un mito che, anche se edificante, è lontano dalla realtà. Al contrario demitizzare la rivoluzione francese aiuterebbe a capire meglio la natura dell'animo umano e, in particolare, la mancanza di una coscienza collettiva (il popolo visto come individuo) che guidi scientemente le azioni della gente.

Come mai non sono riuscito a trasmettere questo fondamentale concetto? Da una parte non si tratta di un'idea semplice da comprendere: siamo talmente abituati alle semplificazioni, al mito del popolo che pensa e agisce come un individuo, che ci è difficile cambiare totalmente punto di vista.
L'altra difficoltà è che non è semplice fare esempi che aiutino a comprendere la differenza fra la rivoluzione mitizzata e quella reale: si tratta di una consapevolezza che si costruisce nel susseguirsi della lettura di molti capitoli. Tanti piccoli dettagli, singolarmente non troppo significativi, ma che considerati tutti insieme indicano una direzione ben precisa...

Così ci ho riflettuto molto e alla fine ho trovato un singolo esempio che però dovrebbe essere già da solo abbastanza significativo da far capire ciò che intendo.

Di seguito la (mia) traduzione del sottocapitolo intitolato “La marcia delle donne a Versailles” dall'articolo sulla rivoluzione francese di Wikipedia (*1):

«Innescata da voci di un ricevimento per la guardia del Re, avvenuto il primo di ottobre 1789, durante il quale la coccarda nazionale era stata calpestata, il 5 ottobre 1789 una folla di donne iniziò a riunirsi ai mercati Parisian. Le donne marciarono prima all'Hôtel de Ville, chiedendo che i funzionari si attivassero per risolvere le loro preoccupazioni. Le donne stavano reagendo alla dura situazione economica che affrontavano e specialmente alla mancanza di pane. Esse chiesero anche la fine dei tentativi reali di bloccare l'Assemblea Nazionale, e che il Re e la sua amministrazione si trasferissero a Parigi come segno di buona fede per tentare di risolvere la povertà diffusa.

Non avendo ricevuto risposte soddisfacenti dai funzionari cittadini, almeno 7.000 donne si unirono per marciare su Versailles, portando con sé cannoni e una varietà di altre piccole armi. Ventimila soldati della Guardia Nazionale sotto il comando di La Fayette furono dispiegati per mantenere l'ordine, ma membri della turba attaccarono il palazzo uccidendo molte guardie. La Fayette alla fine riuscì a convincere il re ad assecondare le richieste della folla e a trasferire la monarchia a Parigi.

Il 6 ottobre 1789, il Re e la famiglia reale si trasferirono da Versailles a Parigi sotto la “protezione” della Guardia Nazionale legittimando così l'Assemblea Nazionale.»

Come interpretare questo passaggio? Rileggiamolo attentamente...
Per prima cosa si nota subito un'incongruenza: inizialmente si parla dell'offesa alla coccarda nazionale ma in seguito tale episodio non viene più menzionato né rientra fra le richieste fatte dalle donne. Nel complesso si ha l'idea di una folla spontanea di donne con un'idea politica molto chiara e non banale: vista le difficoltà economiche e la difficoltà nel reperire pane esse chiedono 1. che il Re cessi di ostacolare l'Assemblea Nazionale; 2. che il Re si trasferisca a Parigi come segno di buona volontà. A me queste richieste così politiche non sembrano essere la logica conseguenza della richiesta di più pane! E come mai queste richieste vengono inizialmente rivolte ai funzionari del comune? Che potere avevano questi di accettarle?
Colpisce poi che 20.000 soldati non siano in grado di impedire a 7.000 donne, anche se armate, di assalire e saccheggiare la reggia. La mia sensazione è che gli ufficiali (nobili) dell'esercito temessero che la truppa si rifiutasse di ubbidire all'ordine di attaccare e disperdere le donne perdendo così ogni parvenza di controllo della situazione.

Ma vediamo come RdlB descrive questi eventi che seguì in prima persona.
Per prima cosa non c'è nessun accenno al fattaccio della coccarda calpestata: eppure è proprio il tipo di aneddoti che RdlB ama narrare (*2)...
Scrive poi riguardo i motivi della marcia delle donne: «Il pretesto fu la mancanza di pane; il vero motivo il progetto formulato dopo la mozione di Saint-Huruge, di condurre il re a l'Assemblea Nazionale a Parigi.»
Si capisce quindi che la protesta non fu spontanea ma organizzata: la mancanza di pane era il pretesto ma il vero obiettivo era ben altro.
Continua poi RdlB: «Al mattino le donne del mercato si riunirono per muovere su Versailles. Prese individualmente, queste donne non fanno paura, sono delle buone cittadine; ma ad esse si mescolano due altre categorie di persone: scellerati vestiti da donna, ben al corrente della politica, e disgraziate creature, rifiuti della civiltà che, dopo aver percorso la carriera della prostituzione, da vecchie diventano mezzane. Da esse nacque tutto il disordine.»
E poi ancora: «Una colonna, che già aveva provveduto ad armarsi, si mise in cammino verso mezzogiorno, forse prima. Facevano parte di questa uomini travestiti. Molte signore borghesi cercarono di allontanarsi.»
Curiosa la menzione degli uomini travestiti da donna che non compare nella sintesi di Wikipedia. Interessante l'accenno al fatto che una “colonna” separata avesse già le armi pronte: anche all'epoca le armi non si trovavano così facilmente. Mi pare un'altra prova evidente che la manifestazione fosse stata accuratamente progettata e tutt'altro che spontanea.
Salto qualche passaggio interessante ma un po' troppo lungo sulla marcia stessa (in particolare lo scambio di battute fra le donne e i soldati!) e passo direttamente all'arrivo a Versailles: «Le prime [donne] arrivarono alle cinque e cominciarono ad affollarsi presso i cancelli della reggia. In mezzo a loro, come ho detto, non mancavano uomini travestiti, mezzane e briganti; queste due ultime categorie miravano esclusivamente al saccheggio.»
Anche questo “interesse” di una parte, secondo RdlB, importante della folla di donne non viene menzionato nella sintesi di Wikipedia dove si parla solo di ideali e richieste politiche...
Solo a sera arriva anche La Fayette con i soldati: la situazione è molto confusa, pare di capire che parte del palazzo fosse già stata invasa dai saccheggiatori e anche le stanze reali fossero assediate.
In seguito l'autore aggiunge: «I briganti e le prostitute, camuffate da pescivendole, non avevano desistito dal tentativo di forzare le porte dell'appartamento della regina.»

Che dire? Possibile che RdlB abbia voluto dare una versione parziale di questo episodio?
Certamente è possibile. Il punto è però che non solo per la marcia del 5 ottobre ma per l'intero libro si ha chiara la dicotomia fra la “versione ufficiale” della rivoluzione e quella vissuta in prima persona da RdlB. Se l'autore ha mentito allora lo ha fatto per tutto il suo diario di quei giorni e con estrema coerenza e abilità.

Conclusione: spero che questo esempio specifico abbia chiarito cosa intendessi dire con la demitizzazione della rivoluzione francese a cui si arriva leggendo il libro di RdlB...

Nota (*1): in genere mi fido maggiormente della versione inglese che di quella italiana...
Nota (*2): no, invece RdlB narra anche lui l'episodio della coccarda anche se non lo indica come una delle ragioni della protesta delle donne ma come una colpa delle guardie reali a sé stante.

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