No, non si tratta della protagonista di un mio racconto (anche se non escludo di riciclare veramente tale nome!) ma della storpiatura di Pompadour...
Ho infatti finito di leggere un libro che non mi è piaciuto ma che, ciò nonostante, mi offre molti spunti su cui discutere.
Prima di tutto ci sarebbe da accennare a una serie di coincidenze così incredibili che io le considero un messaggio vero e proprio a cui ubbidirò. Questione troppo intricata per raccontarla in poche parole la rimanderò (forse) a un altro pezzo a sé stante. Basti dire che ho scelto a caso un libro di mia madre (che per un periodo si appassionò alle biografie di donne celebri) e ho poi scoperto, sempre per caso, che c'era tutta una storia dietro di esso...
Il libro di cui ho intenzione di parlare è Madame de Pompadour di Massimo Grillandi, Ed. Rusconi, 1986.
Il motivo per cui il libro non mi è piaciuto è che mi aspettavo una biografia simile a un saggio storico dove cioè, per ogni informazione, è specificata la fonte e magari la sua attendibilità. L'autore, a giudicare dalla bibliografia, ha fatto un ottimo lavoro di ricerca ma la sua opera si avvicina più a un romanzo storico (pur non essendolo) che a un saggio: tutti i dettagli sulle fonti storiche sono nascosti al lettore.
Tipicamente mi ritrovavo a leggere passaggi del tipo “La marchesa in quel momento, entrando nel salone illuminato a giorno da migliaia di lumi splendenti, seguita dagli occhi del re e dei nobili di Francia, pensò che XXX” e io non potevo fare a meno di chiedermi da dove l'autore avesse preso l'informazione su cosa pensasse la Pompadour in quel momento: perché il significato di tale pensiero (e della sua attendibilità) è diverso se lo descrisse lei stessa in una lettera, oppure se fu qualcun altro che riportò cosa sentì dire magari da una terza persona; e anche nel primo caso dipende a chi è indirizzata la lettera: anche oggi non siamo totalmente onesti in quello che scriviamo, perché avrebbero dovuto esserlo un paio di secoli fa?
Questa incertezza mi ha portato alla prima riflessione: nei libri storici veri e propri trovo numerosissimi spunti di riflessione mentre in questo libro, come in altri più romanzeschi, non riesco a trovare punti fermi su cui basarmi: tutto mi sembra vago e inaffidabile.
Mi sono reso conto che gli aspetti più interessanti di una vita, almeno quelli nascosti che mi piace scoprire, vengono nascosti da molte mani di vernice: in un libro come questo l'autore cerca di interpretare gli eventi per dare una logica, magari con un'ottica moderna, a tutte le vicende: la Pompadour sa sempre quello che sta facendo e si adopera per raggiungere i propri scopi (*1); poi c'è la scelta stilistica di schierarsi apertamente dalla parte della protagonista che diviene una sorta di eroina e questo fa perdere oggettività sulla valutazione delle sue azioni; la ricerca di aneddoti drammatici o curiosi, magari anche dubbi, rende ancor più difficoltoso identificare i fatti veri e propri.
In pratica, dal mio punto di vista, ho potuto considerare affidabili solo le notizie che riguardano fatti concreti mentre ho scartato tutte le opinioni, pensieri e affermazioni a lei (o ad altri personaggi) attribuite. Il risultato è che il materiale su cui riflettere e trarre conclusione diviene molto poco.
Qualche tempo fa accennai su questo viario all'idea di scrivere un pezzo con una mia teoria sulla diversità di mentalità fra uomini e donne: poi non ne feci volutamente di niente perché mi resi conto che i dati veri e propri a mia disposizione erano troppo pochi. Scrivere un pezzo su un argomento così complesso ma con poche prove a sostegno delle mie intuizioni mi avrebbe esposto a facili critiche che avrebbero in definitiva minato la credibilità dell'intero pezzo.
Una delle basi da cui sarei partito sarebbe stata sull'uso che le donne farebbero del proprio fascino come se fosse uno strumento, alla stregua di tanti altri, per raggiungere i propri scopi. Credo quindi che l'attenzione all'aspetto, il truccarsi, l'agghindarsi con il vestito o l'accessorio di moda non andrebbero sbrigativamente definiti come aspetti di “vanità” quanto piuttosto di “pragmatica" femminile: così come il soldato affila la spada e aggiusta gli anelli della propria cotta di maglia altrettanto fanno le donne con la propria arma principale che è da loro considerato uno strumento come gli altri (*2).
Ecco, da questo punto di vista la biografia della Pompadour sembra proprio confermare questa mia teoria: fin dalla prima infanzia la giovane protagonista è addestrata per divenire il più affascinante possibile con lo scopo di raggiungere le vette della scale sociale dell'epoca, ovvero la nobiltà.
Ciò non toglie che la Pompadour avesse anche altre qualità oltre all'effimera bellezza: si capisce che era sveglia, versata per le arti e di buon gusto. E sicuramente anche sufficientemente pronta e audace da saper cogliere al volo le occasioni che le si presentarono. Però nonostante tutte le sue buone qualità basò la propria vita, e ottenne il successo, principalemente grazie al proprio aspetto e fascino.
E questo ci porta direttamente al terzo spunto dato dal libro: la strana amicizia, che si esplica in una fedeltà difficile da comprendere, con l'imperatrice d'Austria Maria Teresa.
In nome di un'amicizia molto virtuale con l'imperatrice austriaca la Pompadour esercitò tutta la sua influenza sul re Luigi XV affinché si imbarcasse nella difficile guerra contro la Prussia di Federico.
L'esercito francese non era forse già di per sé all'altezza per equipaggiamento e logistica ma la Pompadour riuscì a imporre al suo comando anche dei generali incapaci che avevano il solo merito di esserle amici. Dopo un paio di anni l'unica possibilità della Francia sarebbe stata la pace ma invece, sempre a causa dell'influenza della Pompadour, la guerra si protrasse per un altro paio di anni. Le conseguenze furono disastrose sia per le finanze della Francia che per la perdita di numerose colonie, compresi il Canada e la Louisiana.
Ma perché la marchesa Pompadour teneva così tanto all'amicizia dell'imperatrice Maria Teresa da sacrificare (per quanto involontariamente) le sorti della Francia?
Io credo che da parte della Pompadour vi fosse un misto di ammirazione e invidia verso l'imperatrice: il potere della marchesa era infatti tutto indiretto, basato solo sull'amore prima e l'amicizia poi che il re nutriva per lei. Se Luigi XV fosse improvvisamente morto lei avrebbe immediatamente perso ogni influenza politica. Il potere di Maria Teresa era invece reale: lei comandava come legittima sovrana.
Credo quindi che la Pompadour cercasse in ogni modo di mostrare all'imperatrice che anche il suo potere, sebbene per interposta persona, fosse altrettanto concreto: per questo si adoperò in ogni modo affinché la Francia combattesse fino allo stremo una guerra non propria. La marchesa lo fece per ricercare l'approvazione e la stima dell'imperatrice, in maniera che ella, per quanto possibile, la considerasse sua pari: di origini diverse ma altrettanto potenti.
Prevedibilmente le origine della rivoluzione francese che portarono alla ghigliottina Luigi XVI traspaiono già chiaramente nel regno del padre Luigi XV. Di questo non mi sarei né mi sono stupito.
Piuttosto incredibile l'influenza della Pompadour (probabilmente esaltata dal libro che la vuole mostrare come un'eroina al centro delle vicende francesi) nelle decisioni politiche: soprattutto sono da imputarle le egoistiche responsabilità dell'inutile prolungamento di una guerra persa. C'è da chiedersi se una Francia più prospera avrebbe evitato lo scoppio della rivoluzione francese o se, magari, l'avrebbe solo rimandata di una decina d'anni: ma in tal caso cosa ne sarebbe stato dell'ascesa di un giovane generale (*3) che tanta parte ebbe nella storia d'Europa? Ne avessi le capacità mi piacerebbe scriverci un racconto...
Conclusione: un libro solo indirettamente interessante ma comunque interessante...
Nota (*1): si tende cioè a confondere l'effetto con la causa...
Nota (*2): l'aspetto interessante della mia teoria (che non ho scritto) erano le conseguenze di questa diversità.
Nota (*3): Napoleone Bonaparte...
giovedì 14 gennaio 2016
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