Da pochi giorni, grazie al suggerimento di un'amica, sto seguendo un corso bellissimo: ancora non sono sicuro di come sia intitolato (sono andato direttamente alle lezioni saltando tutto il contorno!) ma direi che sia una sorta di Introduzione alla Filosofia della morale e della politica con molteplici collegamenti alla giustizia...
Detto così sembrerebbe un corso noiosissimo dove, per sopravvivere senza morire di noia, ci si addormenta per risvegliarsi al suono della campanella: ma non è così...
Il professore, Michael Sandel, insegna ad Harward e, fra le qualità dell'insegnamento, è evidentemente compresa anche la capacità di appassionare gli studenti alla materia: le lezioni infatti sono tenute in una specie di teatro, letteralmente gremito, e l'insegnante coinvolge tutti fin dall'inizio. Sandel non si limita a elencare principi spiegando la relazione che c'è fra gli stessi o magari eventuali contraddizioni o casi limite: al contrario egli propone delle situazioni (talvolta immaginarie, talvolta tratte da veri processi) che presentano un dilemma morale e chiede al pubblico di alzare la mano per votare la “scelta giusta” da fare; poi chiede a qualche studente il motivo per cui ha fatto una scelta e non un'altra e l'aiuta a far emergere il principio morale che ha applicato. Poi tramite altre domande, magari cambiando leggermente lo scenario proposto, mostra i limiti o le contraddizioni di tale principio facendolo, contemporaneamente, comprendere più pienamente.
In altre parole l'insegnante, grazie a una guida e supervisione attenta, è in grado di far arrivare gli studenti autonomamente ai concetti che vuole spiegare: ovviamente in questa maniera la comprensione delle problematiche è massima (*1).
Ho dato un'occhiata alla biografia di Michael Sandel e non sono certo che sia un grande filosofo (*2) (mentre, ad esempio, Harari lo considero un grande storico) ma di sicuro è un magnifico insegnante e divulgatore!
Senza entrare nei dettagli (*3) nella prima lezione è emersa chiaramente, tramite quattro divertenti esempi con i quali ha coinvolto il pubblico, la differenza fra morale categorica e morale consequenziale (*4).
Nella seconda e terza lezione, partendo da un caso reale, il processo del 1884 "The Queen vs Dudley and Stephens", ha approfondito la teoria dell'utilitarismo (*4) di Jeremy Bentham che si basa sulla morale consequenziale. Come al solito, interrogando il pubblico, ne ha evidenziato due grosse obiezioni.
Anch'io, autonomamente, mi ero in precedenza divertito ad appuntarmi una lista di obiezioni all'utilitarismo. Due di queste sono le stesse del professore Sandel, la mia terza è minore ma la quarta mi pare che distrugga completamente tale teoria: magari mi sfugge qualcosa ma comunque si tratta sicuramente di un'obiezione molto interessante.
Ma procediamo con ordine.
Le obiezioni (*3) del professore all'utilitarismo sono le seguenti:
1 – non vengono rispettate i diritti/volontà/preferenze dei singoli o delle minoranze.
2 – è impossibile trovare un'unità di misura comune per emozioni come piacere/dolore/felicità/etc... in particolare non è possibile confrontare il piacere di, ad esempio, di tre persone contro il dolore di una e concludere che il primo è maggiore del secondo e quindi preferibile.
La mia terza obiezione è la seguente:
3 – Il piacere/dolore provato da ogni persona è soggettivo e variabile e non è possibile quindi giungere a conclusioni universali. Ad esempio si potrebbe avere una situazione A che è considerata auspicabile perché “sottraendo” al bene ricevuto dalla società la sofferenza di, diciamo, cento persone si ottiene un risultato marginalmente positivo: ecco però che se queste cento persone hanno tutte i capelli rossi (uno studio scientifico di qualche anno fa ha dimostrato che queste sono più sensibili al dolore) la differenza potrebbe divenire negativa. In altre parole le conclusioni prodotte dall'utilitarismo non sarebbero assolute ma dipenderebbero dagli individui coinvolti...
Ma ecco la mia quarta obiezione:
4 – Nel calcolare il bene/felicità/piacere della società Bentham propone di fare semplicemente la somma del bene/felicità/piacere di tutti gli individui che la compongono: in altre parole considera tutti gli uomini uguali.
D'altra parte ogni uomo, sempre per la teoria dell'utilitarismo, ha capacità diverse di aumentare o diminuire il bene della società (pensiamo ad esempio a come un chirurgo che salva quotidianamente delle vite produca un bene/felicità infinitamente maggiore di un ladro o di un assassino) e ne consegue quindi che sono intrinsecamente diversi.
Ma considerare contemporaneamente tutti gli uomini sia uguali che diversi è una contraddizione.
Mi si potrebbe obiettare che gli uomini sono diversi come capacità ma uguali nei diritti: in generale questa affermazione potrebbe anche essere vera giustificandola, ad esempio, col fatto che tutti gli uomini hanno un anima. Ma la teoria di Bentham si vanta di far discendere tutte le sue conclusioni da l'unico principio del bene/piacere/felicità contapposto al male/dolore dell'individuo e, mediante somma algebrica, della società: in questa concezione non c'è spazio per “l'anima” o per altri principi che potrebbero giustificare l'uguaglianza di tutti gli uomini una volta che se ne è dimostrato (e molto facilmente) il diverso peso nel bene/felicità/piacere collettivo. Nell'utilitarismo c'è un'unica misura e in base a questa gli uomini sono tutti diversi e non ha quindi senso considerarli tutti uguali.
Conclusione: attualmente sono all'inizio della quarta lezione, forse un po' sottotono rispetto alle precedenti, e come detto sono entusiasta del corso. Spero che nel prosieguo invece di sfiorare appena la superficie delle varie problematiche le si approfondisca maggiormente, ma anche così è già piacevole e utile.
Nota (*1): in realtà non è un procedimento nuovo: è famoso l'esempio di Socrate (maieutica) che era capace di insegnare il teorema di Pitagora a uno schiavo facendocelo arrivare autonomamente tramite una successione di domande...
Nota (*2): come regola di pollice sono molto scettico sui “filosofi” che inseguono il denaro e quelli che si sposano più di due volte! Non vorrei che Sandel appartenesse alla prima specie...
Nota (*3): per conoscerne i dettagli iscrivetevi al corso: è gratuito!
Nota (*4): come sempre, non conoscendo la materia, traduco dall'inglese usando dei termini che potrebbero non essere quelli classici usati in italiano: l'importante è capirsi...
Io vorrei i tre giorni di sonno!
13 ore fa
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