Ho letto un nuovo libro scelto a casaccio (avevo solo un vago interesse per la materia) e ne sono rimasto parzialmente deluso: si tratta di Apocalissi apocrife a cura di Alfonso Di Nola, Ed. TEA, 1993.
La colpa non è dell'autore ma del materiale in sé: mi aspettavo immagini drammatiche e minacciose ma, da un punto di vista letterario, sono invece testi (spesso frammenti) piuttosto scadenti e ripetitivi...
Eppure, come al solito, soprattutto nella premessa e fra le note dell'autore, vi ho trovato degli spunti interessanti: di seguito una selezione...
L'autore elenca una serie di elementi comuni che caratterizzano le apocalissi propriamente dette e non (*1). Fra questi il più interessante è questo: «I momenti religiosi “apocalittici”, …, esprimono proposte finali che sono, nella loro sostanza, fughe dalla realtà attuale e dal mondo, o espedienti ideologici per sottrarsi al tempo presente, in una prospettiva di liberazione che è realizzata in un futuro escatologico...»
In altre parole quando svanisce la speranza in un mondo migliore si inizia a sperare che sia il mondo stesso a svanire: e solo nel fuoco che divora ogni cosa si vede il riscatto dei giusti e la punizione dei malvagi. Chiaramente un'attitudine mentale pericolosa e non produttiva.
Mi chiedo se ci stiamo avviando verso una di queste crisi: che magari non si risolverà in un movimento apocalittico ma che troverà altri modi di esprimere, magari in maniera distruttiva, la propria disperazione e impotenza...
Qualche pagina dopo l'autore ribadisce lo stesso concetto in maniera forse ancora più chiara: «...ci si trova di fronte a testi che, come si è detto, esprimono, in un'ideologia spesso folle e maniacale la incapacità di sopportare la storia e di vincerla.»
L'accostamento ai recentissimi episodi di terrorismo viene spontaneo: è una chiave di lettura plausibile considerare le organizzazioni terroristiche come movimenti apocalittici? Io credo che nella loro origine ci sia qualcosa di comune...
L'argomento storico che da sempre mi ha più interessato è quello della caduta dell'impero romano. Sull'argomento ho letto numerosi testi fra i quali, ovviamente, quello del Gibbon Declino e caduta dell'impero romano. Secondo il Gibbon una delle cause fu proprio l'ascesa del cristianesimo che minò e sostituì i tradizionali valori romani. Ma il Gibbon era un'illuminista e, come tale, tendeva a vedere nella Chiesa l'origine di ogni male contro la ragione...
Altri autori più recenti hanno ridimensionato (alcuni fino ad annullarlo) il peso del fattore religioso nella dissoluzione dell'impero.
Su questo tema l'autore fa un'osservazione interessante: «[nelle apocalissi di scuola gnostica il mondo, come tutta la materia, è visto come il male: la distruzione del mondo corrisponde quindi al trionfo finale del bene] È una visione tragica che ha pesato su molte età cristiane e che, in ultima analisi, spiega perché il cristianesimo ha rappresentato, …, una forza infrenante e rinunciataria»
Questa non la sapevo: «[riferendosi al giudizio universale alla fine dei tempi] non è data speranza per i giusti che appartengono alle altre fedi e che pure la patristica più antica redimeva dalla perpetuità del destino più atroce.»
Fin da bambino mi lasciava perplesso l'idea che i giusti, che pure non avessero mai compiuto alcun peccato, fossero puniti al pari dei peccatori incalliti. A catechismo mi spiegarono che tutto dipende dal peccato originale: tutti gli uomini nascono gravati da quella colpa mortale e solo il battesimo la può cancellare (*2). All'epoca la spiegazione mi sembrò convincente o, almeno, basata su una certa coerenza di principi...
Ecco, non sapevo che i padri della Chiesa più antichi avessero una posizione diversa dall'attuale su questo tema: mi piacerebbe sapere come l'argomentavano...
Infine interessante e duro il giudizio dell'autore sull'utilità pratica del tema delle apocalissi come strumento di controllo ecclesiastico sulla popolazione: «[le apocalissi] comunicavano l'effimerità del mondo presente che deve consumare in favilla e, quindi, distraevano le folle dalla concretezza di una storia quotidiana impietosa e accettata come non modificabile»
Riguardo le apocalissi apocrife vere e proprie non scenderò nei dettagli: sfogliando il libro vedo diverse annotazioni ma si tratta di particolari che probabilmente solo io trovo interessanti: spiegarne il motivo sarebbe lungo e tedioso. Mi limiterò quindi a segnalare solo le note più significative...
Nell'Apocalisse di Paolo c'è un passaggio che ho trovato particolarmente curioso: «[Un angelo dice a Paolo] “L'orgoglio è la radice di tutti i mali.»
Non so se qualcuno ha letto il mio pezzo Viziato (e se lo ricorda!) ma in esso descrivevo l'origine dei sette peccati capitali. In particolare mi aveva colpito la “lotta” per la supremazia come “primo” peccato fra avarizia e superbia. È inutile che ripeta quanto ho già scritto quindi mi copio e incollo:
«È interessante sottolineare la scelta di Gregorio Magno di porre la superbia al di sopra degli altri peccati: da una parte (Ecclesiastico 10,15) si afferma che la superbia è “inizio di tutti i peccati” ma, nel Nuovo Testamento, San Paolo afferma chiaramente che “radice di ogni male è la cupidigia”»
Curiosamente quindi l'apocalisse di Paolo, in pratica, combina insieme i diversi versetti!
Interessante sottolineare come questa apocalisse sia, nella sua rielaborazione finale, del V secolo mentre papa Gregorio Magno morì all'inizio del VII secolo...
Questa è bella: secondo alcune interpretazioni Adamo era un androgino! In ebraico nella Genesi è infatti scritto “LO creò maschio e femmina” con “Lo” pronome singolare e maschile...
Solo dopo il peccato originale si ha la differenziazione in maschio e femmina: questa separazione è all'origine della peccaminosità del sesso. L'uomo e la donna devono quindi rinunciare alla propria sessualità per riavvicinarsi all'originale purezza perduta.
Sapendo questo si può comprendere il seguente passo dell'Evangelo di Tomaso:
«[I discepoli chiedono a Gesù come fare per entrare nel Regno dei Cieli: Gesù fra altre cose risponde loro] Quando... se fate il maschio e la femmina in uno solo, affinché il maschio non sia più maschio, e la femmina non sia più femmina...»
Sempre dall'Evangelo di Tomaso è tratto il seguente frammento: «Gesù disse loro: “Io sono la luce, ciò che è al di sopra di tutto. Io sono Tutto e il Tutto è uscito da me, e il Tutto è a me ritornato. Spacca il legno: ivi io sono. Solleva la pietra e ivi mi troverai.»
Secondo l'autore significa che Gesù è ovunque, poi aggiunge l'opinione di un secondo studioso secondo il quale invece “il legno” rappresenterebbe la croce e “la pietra” il sepolcro...
Se la memoria non mi inganna questi versetti (o almeno i finali) appaiono anche alla fine della pellicola Stigmate che invece opta decisamente per l'interpretazione dell'autore secondo la quale Dio è ubiquo: la trama del film si basa infatti sulla tesi che la Chiesa non sia necessaria proprio perché, essendo Dio in ogni luogo, non ha bisogno di una “casa” dove essere adorato; più in generale attacca la necessità di intermediari fra Dio e i credenti... Un bel film!
Conclusione: mi sa che dovrò scriverla io una bella apocalissi apocrifa! Chiaramente dovrò aspettare l'ispirazione divina...
domenica 15 novembre 2015
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