Permettetemi un pezzo un po' autocelebrativo: il commento alla prima scena (v. AedE: Scena I, Atto I) di “Andros ed Euginea”. Dopo averci speso così tanto tempo mi sembra strano non lavorarci un po' ogni sera! Ecco, questa è la scusa per riprenderla in mano, riguardarla, coccolarla e complimentarmi con me stesso (*1)...
Perché proprio la prima scena? Beh, nel caso mi venisse voglia di commentare anche le altre, potrei proseguire in ordine...
Come ho già scritto altrove ho approfittato della tragedia per inserirci le parole che imparo con Anki (v. Anki e Ank'io). Tanto per curiosità elenco quelle di questa scena:
fratta
bennato
azzimare
pronuba
garrulo
eziandio
cuna
subbio
aggrottare
diaspro
strame
graveolente
libagione
vincastro
zefiro
protervo
pesta
cupreo
corniolo
Di queste parole conosco tutte le definizioni (se più di una!) della Treccani.it... Di molte, sebbene non di tutte, ricordo ancora da quale libro provengano: “corniolo” da Senofonte (erano i persiani ad avere lance di corniolo, legno durissimo); “protervo” dalla Bibbia, in particolare dai “giganti protervi” della Genesi (*2); “eziandio” e “bennato” ovviamente dalle “Operette Morali” del Leopardi; “graveolente” dal Figlio della notte (v. Figlio notturno) anche se non ricordo in quale contesto (forse quando il protagonista in forma di lupo mannaro fiuta l'argento...) idem per “pesta” (qui è un cane o il solito lupo che seguono una pista...).
La “stella lucente” di Euginea che cos'è?
Non lo so!
Nella Novellaja fiorentina (v. Varie letture), in moltissime fiabe, la protagonista ha una stella sulla fronte: non si spiega bene cosa significhi ma il particolare mi ha affascinato e l'ho voluto inserire nella tragedia lasciando l'ambiguità...
L'austera “pronuba”: quanti dubbi mi ha dato! Ogni volta che leggevo tale parola ero sempre incerto se tenerla o toglierla...
Il motivo è che la “pronuba” era una matrona che aiutava la sposa nei matrimoni romani. Esatto “romani” e non “greci”... Insomma un anacronismo che non mi piaceva. Però la parola è bella e alla fine mi sono concesso questa licenza poetica!
Il “subbio” è una parte del telaio per tessere (un rullo di legno sul quale scorre l'ordito) ma è anche il simbolo dell'arte tessile. Appropriato.
Tichaos: nel mio greco maccheronico, a base di Google, dovrebbe corrispondere a “cattiva sorte”...
Ovviamente Andros è “uomo” mentre Euginea, di nuovo nel mio greco maccheronico, corrisponde a “buona donna”...
“Familiare” invece di “famigliare”. Come spiegato in Lezione di itagliano la mia posizione è netta e ferma: uso “famigliare” come aggettivo riferito alla famiglia mentre “familiare” per indicare familiarità (conoscenza superficiale) con qualcuno o qualcosa. In questo caso però, dato il registro solenne della tragedia, a malincuore ho usato “familiare” anche come aggettivo riferito a famiglia...
“Diaspro”. L'ho già spiegato altrove ma lo ripeto: il diaspro non è solo una pietra molto dura (a base di silicio) e compatta ma è anche il simbolo di “durezza d'animo”. L'idea è che chi ha un cuore di diaspro non soffra le pene dell'amore...
«Dolci, sensibili caprette: che davvero abbiano afferrato ciò che al mio amaro duro padre era sfuggito?». Qui mi piace molto il contrasto fra dolce-amaro, sensibile-duro e afferrare-sfuggire...
Per “numi” vale quanto detto per “pronuba”. Avevo la sensazione che tale parola fosse specifica del mondo romano. Poi però, visto che mi piaceva, l'ho tenuta comunque: non so quanto sia corretta ma, se non lo fosse, non sarebbe un errore ma una licenza poetica!
“L'inviolata Afrodite”. Chi ha seguito i miei commenti sull'evento dell'anteprima su FB (o anche Tragica noiosa tragedia...) saprà che ho cambiato più e più volte gli epiteti di Ares e Afrodite. Al riguardo mi ero imposto varie regole:
1. usare sempre epiteti diversi.
2. usare sempre un epiteto.
3. l'epiteto deve riprendere un concetto della frase in cui si trova OPPURE esserne in palese contrasto.
In questo caso ad esempio “inviolata” è in contrasto con “profanato”.
Per finire qualche considerazione generale...
Quando ho iniziato a scrivere non avevo ancora ben chiaro tutti i dettagli della tragedia: avevo deciso che mi sarei basato approssimativamente sul racconto Il giaguaro ghignante (*3) che a sua volta si basa su un sogno. Però avevo molte incongruenze da risolvere.
Devo dire che alla fine tutti i dettagli si sono incastrati molto bene fra loro: ad esempio non avevo in mente di dare particolare rilevanza all'ombra di Andros ma poi essa è diventata l'alter ego della sua seconda personalità.
Conclusione: quando non avrò idee su cosa scrivere darò un po' di informazioni sulla seconda scena!
Nota (*1): Sul mio viario non uso le faccine ma in questo caso ci sta troppo bene questa ;-) !!
Nota (*2): e anche su questo argomento avrei da scrivere un pezzo a parte!
Nota (*3): nel racconto il protagonista sale sul tetto di una casa per sfuggire all'assalto degli invasori che osserva da un abbaino mentre nella mia versione si trova su una montagna e lo vede da un promontorio...
Io vorrei i tre giorni di sonno!
11 ore fa
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