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mercoledì 31 luglio 2013

Varie ed eventuali sulla psicosociologia

Ho iniziato un nuovo corso (Social Psychology), non sono arrivato nemmeno a un terzo della prima lezione ma ho già molte cose da dire.

La psicosociologia è una disciplina a metà strada fra la sociologia e la psicologia con, ovviamente, delle sovrapposizioni con queste ultime.
Non voglio cercare di riassumere la lezione ma semplicemente limitarmi a menzionare i concetti che mi hanno più colpito...

Com'è spiegato all'inizio del corso tutti noi, chi più chi meno, passiamo molto tempo a riflettere su come le persone si relazionano fra loro e questo, nella sostanza, è l'oggetto di studio della psicosociologia: per questo, scoprendone alcuni suoi risultati, si può avere la falsa impressione che si tratti di comune buon senso.

Tecnicamente questo fenomeno (ovvero il considerare ovvio un certo risultato) è chiamato insight bias (traducibile con "influenza del senno di poi") ed è il frutto della combinazione di due elementi: il ricordo imperfetto di quali fossero i nostri pensieri sulla materia prima di conoscerne il risultato; l'errata predizione di quali sarebbero state le nostre conclusioni partendo dalle informazioni iniziali.
Un esempio in tre fasi per chiarire:
«1) Un risultato della psicosociologia dice che le persone obese sono mediamente più allegre.
2) Provate a spiegarne la ragione.
3) Vi aspettavate un risultato di questo genere?»
La maggioranza delle persone a quest'ultima domanda risponderà “sì” a causa dell'insight bias ma il punto fondamentale è che sarebbe successa la stessa cosa se 1) fosse stato «Un risultato della psicosociologia dice che le persone obese sono mediamente più tristi»!

L'argomento mi piace: da buon osservatore ho riflettuto molto su vari temi trattati dalla psicosociologia e vi ho già ritrovato alcune delle mie conclusioni.
Ad esempio per “Le nostre inclinazioni (attitudes) influenzano il nostro comportamento” vedi Napoleone e il dentista; oppure per “Le influenze sociali condizionano il nostro comportamento” vedi Epoca e simili...

Interessantissima è anche l'osservazione di come anche la sola scelta di specifiche parole piuttosto che altre ne modifichi fortemente la percezione dell'oggetto indicato. Alcuni esempi (gli originali sono in inglese):
“Terrorista” o “Combattente per la libertà” per indicare chi combatte come guerrigliero;
“Perdita di vite innocenti” o “danni collaterali” per indicare i morti civili in guerra;
“Lavaggio del cervello” è un condizionamento sociale che non approviamo;
“Perversione” è un atto sessuale che non pratichiamo (questo lo trovo particolarmente divertente e mi ricorda Oscar Wilde!).
Da parte mia rimando al corto ati e anti...

Poi, a proposito del buon senso, che così spesso sembra coincidere con i risultati della psicosociologia, mi ha colpito un esperimento fatto chiedendo a metà degli intervistati se erano d'accordo con particolari proverbi e, all'altra metà, se era d'accordo col proverbio “opposto”.
Questo esperimento mi ha fatto tornare in mente un affermazione letta nei Pensieri di Russell che non condividevo: Russell scriveva che i proverbi non hanno senso perché, per ciascuno di essi, ce n'è un altro che afferma il contrario. Io ritengo invece che i proverbi siano delle sintesi di saggezza che vadano interpretate nel giusto contesto: è quindi vero che i proverbi sembrano smentirsi a vicenda ma solo se si intendono letteralmente senza considerare lo scenario nel quale assumono il loro vero significato.
Alcuni esempi in inglese e italiano:
«Blood is thicker than water» vs. «Many kinfolk, few friends»
«Il sangue non è acqua» contro «Parenti serpenti»
o
«Too many cooks spoil the broth» vs «Two heads are better than one»
«Chi fa da sé fa per tre» contro «Due teste sono meglio di una»

Sentenza di Marco Aurelio, l'imperatore filosofo, tratta dalle Meditazioni: «Nella vita niente ha il potere di ampliare la nostra mente come l'investigazione sistematica e oggettiva di tutto ciò che si osserva»

Poi si parla di uno degli strumenti principali a disposizione della psicosociologia ovvero la correlazione fra due fatti. In particolare si evidenzia il problema fondamentale che da tale relazione è impossibile indicare quale sia la causa e quale l'effetto (o se, magari, entrambi dipendono da un terzo fatto sconosciuto...). Come al solito avevo già trattato l'argomento nel pezzo Sonnolenta banalità quotidiana...

Interessantissima è la parte dove si illustrano le piccolezze che possono influenzare gli esiti di un sondaggio (un altro strumento a disposizione della psicosociologia). Non entro nei dettagli ma piccolezze come: l'ordine delle domande, le opzioni di risposta e i termini usati (tipo “vietare” invece di “non permettere”) possono completamente modificare gli esiti di un sondaggio!
È verissimo che i sondaggi devono essere sempre attentamente valutati perché è facilissimo condizionarli pro o contro qualcuno/qualcosa...
Al riguardo, sull'importanza dell'esatta formulazione di una domanda, è divertente l'aneddoto riportato nel libro di testo: «Un giovane monaco fu brontolato per aver chiesto se poteva fumare mentre pregava. “Fai una domanda diversa” lo consigliò un amico “chiedi se puoi pregare mentre fumi” (Crossen, 1993).»

In conclusione il corso sembra molto interessante e divertente: vedremo quanto di esso riuscirò a seguire...
Però ho il fortissimo stimolo di arrivare almeno a conoscere la parte, anticipata nell'introduzione, dove si affronta la questione dell'ubbidienza all'autorità: visto che io sono particolarmente insofferente a essa sono curioso di scoprire cosa se ne dice!

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