Ho seguito altre due lezioni del corso di filosofia morale/politica/giustizia (v. anche L'obiezione di KGB) e devo dire che continua a essere molto interessante.
Premetto che ho “costruito” questo pezzo in maniera un po' contorta, iniziando con una lunga introduzione che potrebbe sembrare irrelata con l'argomento della lezione del professor Sandel ma, se avrete la pazienza di terminare la lettura, vedrete che tutto ha senso...
Nella prima lezione il professore, Michael Sandel, accennò e rispose a quella che fu la mia obiezione sulla filosofia ai tempi del liceo. All'epoca mi chiedevo che senso avesse studiare tutti questi filosofi che si contraddicevano e smentivano l'un con l'altro: non era forse proprio questa loro apparente litigiosità e incapacità di mettersi d'accordo la dimostrazione che i problemi che affrontavano non erano solubili?
La risposta del professore (Sandel) è stata qualcosa di questo genere: è vero, forse a certe questioni non troveremo mai una risposta definitiva ma il fatto che continuiamo così insistentemente a porci certe domande significa anche che è importante riflettere su di esse. Aggiungo io: non è tanto importante la risposta ma il ragionamento, non la meta ma il viaggio (v. Itaca - Cavafy (1911)).
E io ho riflettuto, e il frutto delle mie riflessioni lo si può leggere nei pezzi L'obiezione di KGB, Il libertarianismo e L'oche (poetico)...
In particolare credo che la riflessione più importante sia stata la mia obiezione fondamentale al libertarianismo: in pratica affermo che la diversa distribuzione di ricchezza provoca di per sé dell'ingiustizia in quanto per un ricco è molto più facile aumentarla che per un povero. Anche supponendo che ipoteticamente, in un dato momento, la distribuzione di ricchezza fosse “giusta” (secondo i criteri del libertarianismo) non lo sarebbe già più il giorno dopo...
Una conseguenza molto importante di questo principio è che qualsiasi istituzione od organizzazione che si basi sul denaro è inerentemente ingiusta (*1) perché favorisce chi ha più denaro e, chi ne ha di più, non lo l'ha per meriti propri ma in virtù della maggiore disponibilità di denaro che già aveva.
Alla nona lezione siamo ancora su Locke e, in particolare, si vuole cercare di verificare i principi della sua morale applicandoli a un caso concreto. Come spiegato precedentemente per Locke l'uomo ha dei diritti inalienabili fra cui quello di gestire in libertà la propria vita. Ma a questi principi, solo in apparenza assoluti (*2), Locke mette un limite: il governo al quale i cittadini hanno dato liberamente il proprio consenso può decidere, in nome della maggioranza, quali siano i limiti precisi di tali libertà purché non lo faccia in maniera arbitraria.
Il caso concreto analizzato dal professore è quello della coscrizione con cui si obbliga una persona a combattere in un esercito mettendo così a repentaglio la propria vita: addirittura anche un semplice sorgente ha infatti il potere di mandare un soldato a morte certa e, se questo si rifiuta, di giustiziarlo come disertore. È chiaramente un caso limite che mette a dura prova questo principio di Locke.
Il professore ha così posto ai suoi studenti la seguente domanda: “Premessa: attualmente l'esercito degli USA è costituito da volontari. Supponiamo però che per una guerra siano necessarie più reclute di quante sono quelle disponibili; cosa dovrebbe fare il governo? 1. aumentare lo stipendio e i benefici dei soldati per incentivarne il reclutamento; 2. fare una coscrizione basata su una lotteria (si estraggono a sorte i nomi di giovani da coscrivere fino al raggiungimento della quota di reclute necessaria); 3. rivolgersi a dei mercenari.”
La stragrande maggioranza degli studenti si è espressa a favore della prima opzione. Io invece ho “votato” per la seconda.
Il professore ha poi fatto un excursus: ha spiegato che durante la guerra civile americana il nord non aveva la coscrizione obbligatoria e così, trovandosi a corto di uomini, ne organizzò una basata su un sistema di sorteggio. Chi veniva sorteggiato non doveva però partire obbligatoriamente: poteva invece ingaggiare (a proprie spese) qualcuno che andasse al proprio posto.
Si racconta che anche Andrew Carnegie fu sorteggiato ma che questi mandò un suo sostituto pagandolo un po' meno di quanto spendesse in sigari in un anno.
Supponiamo che qualcosa del genere fosse fatto anche da noi: se per trovare un sostituto bastassero 500€ probabilmente nessuno avrebbe da obiettare perché si tratta di una cifra che la maggior parte di noi può permettersi di pagare e, quindi, partecipare o no alla guerra rimarrebbe comunque una libera scelta. Ma se la cifra richiesta fosse 5.000€? Facendosi magari prestare qualcosa da amici e parenti sarebbe ancora una spesa sostenibile da tutti; ma se invece si trattasse di 50.000€ (da pagare in contanti)? In tal caso molte persone sarebbero costrette a rischiare la propria vita anche senza averne l'intenzione. Certo che se invece ti chiamassi Berlusconi o Agnelli anche 500.000€ non sarebbero un problema...
Il professore ha quindi chiesto agli studenti se questa “coscrizione ibrida” dei tempi della guerra civile gli sembrasse giusta.
La maggioranza degli studenti ha risposto di no e, alla richiesta di spiegazioni del professore, sono arrivate sostanzialmente due motivazioni: 1. mettere questa clausola di denaro (necessario per pagare il sostituto) costringe i poveri a combattere e favorisce i ricchi che possono esentarsi; 2. chi combatte per denaro è motivato solo da esso e in determinate situazioni potrebbe non eseguire il compito assegnato.
A questo punto c'è stato il passaggio chiave: il professore ha invitato gli studenti a riflettere se il caso dell'esercito composto da volontari fosse realmente diverso dalla “coscrizione ibrida”: dopotutto anche nell'esercito di volontari si arruola prevalentemente chi non trova alternative economiche migliori mentre i più ricchi, in genere, trovano di meglio da fare...
Qui gli studenti hanno un po' mugugnato dividendosi in due gruppi d'opinione: c'era infatti chi sosteneva che nell'esercito ci si arruolasse anche per motivi patriottici e non solo economici.
La replica del professore è stata fulminante: ha infatti chiesto a chi avesse fratelli o sorelle nell'esercito di alzare la mano. Solo un paio di persone, in un aula di almeno 500, lo hanno fatto. Il professore non ha avuto bisogno di aggiungere altro ma forse vale la pena ricordare che l'aula in questione è quella di Harvard un'università piuttosto costosetta da frequentare: in altre parole significa che la stragrande maggioranza delle famiglie molto benestanti, cioè quelle che si possono permettere di mandare i figli ad Harvard, non ne hanno altri nell'esercito.
Questa è la dimostrazione che l'attuale esercito composto da volontari e il sistema ibrido della guerra civile, esonerando i più i ricchi e indirettamente obbligando i più poveri, sono sostanzialmente equivalenti.
Il professore non lo ha detto, suppongo voglia che gli studenti ci riflettano da soli autonomamente, ma alla luce della morale di Locke, dove nell'obbligo non ci deve essere arbitrio (e dividere fra ricchi e poveri lo è), la risposta “giusta” alla domanda iniziale era la seconda (coscrizione con sorteggio) e non la prima (aumento stipendio e benefici per i soldati).
E ora posso finalmente chiudere il cerchio della logica di questo pezzo!
La filosofia, o almeno riflettere su di essa, è importante perché ci prepara ad affrontare problematiche e dilemmi anche molto complessi in maniera cosciente e non guidati da superficiali giudizi di pancia.
Il mio caso ne è la dimostrazione: grazie alla mia riflessione sulle discriminazioni indotte dal denaro, non ho avuto esitazioni a riconoscere la costrizione arbitraria, sebbene implicita, causata da un esercito di soli “volontari”.
In altre parole, di fronte a un problema morale, avevo già pronti gli strumenti per analizzarlo.
I lettori più scettici potrebbero obiettare “Sì, bravo, ma che utilità pratica ti ha dato?”. In questo caso nessuna, ma supponiamo che mi capiti di ascoltare il confronto fra due politici che propongano soluzioni diverse per un determinato problema. Avere una preparazione di questo tipo potrebbe servire a scegliere (votare) il politico che maggiormente segue i nostri principi.
Conclusione: da quest'ultima riflessione consegue che la filosofia è in realtà la scoperta dei nostri principi e della nostra personale visione del mondo: se ci adageremo pigramente sull'esatta costruzione morale immaginata da Bentham o da Locke (o da qualsiasi altro filosofo) non avremo capito nulla, saremo solo dei pappagalli. Invece si dovrà prendere ciò che più ci convince di questi filosofi e, magari, integrarlo con le nostre personali opinioni.
Nota (*1): sarebbe invece possibile se potesse esistere una ricchezza “giusta” ma ho dimostrato che così non può essere.
Nota (*2): uno dei motivi per cui in L'oche (poetico) ho giudicato Locke piuttosto ambiguo.
giovedì 25 febbraio 2016
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