Nel maggio del 2013 scrissi il pezzo Bozza in sviluppo: si trattava dell'idea di un racconto non meglio identificato. In pratica volevo mostrare come erano fatte le mie bozze: parecchie idee, parecchie incertezze e una costante evoluzione...
Poi di quello specifico racconto non ne feci niente: ancora non mi ero reso conto che non devo MAI chiedere il parere o l'incoraggiamento dei miei lettori per fare qualcosa! I patti, dopotutto, sono chiari: io scrivo per me e, alla stessa maniera, chi mi legge lo fa per se stesso...
Ma all'epoca non me ne resi conto: per quel progetto avevo alcune buone idee ma mi mancavano degli elementi essenziali e un tema per legare il tutto in una trama coesa. Inoltre la bozza che scrissi era terribile! Quando nessuno mi rispose non ci feci neppure troppo caso.
Me ne resi finalmente conto solo col racconto di Granchory (v. il corto Lord J. S. Granchory, Aggiornamento JSG, Analisi schema racconto e successivi...) e la fallimentare esperienza con i miei “beta-lettori”. Ci credevo molto in quella storia: l'impegno era notevole ma mi divertivo ed ero felice per quanto stava venendo fuori, le idee si susseguivano da sole e già pensavo a dei futuri episodi per magari arrivare a scrivere una raccolta di brevi storie con gli stessi personaggi...
Eppure l'entusiasmo si inaridì improvvisamente: mi ritrovai prosciugato, privo del minimo di volontà necessaria per completare gli ultimi capitoli nonostante avessi già ampie parti del materiale già pronte, compresa una buona conclusione.
Ancora non mi è chiaro quale meccanismo psicologico scattò dentro di me: attribuisco genericamente la colpa ai miei beta-lettori ma non saprei dire esattamente cosa avrebbero dovuto fare e che invece non fu fatto. Dopotutto i commenti che ricevetti furono generalmente buoni od ottimi.
Se la storia di Granchory fu la prova, la mia tragedia (v. AedE Scena I, Atto I e successivi...) fu la riprova: nonostante la tentazione fortissima evitai di coinvolgere altre persone per chiedere giudizi e pareri fin quando non fu praticamente completa. E infatti la portai a termine....
Perché questa divagazione? Non lo so: evidentemente sono in una fase ondivaga!
Volevo infatti parlare d'altro...
Stanotte ho ripensato alle idee che due anni fa mi portarono alla stesura della bozza succitata: credo di aver trovato il modo di mettere tutto insieme in una trama coerente. La vecchia bozza è completamente da buttare e sopravviverebbero solo le idee che, comunque, in essa neppure comparivano...
Il problema è che sarebbe un romanzo vero e proprio. Temo troppo impegnativo per le mie capacità e col rischio concreto di non portarlo a termine. Sicuramente però non chiederò l'incoraggiamento/parere (*1) dei miei lettori!
Eppure mi dispiace non farne di niente...
Una soluzione di mezzo potrebbe essere quella di appuntarmi le varie idee in maniera da averle sempre a disposizione: in questa maniera me la caverei con un paio di giorni di lavoro e, anzi, potrei valutare meglio cosa sia il caso di farne.
Conclusione: ripensandoci, mentre scrivevo, credo di aver forse intuito il vero motivo per cui non ho terminato JSG. In breve: il romanzo era emotivamente collegato a una ragazza, ne scrivevo bene e volentieri quando ne ero innamorato ma, quando il rapporto si incrinò, anche l'amore per il mio racconto si inacidì. Il mio inconscio dovendo dare la colpa a qualcuno, e da bravo inconscio non potendola dare a me stesso, optò per dare tutta la colpa ai miei beta-lettori, mentre in realtà il loro effetto negativo fu probabilmente solo marginale. O almeno questa è l'intuizione che mi è venuta sul momento...
Nota (*1): una rapida intuizione: è nella natura umana esaltare chi è al vertice e sminuire o ignorare chi sta alla base.
venerdì 18 settembre 2015
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