«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

sabato 12 novembre 2011

La volpe e il gallo

C'era una volta una volpe così affamata che stava per morir di fame.
Era pieno inverno e, non trovando niente da mangiare, si era ridotta pelle e ossa. Vista la situazione decise che, prima di morire di stenti, avrebbe rischiato il tutto per tutto andando alla fattoria del contadino.
«Certo ci sono i cani che fanno la guardia ma io sono più astuta di loro. Sicuramente posso farcela se sarò silenziosa e se mi muoverò controvento...» - pensava la volpe.
Così raggiunse la fattoria, passò ben lontano dai cani e si mosse nelle ombre a passi felpati stando attenta a dove soffiava il vento.
Infine arrivò al pollaio senza che i cani si fossero accorti di nulla. Il gallo e le sue galline dormivano tranquilli su dei trespoli protetti da un'alta rete.
«Adesso devo restare calma nonostante la fame!» - pensò la volpe mentre la sua pancia brontolava rumorosamente. «Se provo a scavalcare la rete farò troppo rumore, i polli si sveglieranno e inizieranno a strepitare: in un attimo i cani mi saranno addosso e io, stanca come sono, non riuscirò a fuggire...»
Per questo, prima di agire avventatamente, la volpe pensò per bene a cosa fare.
Infine prese coraggio e bisbigliò al gallo che dormiva vicino alla rete: - «Sveglio mastro Gallo, svegliati che devo parlarti!»
Il gallo si svegliò e quasi svenne per la paura quando vide la volpe che lo fissava con gli occhi rossi e la bocca irta di denti aguzzi.
«Signora Volpe che vuoi!» disse allarmato il gallo.
«Sssst! Fai silenzio! Altrimenti mi arrampico oltre la rete e ti mangio per primo!» - ringhiò a bassa voce la volpe.
«E allora che vuoi da me?» - chiese il gallo questa volta con un sussurro.
«Ho fame e voglio mangiare ma se fai come ti dico non avrai a pentirtene...» - rispose la volpe.
«Ascoltami attentamente: ci sono molti pulcini che dormono nel pollaio... Tu passameli uno a uno e io poi me ne andrò via.» - proseguì la volpe.
«Come? I miei pulcini? Che cosa ne farai?» - volle sapere il gallo.
«Li mangerò uno a uno mastro Gallo!» - rispose la volpe.
«Ma non posso! Sono i miei piccolini!» - piagnucolò lui.
«Suvvia, mastro Gallo, so bene quanto sei prolifico: in poche settimane ne avrai più di prima!» - insistette la volpe.
Il gallo non voleva consegnare i suoi pulcini ma aveva anche tanta paura. La volpe poi sapeva essere molto convincente e mentre parlava i suoi occhi rossi non lo lasciavano un momento.
Così infine il gallo si convinse e iniziò a passare, uno alla volta, i pulcini alla volpe. Questa apriva le fauci e li ingoiava interi in un sol boccone. In pochi minuti la volpe mangiò tutti i pulcini ma aveva ancora fame perché erano giorni che non mangiava.
«Mastro Gallo ho ancora fame!» - ringhiò la volpe al gallo.
«Ma ti ho dato tutti i miei pulcini e tu mi avevi promesso che te ne saresti andata...» - iniziò a piagnucolare il gallo.
«Lo so, lo so ma i pulcini erano molto meno numerosi di quanto pensavo e io ho ancora fame. Se non vuoi che venga a mangiarti devi darmi qualche gallina!» - disse la volpe.
Di nuovo il gallo protestò dicendo che lui voleva bene alle sue galline e non poteva consegnarle alla volpe.
«Mastro Gallo, rifletti! Sono tante quelle che non ti piacciono più e poi ci sono quelle vecchie... Presto sarà il contadino stesso che verrà a tirar loro il collo. Tanto vale che tu me le dia così almeno tu e le altre galline avrete salva la vita...» - disse astutamente la volpe.
Il gallo ci pensò un po' e alla fine si convinse che la volpe aveva ragione e che era ragionevole sacrificare qualche gallina per il bene comune. Così, tutto tremante, iniziò a consegnare le galline addormentate alla volpe.
Questa con un morso le staccava la testa dal collo in maniera che non gridassero e poi, voracemente, finiva il resto del corpo testa, zampe e penne comprese...
Dopo aver consegnato ogni gallina il gallo chiedeva alla volpe se era l'ultima. Questa dopo aver divorato due galline era già sazia, ma l'ingordigia non era ancora soddisfatta e così ne chiedeva sempre di più.
Il gallo a volte esitava e a volte piangeva ma la volpe con minacce, astuzie e bei discorsi lo convinceva sempre a darle ascolto. Infine al gallo rimasero solo le sue tre galline preferite; la volpe intanto era sdraiata a terra con la pancia gonfia e tesa come la pelle di un tamburo.
«Signora Volpe ti prego! Sono rimaste solo le mie tre gallinelle preferiti e tu ormai dovresti essere sazia! Per favore adesso vattene come promesso...» - la pregò il gallo.
Ma la volpe, benché piena fino a scoppiare, non aveva placato la sua ingordigia e la sua astuzia era sempre affilata e pronta come e più di prima.
«Mastro Gallo ma non capisci? Ormai non ti puoi fidare di quelle tre galline! Hai tradito le loro amiche e hai ucciso i loro pulcini... Se anche io me ne andassi, e bada che ho ancora fame, quelle si coalizzerebbero contro di te e nel sonno ti ucciderebbero beccandoti a morte! Davvero vuoi fare questa fine ingloriosa?» - disse la volpe.
Il gallo oramai era nel panico più completo e non riusciva a pensare per bene: gli occhi della volpe erano così intensi e la sua voce così convincente...
Così alla fine, con le lacrime agli occhi, consegnò alla volpe le sue tre galline preferite. La volpe disperava di riuscire a inghiottirle tanto era piena. Ma, grazie alla sua astuzia, pensava di riuscire a placare la propria ingordigia e di poter poi scappare e dormire nella sua tana per una settimana...
Lentamente, ingoiando con fatica ogni boccone, si mangiò le tre galline dalla punta del becco all'estremità della coda. La volpe era riuscita a divorare anche queste pollastre senza aver fatto nessun rumore se non qualche occasionale ruttino del quale subito si scusava con il gallo.
Egli, poverino, era infine rimasto solo soletto nel pollaio e piangeva in silenzio.
La volpe era talmente piena che doveva tenersi la pancia con le zampe per non esplodere e, ogni volta che apriva la bocca, qualche piuma le usciva dalla gola. Eppure benché più che sazia di cibo non era riuscita a saziare la sua ingordigia insaziabile. Così fece appello per l'ultima volta alla sua astuzia e disse al gallo che piangeva sul suo trespolo - «Caro amico, mastro Gallo, cosa credi che penserà il contadino quando domani mattina troverà il pollaio privo di galline e pulcini? Non avrà bisogno di molta immaginazione per capire che tu, l'unico sopravvissuto, devi aver avuto un ruolo in tutto ciò. Penserà che senza una buona ragione, invece di dare l'allarme, mi hai consegnato le tue galline...» - disse la volpe al gallo che la fissava tremando.
«E cosa credi che ti farà? Ormai non gli servi più a nulla e, per punirti, ti ucciderà lentamente spennandoti una penna alla volta... Se invece ti consegni a me io ti ucciderò ma non ti farò soffrire...» - proseguì la volpe.
Il gallo si rese conto che la volpe aveva ragione e che lui comunque le aveva ormai consegnato più del valore della propria vita, così svolazzò oltre la rete e atterrò vicino al muso della volpe che non riusciva nemmeno a muoversi tanto era piena. Senza esitare aiutò la volpe ad aprire le fauci e inserì la testa fra i denti. La volpe fu di parola: lo uccise sul colpo e si costrinse a mangiarlo anche se quasi non riusciva a inghiottire. Quando finì di divorarlo ormai era quasi l'alba: lentamente, trascinando la pancia sul terreno, la volpe iniziò a strisciare via prima di essere scoperta ma, fatti pochi metri, si accorse che non aveva divorato il becco del gallo. Era sazia e aveva solo voglia di andarsene a dormire al calduccio della sua tana ma l'ingordigia non era ancora placata. Così tornò indietro e, senza pensare, ingoiò il becco del gallo.
Sul momento sembrò che tutto andasse bene ma appena il becco raggiunse la pancia la bucò e questa era tanto tesa che esplose. Fu così che al mattino il contadino trovò solo la pelle della volpe e le viscere sparpagliate intorno al pollaio.
La morale è che l'astuzia è cattiva amica dell'ingordigia: può nutrirla ma non potrà mai saziarla e, se ci prova, ciò andrà a comune danno.

Nessun commento:

Posta un commento