Mentre andavo in macchina a comprare delle medicine ho fatto la seguente riflessione.
Non so come né perché ho pensato al “Secolo breve” di Hobsbwam e mi sono meravigliato per l’ennesima volta di come egli, nel 1993, avesse perfettamente colto delle tendenze che all’epoca iniziavano appena a manifestarsi.
Diversamente dal solito ho provato a chiedermi come mai io, all’epoca, non avessi notato niente di niente. La risposta più ovvia e semplicistica è che in quegli anni non seguivo minimamente la geopolitica né mi interessavo di storia ma semplicemente frequentavo, studiando il meno possibile (!), l’università…
Ma secondo me vi è anche un motivo più profondo, questa è l’intuizione odierna, ovvero come i giovani vivono gli eventi della propria giovinezza.
A scuola e soprattutto al liceo seguivo, forse un po’ più della media, la cronaca che ci veniva raccontata dai telegiornali (all’epoca solo RAI) ma era un qualcosa su cui non ragionavo: erano fatti che avvenivano, era così e basta, informazioni che assorbivo passivamente senza alcuna rielaborazione propria. In quella fase dell’adolescenza si è sommersi dalle nuove informazioni, non solo scolastiche ma anche dovute al completamento della maturazione psicologica individuale: non c’è tempo per domande oziose. Se ti prendeva la passione di qualcosa ti ci tuffavi dentro, affrontandola di petto: era un periodo in cui lo sguardo poteva andare in profondità, anche molto, in specifici argomenti ma mancava invece una prospettiva più globale, direi matura infatti.
Invece quando si ha vent’anni si è finalmente raggiunto il nostro massimo potenziale intellettivo e si affronta la realtà che viviamo in quel periodo basandoci sull’esperienza accumulata negli anni passati. Questa esperienza è però, comprensibilmente, poca cosa: bene che vada è una conoscenza superficiale degli eventi che hanno portato al momento presente: manca un ragionamento sulle possibili interpretazione alternative dei medesimi fatti. È nella natura del giovane essere sicuro di sapere tutto: per solo contemplare possibilità alternative occorre invece ammettere la propria incertezza. E questo al giovane viene innaturale.
Il risultato è che il giovane ha un’ottima visione del momento presente: probabilmente riesce a coglierne delle sfumature che a chi è più anziano sfuggono. Ma questa visione non scende in profondità, rimane neutra perché manca un confronto con un passato che si conosce solo a livello teorico ma che non si è vissuto.
La conseguenza è che si comprende la traiettoria del tempo, come le cose evolveranno, anche piuttosto bene ma non ci si accorge di eventuali deviazioni rispetto alla rotta che gli eventi avrebbero dovuto prendere dal punto di vista di chi ha una decina di anni o più alle proprie spalle. Per restare al mio esempio solo chi era già adulto negli anni ‘80 avrebbe potuto accorgersi del mutamento di rotta negli anni ‘90.
Per esempio per me “mani pulite” è stato qualcosa di scontato, di inevitabile: per me era chiaro che la corruzione imperante in partiti ideologicamente ormai vuoti (DC e PSI) era destinata a emergere. Non avevo passato decenni a vedere come i furbastri la facevano sempre franca. “Mani pulite” non è stato per me un vero e proprio momento di rottura col passato ma l’inizio del mio presente: qualcosa di naturale e normale.
Sempre mentre ero in macchina ho quindi pensato a come i giovani di oggi hanno vissuto la pandemia e, soprattutto, le restrizioni forzate. Molti intellettuali infatti denunciano l’accettazione supina da parte dei giovani (non dico i bambini ovviamente ma chi ha sui vent’anni) della perdita di libertà, quasi con indifferenza.
Il motivo, alla luce della mia riflessione, è semplice: per loro è stato tutto normale. È stato normale che si siano state sacrificate fette enorme di libertà in nome della salute; è stato normale che si sia seguita (superficialmente e solo fino a quando ha fatto comodo) la scienza senza ammettere dubbi legittimi anche quando questa era priva di basi solide ed era perfino messa in dubbio da premi Nobel; è stato normale essere schedati e tracciati quotidianamente; è stato normale doversi piegare a ripetute varie imbecillità senza senso per un presunto “bene della società”…
È apparso tutto normale ai giovani perché mancavano di esperienze passate con cui confrontare il presente: questo è stato vero un po’ per tutti in realtà ma, mentre chi era più anziano si è pienamente reso conto della rottura con l’usuale normalità, per i giovani è stato tutto normale.
Più in generale non capisco che aspettative si possano avere dai giovani: è vero che leggono bene il momento ma sono anche facilmente manipolabili e influenzabili. È bastata una Greta qualsiasi, osannata strumentalmente dai media, che subito le sono corsi tutti dietro; oppure, col capellone bolognese, i giovani sono prontamente divenuti delle sardine senza rendersi conto di venire inscatolati pronti per essere serviti sulla tavola imbandita del potere.
I giovani hanno il potenziale, l’energia, il coraggio o forse l’ingenuità, per mettersi in gioco, per correre rischi che chi è più vecchio, e magari con altre responsabilità, non può più permettersi: ma senza che se ne accorgano c’è bisogno che vengano guidati, che qualcuno ecciti la loro fantasia, altrimenti rimangono più immobili e acquiescenti delle cariatidi impassibili.
Conclusione: intendiamoci in macchina ho avuto l’intuizione di questa idea, ma solo adesso l’ho espressa, e io stesso compresa, nella sua interezza.
Io vorrei i tre giorni di sonno!
5 ore fa
> col capellone bolognese, i giovani sono prontamente divenuti delle sardine senza rendersi conto di venire inscatolati pronti per essere serviti sulla tavola imbandita del potere.
RispondiElimina!!!
I ribelli al caviale che scodinzolano felici alle direttive dei governativi della sinistra arcobalenga.
A me paiono pure patetici. Ad iniziare dal nome, orribile.
Sì, sono d'accordo: mi sa che a suo tempo ebbi anch'io qualcosa da ridire sul nome! ;-)
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